N. 1041 - Il precariato nel settore pubblico e la selezione (avversa) del personale

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di Lucia Rizzicanovembre 2015

Negli ultimi quindici anni, anche a seguito delle politiche di contenimento della spesa che hanno fortemente limitato le assunzioni a tempo indeterminato, il settore pubblico è stato interessato da un notevole incremento delle assunzioni a termine. Specularmente, si è ridotto il ricorso alle ordinarie procedure selettive di tipo concorsuale per l’assunzione dei dipendenti pubblici. Il transito per una spesso lunga fase di precariato, con successiva sanatoria, è sempre più divenuto propedeutico all’eventuale ingresso in quell’area dell’impiego pubblico caratterizzata da una quasi totale stabilità del rapporto di lavoro.

Il lavoro analizza empiricamente la presenza di effetti di autoselezione dei lavoratori, in termini di abilità, tra settore pubblico e privato, generati dalle aspettative di ottenere un lavoro precario nei due settori.

L’analisi utilizza i dati della Rilevazione sulle Forze di Lavoro dal 2005 al 2013 (Istat) che permettono di ricostruire i flussi in entrata e in uscita dal pubblico impiego in ogni trimestre e quindi di definire, sulla base dell’osservazione dei flussi passati, misure della probabilità attesa di essere assunti con un contratto a termine, o di essere stabilizzati se precari, in ciascuno dei due settori.

I risultati mostrano che la probabilità che i lavoratori più abili scelgano il settore pubblico anziché quello privato si riduce all’aumentare del rischio di essere assunti con un contratto a termine (e al crescere della sua durata media attesa); tra i precari del settore pubblico, la probabilità che i più abili si spostino nel settore privato aumenta al ridursi delle prospettive di stabilizzazione nel Mezzogiorno e diminuisce nel Nord.

Nel complesso i risultati evidenziano l’esistenza di significativi effetti dinamici di selezione avversa connessi con il fenomeno del precariato nel settore pubblico, tanto più forti laddove il pubblico impiego non mantenga una sua attrattività (in termini di retribuzioni o caratteristiche del lavoro svolto) e non venga esercitata una selezione meritocratica fra i lavoratori che vogliano essere assunti o stabilizzati.

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