Il lavoro analizza la struttura finanziaria prevalente nei paesi dell'Europa centrale e orientale negli anni ottanta, con particolare attenzione a tre paesi (Cecoslovacchia, Polonia e Ungheria), utilizzando anche alcuni indicatori di sviluppo del sistema finanziario. Il ruolo limitato e sostanzialmente passivo assegnato al sistema finanziario in tali paesi viene ricondotto alle caratteristiche del sistema allocativo di una economia pianificata, che tende a far prevalere forme di trasferimento diretto delle risorse finanziarie da parte dello Stato attraverso il sistema dei prezzi, le tasse e i sussidi.
Le riforme parziali del sistema pianificato introdotte in Ungheria e in Polonia già prima del 1989 non hanno sostanzialmente modificato il ruolo del sistema finanziario. La sua dimensione in relazione all'economia reale è rimasta modesta e i tentativi di decentralizzare il sistema bancario e di assegnare ad esso un ruolo autonomo nell'allocazione del credito hanno prodotto mutamenti quasi esclusivamente formali. Sul sistema finanziario, d'altra parte, si sono ripercossi gli effetti degli squilibri macroeconomici indotti in parte dalle riforme stesse, dovuti all'inadeguata disciplina finanziaria imposta alle imprese e alle banche, le quali continuavano a poter contare in misura virtualmente illimitata sul sostegno statale. La fragilità patrimoniale delle banche, le distorsioni che continuano a condizionare il loro funzionamento e l'inadeguatezza delle capacità di valutazione e di selezione dei prenditori rischiano di limitare l'efficacia degli strumenti di politica monetaria nella attuale fase di transizione verso una economia di mercato e ostacolano l'assunzione da parte degli intermediari finanziari di un ruolo attivo nell'allocazione delle risorse.