N. 551 - Quota dei profitti e redditività del capitale in Italia: un tentativo di interpretazione

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di Roberto Torrinigiugno 2005

In questo lavoro si analizzano gli andamenti della redditività del capitale e della quota dei profitti lordi sul valore aggiunto in l’Italia. Seguendo un andamento analogo a quello della maggior parte dei paesi dell’Europa continentale, la quota dei profitti nel nostro paese, dopo aver raggiunto valori minimi nei primi anni settanta, è tornata a crescere fino alla metà dello scorso decennio, quando si è portata sui valori più elevati dal dopoguerra, per poi stabilizzarsi.

Parte della crescita osservata è riconducibile all’aumento del prezzo relativo delle locazioni di fabbricati, che ha determinato un progressivo incremento del loro peso sul valore aggiunto a prezzi correnti e meccanicamente un aumento della quota dei profitti. Anche al netto dell’effetto dovuto alle locazioni, l’incremento della quota dei profitti rimane significativo, soprattutto nel settore privato.

All’interno del settore privato si sono registrati dinamiche assai differenziate. Mentre la quota dei profitti sul valore aggiunto e il tasso di rendimento del capitale sono diminuiti nell’industria manifatturiera, esposta alla concorrenza internazionale, nel resto del settore privato non agricolo si osserva una forte crescita della redditività. Più nel dettaglio, emerge come l’incremento della quota e della redditività del capitale sia avvenuto quasi esclusivamente nei settori dove maggiore è stata, o è ancora, la presenza di imprese pubbliche. Nel lavoro si mostra come in questi settori, le profonde ristrutturazioni dovute ai vincoli del bilancio pubblico e al vasto programma di privatizzazioni intrapreso negli anni novanta abbiano determinato una rapida crescita dell’efficienza produttiva e una dinamica più moderata del costo del lavoro. I guadagni in termini di efficienza e la crescita contenuta del costo dei fattori produttivi non si sono riflessi in un proporzionale rallentamento della dinamica dei prezzi (misurati dal deflatore del valore aggiunto), traducendosi in un aumento della redditività.

Nel settore manifatturiero, al contrario, i prezzi alla produzione sono cresciuti molto lentamente, nonostante la modesta crescita della produttività totale dei fattori e la più sostenuta dinamica del costo del lavoro. L’industria manifatturiera sembra aver sofferto, soprattutto nel periodo 1996-2003, di una progressiva perdita di competitività (come testimoniato dal calo della quota italiana dell’export mondiale), che ne ha determinato una forte riduzione della redditività.

Pubblicato nel 2005 in: Politica economica, v. 21, 1, pp. 7-41

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