N. 25 - Il divario Nord-Sud: sviluppo economico e intervento pubblico

Le analisi sintetizzate in questo rapporto forniscono un quadro aggiornato dei divari territoriali in Italia con riferimento al sistema produttivo, al mercato del lavoro, al finanziamento delle imprese e ai fattori di contesto e contengono alcune riflessioni sulle priorità di intervento pubblico a favore del Mezzogiorno.

Nel corso dell'ultimo decennio le differenze di sviluppo economico a livello territoriale si sono ancor più allargate: il Mezzogiorno ha visto costantemente diminuire il suo peso economico, evidenziando una crescente difficoltà nell'impiegare la forza lavoro disponibile, una riduzione dell'accumulazione di capitale e una minore crescita della popolazione rispetto alle aree più avanzate del Paese dove si sono concentrati i flussi migratori.

Il settore privato meridionale, già fortemente sottodimensionato, si è ulteriormente contratto: al Sud sono accentuati i tratti tipici del sistema produttivo nazionale, tra i quali il ruolo preponderante di micro imprese e di attività a controllo familiare, nel complesso poco dinamiche e meno in grado di sfruttare le nuove tecnologie digitali. Tali caratteristiche, unite a fattori di contesto sfavorevoli come i tempi elevati delle procedure di recupero dei crediti per via giudiziale, si traducono in maggiori difficoltà ad accedere al credito e ad altre forme di finanziamento. Nel complesso i livelli di impiego della forza lavoro, già tra i più bassi di Europa, sono ulteriormente diminuiti, come è diminuita la qualità media dell'occupazione; nel settore privato rimane alta l'incidenza del lavoro irregolare ed è maggiore l'instabilità dei rapporti lavorativi.

Sulle difficoltà economiche del Mezzogiorno pesano pure gli ampi ritardi nella dotazione di infrastrutture e nella qualità nei servizi pubblici erogati sia dagli enti locali, sia dallo Stato attraverso le proprie articolazioni periferiche. Tali divari riflettono in parte una carenza di risorse che si è aggravata nel decennio precedente lo scoppio della pandemia, durante il quale la politica di bilancio nazionale è stata in prevalenza orientata al consolidamento dei conti pubblici. Rileva anche la definizione ancora parziale dei livelli essenziali delle prestazioni nell'erogazione dei servizi pubblici e di adeguati meccanismi perequativi volti a garantirne il soddisfacimento. Al contempo, gli indicatori disponibili su efficienza, efficacia e correttezza dell'azione amministrativa nel Mezzogiorno appaiono significativamente peggiori della media italiana.

Alla luce di questo, le priorità di politica economica andrebbero orientate verso due obiettivi principali. Il primo riguarda il miglioramento della qualità dell'azione pubblica, anche facendo leva sulle ampie risorse disponibili grazie al Piano nazionale di ripresa e resilienza e agli altri programmi nazionali ed europei in corso. Ciò dovrebbe comprendere un assetto più efficace della governance degli interventi pubblici, un deciso potenziamento nella qualità degli input - umani e tecnologici - della Pubblica amministrazione, nonché un orientamento più forte al conseguimento dei risultati, anche ricorrendo a meccanismi incentivanti. In secondo luogo appare necessario un rafforzamento dell'iniziativa privata, attraverso la riduzione dei gap infrastrutturali del Mezzogiorno, lo sfruttamento del potenziale di sviluppo delle sue agglomerazioni urbane e un innalzamento qualitativo del tessuto produttivo.

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