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di Fabio Panetta
Governatore della Banca d'Italia
Competitività e innovazione: la risposta europea - Conferenza BEI e Banca d'Italia
Roma
12 giugno 2025

Signore e Signori,

è per me un piacere darvi il benvenuto alla conferenza odierna, organizzata congiuntamente dalla Banca d'Italia e dalla Banca europea per gli investimenti (BEI).

Ringrazio la BEI per la proficua collaborazione nella promozione di questa riflessione su un tema cruciale per il futuro dell'Europa e dell'Italia: la competitività e l'innovazione.

In più occasioni ho sottolineato quanto l'innovazione sia determinante per rilanciare la produttività e promuovere una crescita sostenibile e duratura.

Oggi svolgerò alcune brevi riflessioni su ciò che alimenta il potenziale innovativo di un'economia e sul possibile ruolo del settore pubblico per stimolarlo1.

Favorire il potenziale innovativo

L'innovazione non nasce per caso, né può essere semplicemente ottenuta aumentando le risorse ad essa dedicate.

Il potenziale innovativo di un paese dipende dall'interazione di molteplici fattori: la disponibilità di capitale di rischio e di forza lavoro qualificata, ma anche un ecosistema che stimoli la concorrenza, faciliti la diffusione delle idee e riduca le asimmetrie informative tra finanziatori e imprenditori.

Ecosistemi di questo tipo tendono a svilupparsi in aree geografiche ben delimitate che, una volta raggiunta la leadership tecnologica, riescono spesso a mantenerla nel tempo. Negli Stati Uniti, ad esempio, oltre la metà delle tecnologie economicamente più rilevanti ha origine in due soli poli: la Silicon Valley e il corridoio che collega Boston, New York e Washington2.

Un'elevata concentrazione si osserva anche a livello aziendale: nel 2024, una domanda di brevetto su dieci è stata presentata dalle prime cinque imprese più attive3. Organizzazioni di dimensioni maggiori dispongono di competenze più diversificate e risorse per investire su un'ampia gamma di progetti ad alto rischio, da cui possono emergere innovazioni radicali.

In media, i progetti innovativi falliscono. Ma è al di fuori della media che nascono le intuizioni capaci di trasformare i processi produttivi. Il modello di sviluppo dell'innovazione si basa sulla capacità di ottenere da pochi progetti di grande successo un ritorno sufficiente a compensare numerosi insuccessi4.

È quindi essenziale sperimentare, investire in parallelo su più progetti e apprendere anche dai fallimenti.

Si tratta di attività che mal si adattano alle imprese più piccole, che tendono a concentrarsi su innovazioni incrementali: meno rischiose, ma anche meno trasformative.

Il ruolo del settore pubblico

Il settore pubblico può sostenere l'innovazione lungo almeno tre direttrici: finanziando la ricerca di base e il trasferimento tecnologico, orientando la propria domanda verso tecnologie avanzate e facilitando la mobilitazione di capitali privati.

Sempre più spesso, le innovazioni più significative nascono dall'incontro tra ricerca di base - generalmente pubblica - e ricerca applicata, svolta dalle imprese. Negli Stati Uniti, la quota di brevetti legata alla ricerca finanziata dal pubblico è salita dal 3 per cento nel 1945 al 30 nel 20105. Questa proficua interazione è particolarmente importante per le start-up innovative, che giocano un ruolo cruciale nel dinamismo economico6.

I brevetti fondati su pubblicazioni scientifiche, prodotte soprattutto da università e centri di ricerca pubblici, tendono a generare maggiori ritorni economici7 e a essere più commerciabili, in quanto il linguaggio scientifico ne facilita la valutazione tecnica8.

Il settore pubblico può intervenire anche sul lato della domanda, acquistando direttamente beni e servizi ad alto contenuto tecnologico, oltre che erogando sussidi diretti. Un esempio efficace è quello delle agenzie statunitensi Advanced Research Projects Agencies (ARPA)9, che finanziano progetti ad alto rischio e potenziale, spesso ignorati dal venture capital, come nel caso del deep tech10.

In Europa, esperienze analoghe sono ancora limitate. I programmi Pathfinder e Transition dello European Innovation Council rappresentano un primo passo, ma con risorse - meno di 400 milioni di euro annui - ancora molto inferiori ai circa 7 miliardi di dollari destinati alle agenzie americane11.

Infine, il settore pubblico può attivare investimenti privati, soprattutto in settori con ritorni altamente incerti e in contesti con minore propensione a investire in capitale di rischio, come in Europa12. Il coinvolgimento di agenzie pubbliche altamente qualificate riduce le incertezze e incoraggia i privati a partecipare.

Quando l'intervento pubblico all'innovazione è ben progettato e ben eseguito, i suoi effetti non si esauriscono nel breve periodo13. L'impulso iniziale può innescare un circolo virtuoso: la diffusione di nuove idee, l'attrazione di nuove imprese e di lavoratori qualificati creano economie di agglomerazione che rendono l'ecosistema innovativo sempre più forte nel tempo.

Conclusioni

L'innovazione è il pilastro su cui costruire un nuovo modello di crescita per l'Europa. Ne ho parlato di recente nelle mie Considerazioni finali14, evidenziando come la produttività stagnante e il ritardo tecnologico rappresentino le principali fragilità dell'economia europea rispetto a quella degli Stati Uniti.

Il contesto globale impone un cambio di passo deciso. Occorre riportare l'innovazione al centro del sistema economico europeo.

L'intervento pubblico è essenziale per finanziare la ricerca di base, stimolare la domanda di tecnologie avanzate e orientare gli investimenti in settori strategici.

La spesa pubblica europea in ricerca e sviluppo è comparabile a quella americana, ma spesso meno efficace. Deve essere rafforzata e soprattutto meglio indirizzata.

In questo quadro, l'Italia deve colmare il divario con il resto d'Europa. Spendiamo per l'università solo l'1 per cento del PIL, circa un terzo in meno della media UE, e con infrastrutture di trasferimento tecnologico limitate rispetto ai principali poli europei. Occorre investire meglio: rafforzando i centri di eccellenza15 e valorizzando quelli minori attraverso reti di collaborazione.

Ma l'intervento pubblico, da solo, non basterà.

Nei prossimi anni l'Europa dovrà affrontare sfide decisive - dalla transizione verde e digitale alla difesa - che richiederanno uno sforzo innovativo senza precedenti.

È urgente completare la costruzione di un mercato europeo dei capitali pienamente integrato, in grado di canalizzare il risparmio verso progetti imprenditoriali ad alto potenziale.

Solo una rinnovata spinta all'innovazione potrà rilanciare la produttività, garantire la crescita e assicurare all'Europa un ruolo di leadership stabile nel tempo.

Note

  1. 1 La spesa pubblica in ricerca e sviluppo (R&D) in ambito civile ha generato significativi spillover positivi anche sul settore privato, determinando un quinto della crescita della produttività totale dei fattori che si è realizzata negli Stati Uniti dal dopoguerra; cfr. A.J. Fieldhouse e K. Mertens, The returns to government R&D: evidence from U.S. appropriations shocks, Federal Reserve Bank of Dallas, Working Paper, 2305, 2023. Anche J. Antolin-Diaz e P. Surico, The long-run effects of government spending, "American Economic Review", di prossima pubblicazione, riconoscono effetti positivi e significativi della spesa pubblica in R&D negli Stati Uniti: il moltiplicatore sarebbe pari a uno nell'immediato per poi crescere nel lungo periodo.
  2. 2 A. Kalyani et al., The diffusion of new technologies, "The Quarterly Journal of Economics", 140, 2, 2025, pp. 1299-1365.
  3. 3 European Patent Office, Patent Index 2024.
  4. 4 S. Mallaby, The power law: venture capital and the making of the new future, New York, Penguin Press, 2022; T. Nicholas, VC: an American history, Cambridge, Harvard University Press, 2019.
  5. 5 L. Fleming, H. Greene, G. Li, M. Marx e D. Yao, Government-funded research increasingly fuels innovation, "Science", 2019, 364, 6446, pp. 1139-1141.
  6. 6 Negli Stati Uniti le imprese oggi leader nella spesa in innovazione sono state fondate prevalentemente intorno agli anni 2000. Al contrario, in Europa questo tipo di imprese risalgono in media agli anni settanta.
  7. 7 Così come misurati dalle reazioni del mercato azionario all'annuncio del deposito di una domanda di brevetto, cfr. A. Arora, S. Belenzon, E. Ferracuti e J.P. Nagar, Revisiting the private value of scientific inventions, NBER Working Paper Series, 33056, 2024.
  8. 8 A. Arora, S. Belenzon e J. Suh Science and the market for technology,"Management Science", 68, 10, 2022, pp. 7065-7791.
  9. 9 Questo tipo di agenzie, guidate da manager con profonda competenza negli ambiti tecnologici presidiati, sono sorte inizialmente per sostenere l'innovazione dell'industria bellica durante la Seconda guerra mondiale e hanno progressivamente esteso il loro campo d'azione ad altri ambiti, come l'energia e le scienze mediche.
  10. 10 La denominazione deep tech include investimenti altamente rischiosi in quanto caratterizzati da elevata complessità tecnica, tempi di realizzazione elevati e incertezza legata sia alla componente tecnologica sia a quella commerciale. Un esempio è costituito dalle applicazioni mediche, nell'ambito delle quali vengono più difficilmente finanziate ricerche relative a patologie che prevedono protocolli di validazione (e quindi tempi di ritorno dell'investimento) più lunghi; cfr. E. Budish, B.N. Roin e H. Williams, Do firms underinvest in long-term research? Evidence from cancer clinical trials, "American Economic Review", 105, 7, 2015, pp. 2044-2085; A.Arora, A. Fosfuri, e T. Rønde, The missing middle: value capture in the market for startups, "Research Policy", 53, 3, 2024.
  11. 11 C. Fuest, D. Gros, P.-L. Mengel, G. Presidente e J. Tirole, EU innovation policy. How to escape the middle technology trap, EconPol Policy Report, 2024.
  12. 12 P. Angelini, Innovazione e finanziamenti all'innovazione in Europa, intervento alla conferenza Financing growth and innovation in Europe: economic and policy challenges, Fiesole, 10 marzo 2025.
  13. 13 Ad esempio, i distretti tecnologici che si specializzavano in tecnologie poi finanziate dai programmi di ricerca e sviluppo per la difesa sorti durante la Seconda guerra mondiale hanno raggiunto livelli di brevettazione superiori di oltre il 40 per cento rispetto ai distretti focalizzati su altri ambiti e che, prima del conflitto, avevano invece andamenti comparabili; D.P. Gross e B.N. Sampat, America, jump-started: World War II R&D and the takeoff of the US innovation system, "American Economic Review", 113, 12, 2023, pp. 3323-3356.
  14. 14 F. Panetta, Considerazioni finali del Governatore, 30 maggio 2025.
  15. 15 Tra il 2000 e il 2020, solo il 4,5 per cento delle università e centri di ricerca europei ha presentato più di 250 domande di brevetto in forma diretta. Questo gruppo ristretto di università è responsabile di oltre il 50 per cento delle domande di brevetto universitarie totali. In Italia solo il Politecnico di Milano rientra in questa categoria, mentre in Germania, Francia e Regno Unito si registrano rispettivamente 12, 15 e 4 istituzioni con un'attività brevettuale di tale portata.