Dopo il crollo nel primo semestre seguito allo scoppio della pandemia di Covid-19 l'economia piemontese ha avuto un parziale recupero nei mesi estivi. La nuova recrudescenza dell'epidemia in queste ultime settimane e l'incertezza sulla sua evoluzione rischiano di produrre nuovi rallentamenti.
Nella prima parte dell'anno la crisi seguita allo scoppio della pandemia di Covid-19 ha determinato una contrazione dell'attività economica di eccezionale intensità. In base al nuovo indicatore dell'economia regionale (ITER) elaborato dalla Banca d'Italia, che permette di stimare tempestivamente l'andamento dell'attività economica territoriale con frequenza trimestrale, il prodotto sarebbe sceso nel primo trimestre di oltre il 6 per cento rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente e di poco meno del 19 per cento tra aprile e giugno. L'andamento è stato lievemente peggiore della media italiana.
Nel terzo trimestre il quadro economico ha fatto registrare un parziale recupero. L'indicatore Regio-coin Piemonte, che fornisce una stima dell'evoluzione delle componenti di fondo dell'economia regionale, dopo essere sceso nello scorso maggio al livello più basso dal 2007, a partire da giugno è tornato a salire. Il recupero dell'attività però è risultato non omogeneo tra i settori. Nell'industria, dove la ripresa è stata più forte, l'andamento è stato migliore nei comparti dell'automotive e della gomma e plastica, mentre la situazione è rimasta difficile in quello delle macchine utensili, per la debolezza della domanda di beni di investimento, e soprattutto nel tessile, per il calo dei consumi. Nel complesso, il grado di utilizzo degli impianti industriali è tornato a crescere, pur rimanendo su livelli ancora contenuti e inferiori a quelli del 2019. Nel terziario il rafforzamento dell'attività nei mesi estivi è stato meno intenso, in particolare nei comparti dei servizi commerciali e turistici, particolarmente colpiti dalla crisi pandemica. Nelle costruzioni, dopo la riapertura dei cantieri dal mese di maggio, la produzione ha ripreso ad aumentare sia nel comparto privato sia in quello delle opere pubbliche, anche se nell'intero 2020 rimarrebbe inferiore all'anno precedente.
Nel primo semestre le ore lavorate sono fortemente diminuite. L'impatto della crisi sul numero di occupati è stato attenuato dal ricorso eccezionalmente ampio agli strumenti di integrazione salariale. L'occupazione si è ridotta nella componente autonoma e in quella dipendente con contratti a termine; per contro, gli occupati a tempo indeterminato sono rimasti stabili, anche grazie ai vincoli ai licenziamenti. L'emergenza sanitaria, unitamente ai provvedimenti di restrizione alla mobilità, ha scoraggiato la partecipazione al mercato del lavoro, in particolare tra i giovani. A partire da giugno i dati sui contratti di lavoro attivati e cessati nel settore privato non agricolo evidenziano che il saldo tra assunzioni e cessazioni, fortemente peggiorato nei tre mesi precedenti, si è riportato su livelli in linea con quelli registrati nello stesso periodo del 2019; il recupero ha riguardato esclusivamente i contratti a tempo determinato.
Il negativo andamento del mercato del lavoro nel primo semestre si è riflesso sulle condizioni economiche delle famiglie. Il clima di fiducia di queste ultime si è fortemente deteriorato, ripercuotendosi sui consumi, diminuiti in misura significativa. Nel periodo estivo si sono registrati segnali di recupero della spesa, più intensi per le autovetture, le cui vendite sono state favorite dalle misure di incentivazione introdotte dal Governo.
La crisi innescata dall'epidemia si è riflessa anche sulla dinamica del credito. I prestiti alle famiglie hanno rallentato, risentendo della contrazione dei consumi e delle compravendite immobiliari. Per contro, i finanziamenti alle imprese sono tornati ad aumentare dallo scorso marzo: alle maggiori richieste da parte delle aziende per fronteggiare l'accresciuto fabbisogno di liquidità causato dalla crisi si è associato un miglioramento delle condizioni di offerta, grazie agli interventi straordinari del Governo, dell'Eurosistema e delle altre autorità volti a sostenere la capacità delle banche di erogare credito. La ripresa dei prestiti alle imprese ha riguardato inizialmente le aziende medio-grandi per poi estendersi a quelle di minori dimensioni. Nei mesi estivi la dinamica dei finanziamenti al settore produttivo si è intensificata, mentre quella del credito alle famiglie si è sostanzialmente stabilizzata.
Il flusso dei nuovi prestiti deteriorati in rapporto al totale dei finanziamenti è rimasto nello scorso giugno sui livelli contenuti della fine del 2019. I rischi di peggioramento della qualità del credito in seguito alla crisi pandemica sono stati per ora mitigati dalle misure introdotte dal Governo a sostegno delle famiglie e delle imprese, oltre che dall'utilizzo da parte delle banche dei margini di flessibilità consentiti sulla classificazione dei prestiti.
Nei primi sei mesi del 2020 è proseguita la crescita dei depositi bancari delle famiglie e delle imprese. La dinamica è continuata anche nel terzo trimestre. Per contro, nel primo semestre è sceso il valore di mercato dei titoli depositati dalle famiglie presso le banche; la riduzione ha interessato tutte le principali tipologie di strumenti finanziari, ad eccezione dei fondi comuni di investimento.
Le previsioni formulate tra la fine di settembre e la prima decade di ottobre dalle imprese intervistate dalla Banca d'Italia prefiguravano per i prossimi mesi un andamento della domanda più favorevole nell'industria, dove miglioravano anche le valutazioni sugli investimenti. Nei servizi le aspettative erano più negative. Le prospettive a breve termine dell'economia rimangono comunque eccezionalmente incerte, condizionate dall'evoluzione della pandemia che è tornata a intensificarsi nelle ultime settimane e dalle sue ripercussioni sui comportamenti di famiglie e imprese.