Dall'istituzione della Banca d'Italia alla legge bancaria del 1936

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La legge bancaria del 1893 e l'età giolittiana

Il primo importante ciclo di vita della Banca può essere racchiuso tra l'anno della sua nascita, il 1893, e l'affermazione esplicita della sua natura pubblica, nel 1936.

La legge bancaria del 10 agosto 1893, n. 449 istitutiva della Banca d'Italia, fu fondamentale perché: ridefinì il sistema della circolazione cartacea, che venne basato sulla copertura metallica dei biglietti (più precisamente: del 40 per cento di essi) e su un limite di emissione assoluto; pose le premesse per il risanamento degli istituti di emissione; avviò il processo di transizione verso una banca di emissione unica; introdusse norme che ponevano la tutela dell'interesse pubblico al di sopra delle esigenze di profitto degli azionisti (esempio: approvazione governativa sia per la nomina del capo della Banca - allora era il Direttore Generale - sia per le variazioni del saggio di sconto).

In quegli anni Giuseppe Marchiori, Direttore Generale dal 1894 al 1900, iniziò concretamente a emarginare gli interessi degli azionisti privati e ad affermare l'adesione dell'Istituto a obiettivi pubblici. D'altra parte, la Banca rimaneva una società per azioni privata, che esercitava la facoltà di emissione monetaria in regime di concessione.

Parte notevole nell'evoluzione della Banca ebbe poi la nomina, nel 1900, di Bonaldo Stringher a Direttore Generale della Banca. In età giolittiana la Banca seppe conciliare, dato anche il quadro economico favorevole, la stabilità finanziaria e del cambio con il sostegno all'attività produttiva. Nel 1902 fu raggiunta la vecchia parità della lira con l'oro; da allora l'Italia si comportò come se aderisse al gold standard, ma, ammaestrata dalle crisi precedenti, non dichiarò ufficialmente la convertibilità della moneta. Nel 1906 la conversione della Rendita Italiana fu curata con successo dalla Banca; si affermò così definitivamente la sua funzione di banchiere e quindi di consulente del Governo, ruolo che andava ad aggiungersi a quello precedente di tesoriere.

In parallelo con la ripresa economica e il processo di industrializzazione, il sistema creditizio era cambiato: nello spazio creatosi con la crisi del 1893-94 - che vide il fallimento delle due più importanti banche mobiliari - si sviluppò un sistema nuovo in cui il grosso dell'intermediazione creditizia cominciò a passare dai tre istituti di emissione superstiti (Banca d'Italia, Banco di Napoli e Banco di Sicilia) alle grandi banche miste di recente fondazione (Banco di Roma, Banca Commerciale Italiana e Credito Italiano).

Nel 1907 la Banca d'Italia intervenne efficacemente per arginare una grave crisi finanziaria, stabilendo la propria funzione di prestatore di ultima istanza e consolidando sul campo la propria reputazione. Per agevolare questo compito, il sistema della circolazione fu reso più elastico con una legge varata alla fine dell'anno. Cominciò ad avvertirsi l'opportunità di una funzione di controllo sulle aziende bancarie.

Alla vigilia della prima guerra mondiale la Banca d'Italia rivestiva una posizione centrale nel panorama finanziario nazionale: per l'importanza del suo credito nell'economia del Paese, per l'opera svolta a favore della stabilità finanziaria, per il rafforzamento delle riserve metalliche, per il concorso fornito al Tesoro nella gestione del debito pubblico.

Il primo dopoguerra e il consolidarsi del ruolo pubblico della Banca

Nel corso della prima guerra mondiale la Banca sovvenne largamente il Tesoro: con il credito diretto, con l'assistenza al collocamento dei prestiti di guerra all'interno, con la gestione delle operazioni finanziarie con l'estero. L'aggancio della lira all'oro fu abbandonato e si instaurò il monopolio statale dei cambi.

Nel dopoguerra le difficoltà della riconversione misero in crisi molti settori dell'industria e le istituzioni creditizie che li avevano finanziati largamente, fino a determinare gravi dissesti bancari. La Banca d'Italia effettuò, d'accordo con il Governo, imponenti operazioni di salvataggio. Sul piano valutario si superò il monopolio dei cambi ma, nelle nuove circostanze, il ritorno alla normalità monetaria fu impossibile: gli strumenti di controllo della circolazione vigenti risultarono totalmente privi di efficacia. In tutti i paesi e nelle sedi internazionali si dibatté su come ritornare a un sistema a base metallica. L'Italia tenne un atteggiamento conservatore, orientato al gold standard classico.

In uno scenario tendenzialmente inflazionistico si arrivò nel 1926 alla decisione del governo fascista di rivalutare la lira, deflazionando l'economia. Come parte di questo piano di stabilizzazione monetaria e di ritorno all'oro (realizzato dalla Banca d'Italia, nonostante i dubbi di Stringher sui forti rischi deflativi), nell'arco di un triennio furono introdotte importanti riforme. Alla Banca d'Italia fu attribuito il monopolio delle emissioni e affidata la gestione delle Stanze di compensazione, snodi centrali di un moderno sistema dei pagamenti. Fu anche varata una legge per la tutela del risparmio: furono stabiliti per le banche obblighi speciali, fra cui un capitale minimo, e attribuiti alla Banca d'Italia nuovi poteri di controllo, primo nucleo della funzione di vigilanza creditizia. L'opera di riforma fu completata nel 1927-28 con la fissazione della nuova parità aurea della lira e il ripristino della convertibilità in oro o in divise estere convertibili (gold exchange standard), l'obbligo di mantenere una riserva in oro o in divise convertibili non inferiore al 40 per cento della circolazione, la ridefinizione dei rapporti con il Tesoro.

Per effetto di questi provvedimenti, l'Istituto, abbandonando il vecchio ruolo di "banca di circolazione", venne ad assumere funzioni di vera e propria banca centrale e di organo di controllo del sistema creditizio; si accentuò il suo carattere sostanziale di ente pubblico. Nel 1928 fu approvato il nuovo Statuto, che istituiva la figura del Governatore, posto al vertice del Direttorio (composto da Governatore, Direttore Generale, Vicedirettore Generale); la responsabilità per la manovra del tasso di sconto passò dal Consiglio superiore al Governatore, sempre previa approvazione del Governo.

La Grande depressione e la legge bancaria del 1936

AzzoliniMorto Stringher nel 1930, la direzione della Banca passò a Vincenzo Azzolini, proveniente dal Tesoro.

Nel pieno della Grande Depressione, la svalutazione della sterlina (settembre 1931) e di gran parte delle altre monete equivalse di fatto a un'ulteriore rivalutazione della lira. Si accentuò il carattere deflativo della politica italiana e pesanti furono le conseguenze sull'attività economica e sul sistema finanziario. Lo Stato e la Banca centrale salvarono dal tracollo le maggiori banche miste, gonfie di partecipazioni azionarie sempre più svalutate. La Banca d'Italia si trovò con un attivo fortemente immobilizzato e quindi nell'impossibilità di manovrare ulteriormente. Vennero così creati prima l'Istituto Mobiliare Italiano (IMI) con il compito di assicurare i finanziamenti di medio-lungo periodo e poi l'Istituto per la Ricostruzione Industriale (IRI), che acquisì le partecipazioni azionarie delle banche in difficoltà e i pacchetti di controllo delle banche stesse.

A metà degli anni Trenta le tensioni che avrebbero portato al nuovo conflitto mondiale si manifestarono sul piano monetario e valutario nella cessazione di fatto della convertibilità della lira in oro e nella sospensione dell'obbligo della riserva aurea (che non verrà più ripristinato).

In questo contesto di preparazione alla guerra (nel 1935 iniziò l'aggressione all'Etiopia) venne elaborata, in ambito IRI, la legge di riforma bancaria del 1936. Una prima parte (tuttora in vigore) della legge definì la Banca d'Italia "istituto di diritto pubblico" e le affidò definitivamente la funzione di emissione (non più, quindi, in concessione); gli azionisti privati vennero espropriati delle loro quote, che furono riservate a enti finanziari di rilevanza pubblica; alla Banca fu proibito lo sconto diretto agli operatori non bancari, sottolineando così la sua funzione di banca delle banche. Una seconda parte della legge (abrogata quasi interamente nel 1993) fu dedicata alla vigilanza creditizia e finanziaria: essa ridisegnò l'intero assetto del sistema creditizio nel segno della separazione fra banca e industria e della separazione fra credito a breve e a lungo termine; definì l'attività bancaria funzione di interesse pubblico; concentrò l'azione di vigilanza nell'Ispettorato per la difesa del risparmio e l'esercizio del credito (organo statale di nuova creazione), presieduto dal Governatore e operante anche con mezzi e personale della Banca d'Italia, ma diretto da un Comitato di ministri presieduto dal capo del Governo.

Consapevole degli sviluppi della scienza economica e delle sfide poste da un mondo in continua e traumatica evoluzione, il Governatore Azzolini iniziò la creazione di un moderno Servizio Studi, attraverso l'assunzione di economisti professionisti.

Alla fine del 1936 la svalutazione della lira, lungamente attesa, favorì la ripresa economica e il riequilibrio dei conti con l'estero. Contemporaneamente, per effetto di un semplice decreto ministeriale, fu rimosso ogni limite alla possibilità dello Stato di finanziarsi per mezzo di debiti verso la Banca centrale: l'autonomia di quest'ultima toccò il punto più basso.

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