L'economia mondiale tra incertezza e trasformazione

di Fabio Panetta
Governatore della Banca d'Italia
31° Congresso ASSIOM FOREX
Torino
15 febbraio 2025

1. La congiuntura internazionale

Nelle economie avanzate l'inflazione è in calo e si sta avvicinando agli obiettivi delle banche centrali, che stanno progressivamente allentando la stretta monetaria attuata in precedenza. Fa eccezione il Giappone, dove il rialzo dell'inflazione ha spinto la Banca centrale ad aumentare i tassi ufficiali allo 0,5 per cento, il livello più alto da diciassette anni.

Rispetto al passato, la disinflazione è stata più rapida e meno penalizzante per l'attività economica. Questo risultato è stato possibile grazie al veloce rientro degli shock che avevano spinto al rialzo i prezzi al consumo - come l'alto costo dell'energia - e all'azione della politica monetaria, che ha mantenuto ancorate le aspettative di inflazione.

Negli Stati Uniti, dove la riduzione dell'inflazione procede in modo irregolare in un contesto di crescita robusta, la Federal Reserve sta allentando le condizioni monetarie con maggiore gradualità del previsto. A condizionare le sue scelte contribuisce il recente cambio di amministrazione: le nuove politiche fiscali e commerciali potrebbero infatti influenzare significativamente l'economia e la dinamica dei prezzi, con implicazioni per la politica monetaria. In tale contesto dall'inizio di dicembre, nonostante il calo dei tassi di interesse a breve termine, i rendimenti a lunga scadenza sono aumentati, favorendo un apprezzamento del dollaro (fig. A.1).

Nelle economie emergenti il quadro inflazionistico è eterogeneo.

In Cina l'inflazione al consumo è pressoché nulla e quella alla produzione è negativa da due anni, esponendo l'economia al rischio di deflazione. I ripetuti interventi monetari e fiscali hanno sostenuto i mercati finanziari, ma la loro efficacia nel ripristinare la stabilità dei prezzi è incerta.

In Brasile, Turchia e Argentina, l'inflazione resta invece elevata, costringendo le banche centrali a mantenere condizioni monetarie restrittive.

Quanto all'attività produttiva, l'economia mondiale continua a espandersi a ritmi moderati, con differenze tra aree geografiche e settori.

Alla stagnazione nel settore manifatturiero, che dura da oltre un anno, si aggiunge un rallentamento nel settore dei servizi.

Negli Stati Uniti la crescita resta elevata, trainata dall'aumento dei consumi delle famiglie, a sua volta alimentato dall'incremento dell'occupazione e dei salari, oltre che dai guadagni conseguiti nei mercati borsistici.

Negli altri paesi avanzati la crescita rimane invece debole.

In Cina la domanda interna è frenata dal deterioramento della fiducia dei consumatori e dalla crisi del settore immobiliare. Le esportazioni mostrano un'accelerazione, che potrebbe però riflettere in parte l'effetto temporaneo di un'anticipazione delle vendite estere per evitare possibili successivi dazi da parte degli Stati Uniti1.

Guardando avanti, il Fondo monetario internazionale prevede una crescita globale stabile, poco sopra il 3 per cento sia nel 2025 sia nel 2026. La previsione a medio termine, pari al 3,1 per cento, rimane contenuta in una prospettiva storica2.

I rischi per la crescita restano orientati al ribasso, principalmente a causa delle tensioni geopolitiche e delle difficoltà persistenti dell'economia cinese. Anche l'elevato indebitamento globale potrebbe influenzare negativamente l'attività produttiva, qualora generasse fenomeni di volatilità o instabilità finanziaria. Infine, le politiche dell'amministrazione statunitense potrebbero avere effetti negativi sulla crescita economica e sulle condizioni finanziarie globali.

2. Il commercio internazionale

Il commercio internazionale sta subendo cambiamenti significativi, determinati da fattori congiunturali, geopolitici e tecnologici3.

Molti paesi stanno concentrando le relazioni commerciali su partner considerati affidabili, con cui hanno relazioni consolidate o affinità politiche ed economiche. Questa tendenza sta ridisegnando la geografia del commercio, riducendo gli scambi tra paesi appartenenti a blocchi geopolitici contrapposti e aumentando quelli tra economie politicamente allineate (fig. 1)4.

Figura 1

Variazione tra il 2021 e il 2023 delle quote di importazioni dai diversi blocchi di paesi

(punti percentuali)

punti percentuali

Fonte: F.P. Conteduca, S. Giglioli, C. Giordano, M. Mancini e L. Panon, Trade fragmentation unveiled: five facts on the reconfiguration of global, US and EU trade, Banca d'Italia, Questioni di economia e finanza, 881, 2024 e M.G. Attinasi et al., Navigating a fragmenting global trading system: insights for central banks, European Central Bank, Occasional Paper Series, 365, 2024.

(1) Il blocco dei paesi "allineati agli Stati Uniti" include, oltre agli Stati Uniti stessi, principalmente i membri della UE, l'Australia, il Canada, la Corea del Sud, il Giappone, il Regno Unito e Taiwan; il blocco di paesi "allineati alla Cina" comprende, oltre alla Cina stessa, paesi come l'Iran e la Russia; al restante gruppo dei "paesi neutrali" appartengono tra gli altri l'Arabia Saudita, l'Argentina, il Brasile, l'India, l'Indonesia, il Messico, il Sudafrica, la Turchia e il Vietnam. L'allineamento geopolitico tra i paesi è elaborato a partire dall'indicatore proposto da T. den Besten, P. Di Casola e M.M. Habib, Geopolitical fragmentation risks and international currencies, in BCE, The international role of the euro, 2023, pp. 41-47, integrato con informazioni tratte da Global Fracturing Dashboard di Capital Economics.

Il fenomeno riguarda sia i paesi avanzati sia quelli in via di sviluppo e ha portato alla forte riduzione della quota di prodotti cinesi nelle importazioni di beni tecnologici negli Stati Uniti e, più recentemente, nell'Unione europea.

In molti casi la diversificazione geografica delle importazioni è solo apparente. Gli esportatori hanno riorganizzato le loro filiere produttive, creando triangolazioni attraverso paesi terzi per aggirare le barriere commerciali. Ad esempio, alcuni prodotti cinesi vengono esportati negli Stati Uniti passando per il Messico, il Vietnam o Taiwan5 (fig. A.2). Inoltre, le aziende cinesi stanno aprendo impianti produttivi in paesi non soggetti a restrizioni o direttamente in quelli che le hanno imposte6.

La frammentazione riduce l'efficienza del commercio mondiale, aumentando i costi delle merci e rendendo le catene di approvvigionamento più complesse e vulnerabili. In diversi paesi ciò potrebbe limitare la disponibilità di alcuni prodotti, in particolare quelli tecnologici e quelli essenziali per la transizione climatica7.

Le tensioni commerciali e i loro effetti

La riconfigurazione del commercio appena delineata, in cui hanno un peso considerevole le motivazioni geopolitiche, sta indebolendo il sistema multilaterale di governance economica globale fondato sull'integrazione produttiva e sul libero scambio. Il commercio internazionale viene sempre più utilizzato come leva strategica8, soprattutto nella competizione tecnologica.

In questo contesto si inserisce la strategia della nuova amministrazione statunitense, che prevede nuovi e più elevati dazi sulle importazioni9. Particolare attenzione viene rivolta ai partner con un ampio avanzo commerciale verso gli Stati Uniti. Il surplus della Cina verso l'economia americana ammontava nel 2024 a circa 300 miliardi di dollari, circa un terzo dell'avanzo commerciale complessivo cinese e un quarto del disavanzo degli Stati Uniti (fig. 2).

Figura 2

Saldo commerciale di Cina e Stati Uniti

(miliardi di dollari)

miliardi di dollari

Fonte: elaborazioni su dati doganali cinesi e Trade Data Monitor.

Secondo le nostre stime, se i dazi annunciati in fase pre-elettorale fossero attuati e accompagnati da misure di ritorsione, la crescita del PIL globale si ridurrebbe di 1,5 punti percentuali. Per l'economia statunitense l'impatto supererebbe i 2 punti. Per l'area dell'euro le conseguenze sarebbero più contenute, intorno a mezzo punto percentuale, con effetti maggiori per Germania e Italia, data la rilevanza dei loro scambi con gli Stati Uniti10. Nella fase iniziale questi impatti negativi potrebbero essere amplificati dall'aumento dell'incertezza sulle politiche commerciali, già evidente nelle ultime settimane (fig. 3).

Figura 3

Indicatore di incertezza sulle politiche commerciali

(indice)

indice

Fonte: trade policy uncertainty index, dati mensili; l'ultimo dato si riferisce a gennaio 2025. L'indicatore è descritto in D. Caldara, M. Iacoviello, P. Molligo, A. Prestipino, e A. Raffo, The economic effects of trade policy uncertainty, "Journal of Monetary Economics", 109, 2020, pp. 38-59.

Il caso più significativo è quello della Cina. Dato l'eccesso di capacità produttiva nel settore industriale, da alcuni anni le aziende cinesi stanno riducendo i prezzi delle esportazioni (fig. 4), registrando un forte aumento delle vendite estere11 e delle quote di mercato nelle economie emergenti (fig. A.3).

Figura 4

Valori medi unitari all'esportazione: dalla Cina e a livello mondiale

(indice)

indice

Fonte: elaborazioni su dati Eurostat e CPB World Trade Monitor.

L'imposizione di dazi elevati da parte degli Stati Uniti potrebbe spingere gli esportatori cinesi a cercare nuovi mercati per compensare il calo delle vendite sul mercato americano. In tale scenario, le imprese italiane ed europee si troverebbero esposte a crescenti pressioni competitive da parte delle aziende cinesi, la cui specializzazione settoriale è sempre più simile a quella europea12.

L'esperienza storica mostra che le guerre commerciali danneggiano la crescita, anche nei paesi che le avviano13. I dazi non garantiscono una riduzione del disavanzo delle partite correnti. Se lo facessero, comporterebbero anche un minore afflusso netto di capitali verso il paese che li ha imposti14, con conseguenti aggiustamenti attraverso un aumento del risparmio dei residenti o una riduzione degli investimenti.

È dunque possibile che l'amministrazione statunitense stia utilizzando gli annunci sui dazi come leva negoziale per ridefinire i rapporti economici e politici con altre aree del mondo.

Tuttavia, in un contesto già segnato da tensioni geopolitiche, commerciali e belliche, questa strategia potrebbe sfuggire al controllo, generando effetti ben oltre quelli desiderati15, aggravando i dissidi esistenti e aprendo nuove fratture.

Soluzioni negoziali basate sulla cooperazione non solo rappresentano un'alternativa preferibile, ma sono necessarie per evitare una spirale di conflitti che minaccerebbe la stabilità globale.

3. L'economia europea

L'economia dell'area dell'euro fatica a ritrovare slancio.

Dopo una stagnazione iniziata alla fine del 2022, il PIL è cresciuto a ritmi contenuti nei primi trimestri del 2024, per poi arrestarsi nuovamente alla fine dell'anno.

La domanda interna manca di forza. Il tasso di risparmio ha raggiunto livelli elevati, sostenuto dall'aumento dei rendimenti reali e dal desiderio delle famiglie di ricostituire la ricchezza erosa dallo shock inflazionistico16. Inoltre, il susseguirsi di episodi di crisi - dalla pandemia alla guerra in Ucraina - ha probabilmente accresciuto la prudenza dei consumatori.

Le aspettative di una ripresa trainata dai consumi e sostenuta dall'occupazione sono state ripetutamente disattese. Dalla fine del 2023 le previsioni di crescita dell'Eurosistema sono state riviste al ribasso (fig. 5.a), così come le attese degli operatori privati - in controtendenza rispetto agli Stati Uniti (fig. 5.b).

Figura 5

Evoluzione delle previsioni sulla crescita del PIL dell'area dell'euro

(valori percentuali)

valori percentuali

Fonte: BCE (Eurosystem staff macroeconomic projections) e (Consensus Forecasts).

(1) Evoluzione nel tempo delle previsioni di Consensus Economics. − (2) Sondaggio mensile comprendente un campione esteso di analisti censiti da Consensus Economics. − (3) Sondaggio giornaliero comprendente un campione ristretto di analisti che aggiornano le proprie previsioni a più alta frequenza.

In base ai dati più recenti, la ripresa potrebbe tardare ulteriormente.

La fiducia dei consumatori è tornata a diminuire (fig. A.4), in presenza di un crescente pessimismo sulle prospettive economiche e di un indebolimento del mercato del lavoro, su cui tornerò a breve. In un contesto così incerto è improbabile che i consumatori riducano i risparmi.

Gli investimenti produttivi17 stanno rallentando anch'essi, a causa del peggioramento delle prospettive di crescita e del tono ancora restrittivo delle condizioni finanziarie.

In assenza di una solida ripresa della domanda interna, l'economia dell'area ha trovato un qualche sostegno nella domanda estera. Il contributo delle esportazioni nette, pari a mezzo punto18, è stato determinato in ampia misura dalla stagnazione delle importazioni, a fronte di una variazione appena positiva delle vendite estere (fig. A.5).

A soffrire di più è il settore manifatturiero, che continua a perdere quote di mercato a favore dei produttori cinesi. Questa tendenza, in atto da anni, è accentuata nel settore dell'auto, che rappresenta uno dei pilastri dell'industria europea. In prospettiva, le difficoltà dell'industria automobilistica potrebbero avere conseguenze gravi anche su altri settori19.

Questi sviluppi mettono in luce le conseguenze di un'eccessiva dipendenza dalla domanda estera. In un contesto di relazioni commerciali tese, l'ampia apertura agli scambi internazionali20 e la stretta integrazione nelle filiere produttive globali (fig. 6) rendono l'economia europea particolarmente esposta alle fluttuazioni del mercato globale e vulnerabile a nuove spinte protezionistiche.

Figura 6

Catene globali del valore: partecipazione e utilizzo di input esteri

(in percentuale delle esportazioni)

in percentuale delle esportazioni

Fonte: elaborazioni su dati Asian Development Bank (MRIO).

(1) La partecipazione complessiva (pannello a) è definita come la quota di esportazioni connesse con le catene globali del valore in percentuale del totale delle esportazioni. È composta sia dalla componente di input acquistati dall'estero e utilizzati per la produzione di beni e servizi esportati (backward participation, pannello b), sia dalla componente di input che l'economia fornisce a paesi esteri per produrre le loro esportazioni (forward participation).

L'Europa deve adottare un nuovo modello di sviluppo che valorizzi il mercato unico e riduca la dipendenza da fattori esterni. Vanno rilanciati gli investimenti, che da anni sono inferiori rispetto a quelli degli Stati Uniti e la cui carenza è particolarmente evidente se confrontata con l'elevata capacità di risparmio del nostro continente21.

Ma non basta investire di più. È necessario investire meglio, privilegiando i progetti e le riforme in grado di innalzare la produttività, la cui bassa crescita rappresenta il principale fattore di debolezza dell'economia europea (fig. 7.a).

In cima alla lista vi sono i settori innovativi, che rappresentano il motore della produttività (fig. 7.b); in particolare quelli legati alla doppia transizione, ambientale e digitale, che svolgono un ruolo cruciale anche per l'autonomia strategica europea, come nel caso dell'energia.

Figura 7

Tasso di crescita del PIL e della produttività in Italia, area dell'euro e Stati Uniti: anni 2019-23

Fonte: elaborazioni su dati Bureau of Economic Analysis, Bureau of Labor Statistics ed Eurostat (Conti nazionali).

(1) Per gli Stati Uniti sono esclusi i lavoratori autonomi. − (2) Tecnologie dell'informazione e della comunicazione (information and communication technology, ICT). − (3) Il totale si riferisce al settore privato non agricolo.

Le risorse necessarie sono ingenti, e richiedono un contributo sia pubblico sia privato. Gli interventi vanno realizzati con azioni congiunte a livello europeo, al fine di realizzare economie di scala e di evitare le duplicazioni che deriverebbero da interventi frammentati a livello nazionale.

Serve quello che in un recente intervento ho definito un "patto europeo per la produttività": non si tratta di creare un'unione fiscale, né di introdurre un Ministro delle finanze europeo o trasferimenti sistematici tra paesi, ma di avviare un programma di spesa comune - mirato negli obiettivi e limitato nel tempo e nell'ammontare - per finanziare investimenti indispensabili per tutti i cittadini europei22.

Oltre a rafforzare il potenziale di crescita degli Stati membri, questa iniziativa consentirebbe di generare un'offerta stabile di titoli comuni europei privi di rischio, un tassello essenziale per la creazione di un mercato unico dei capitali capace di finanziare progetti innovativi, compresi quelli più rischiosi.

Le priorità e le strategie per rafforzare la competitività dell'economia europea sono chiare e ampiamente analizzate23. La vera sfida, ora, è metterle in pratica.

4. L'inflazione e la politica monetaria

Il rientro dell'inflazione nell'area dell'euro all'obiettivo del 2 per cento nel medio termine è quasi completo.

I rialzi degli ultimi mesi - fino al 2,5 per cento a gennaio (fig. A.6.a) - erano previsti e sono dovuti in parte a effetti di base legati all'evoluzione passata dei prezzi dell'energia24.

L'inflazione di fondo25 si è mantenuta al 2,7 per cento, ma la sua dinamica sui tre mesi - più rappresentativa delle tendenze recenti - evidenzia un calo pressoché continuo dall'inizio dello scorso anno ed era pari al 2 per cento a gennaio (fig. A.6.b).

I prezzi dei servizi continuano a crescere a un ritmo relativamente sostenuto, pari al 3,9 per cento. Questo andamento riflette in parte il lento e graduale adeguamento dei prezzi dei servizi all'inflazione passata, ed è quindi destinato ad attenuarsi per effetto del calo dell'inflazione totale26.

Nel complesso, vi sono motivi per ritenere che la dinamica dei prezzi si stabilizzerà al 2 per cento nel medio termine, in linea con le più recenti previsioni degli esperti dell'Eurosistema.

I progressi sul fronte dell'inflazione hanno consentito al Consiglio direttivo della BCE di concludere la fase di rialzo dei tassi ufficiali avviata oltre due anni fa e di invertire la rotta dallo scorso giugno. Da allora i tassi sono stati ridotti cinque volte, portando quello di riferimento della BCE - il tasso sui depositi presso la banca centrale - al 2,75 per cento.

Tuttavia il percorso di normalizzazione della politica monetaria non è concluso.

Il tasso di riferimento rimane superiore alle stime del tasso neutrale, ossia il livello compatibile con l'assenza di pressioni inflazionistiche e con la crescita potenziale dell'economia27. Di conseguenza, la politica monetaria continua a esercitare una pressione al ribasso sull'attività produttiva e sulla dinamica dei prezzi al consumo, un effetto sempre meno necessario in un contesto in cui l'inflazione è vicina all'obiettivo e la domanda interna resta debole.

Da qui in avanti, peraltro, il concetto di tasso neutrale perderà progressivamente rilevanza. Le stime del suo valore, infatti, sono altamente imprecise, e forniscono solo un'indicazione approssimativa sull'orientamento della politica monetaria, diventando sempre meno utili a mano a mano che i tassi ufficiali si avvicinano al livello stimato del tasso neutrale. Soprattutto, il concetto di tasso neutrale non offre elementi sufficienti per calibrare con precisione il ritmo della normalizzazione monetaria.

Le decisioni di politica monetaria devono sempre basarsi su una valutazione complessiva delle prospettive dell'economia reale e dell'inflazione, in cui gli esercizi previsivi svolgono un ruolo essenziale. Questa considerazione è oggi particolarmente rilevante per l'area dell'euro, grazie al recente miglioramento della qualità delle previsioni di inflazione28.

Secondo le proiezioni pubblicate dall'Eurosistema a dicembre, l'obiettivo di inflazione verrebbe raggiunto con una riduzione dei tassi ufficiali in linea con le aspettative di mercato allora prevalenti, portandoli intorno al 2 per cento dalla metà del 2025. In base a tale scenario, un allentamento monetario meno deciso potrebbe comportare un'inflazione troppo bassa nel medio periodo.

I rischi per l'inflazione

Il quadro economico evolve rapidamente e con esso i rischi che circondano le previsioni, da valutare attentamente.

Attualmente, il principale rischio al ribasso per l'inflazione è la debolezza dell'attività economica, su cui mi sono già soffermato.

A questo si aggiungono i rischi derivanti dall'aumento dei rendimenti a lungo termine. Questo fenomeno è dovuto in primo luogo all'incremento dei tassi a lungo termine in dollari, che si è propagato sui mercati finanziari europei, determinando una sorta di "importazione" dagli Stati Uniti di una restrizione monetaria non giustificata dalla situazione economica dell'area. Inoltre, il rialzo dei tassi in yen sta inducendo gli investitori giapponesi a ridurre la loro esposizione in titoli esteri - compresi quelli europei - a favore dei titoli domestici29, esercitando una pressione al rialzo sui tassi a lungo termine in euro.

I timori di una dinamica salariale incompatibile con la stabilità dei prezzi si stanno attenuando, come si evince dagli ultimi dati disponibili (fig. 8.a), dai recenti rinnovi contrattuali30 e dai segnali di indebolimento della domanda di lavoro (figg. 8.b e 8.c).

Figura 8

Mercato del lavoro nell'area dell'euro

Fonte: elaborazioni su dati Banca d'Italia, BCE, Commissione europea ed Eurostat.

(1) Le linee tratteggiate indicano valori previsti. − (2) I valori previsti sono tratti dalle proiezioni dell'Eurosistema di dicembre 2024. − (3) Il wage tracker rappresenta la media degli incrementi salariali previsti dagli accordi collettivi già firmati e misura la crescita delle retribuzioni sulla base dei soli contratti collettivi in vigore, escludendo le una tantum e i contratti scaduti. − (4) Saldo percentuale tra le imprese che si attendono un aumento e quelle che si attendono una riduzione dei livelli di occupazione nei 3 mesi successivi all'indagine. Il totale è calcolato come media pesata del settore manifatturiero, dei servizi, delle costruzioni e del commercio al dettaglio. − (5) Settore privato non agricolo. I dati sono destagionalizzati e includono tutte le imprese con almeno un addetto. Il tasso di posti vacanti è il rapporto tra il numero di posti vacanti e la loro somma con le posizioni lavorative occupate.

Anche un aumento dei dazi statunitensi sulle esportazioni europee non avrebbe presumibilmente effetti significativi sull'inflazione. I dazi potrebbero generare pressioni al rialzo legate a un deprezzamento dell'euro rispetto al dollaro e a eventuali misure di ritorsione da parte della UE. Tuttavia, questi effetti verrebbero compensati da un rallentamento dell'economia globale e dal dirottamento verso i mercati europei delle merci cinesi colpite da dazi elevati. Secondo nostre stime, l'effetto netto dei dazi sull'inflazione sarebbe perciò contenuto, se non leggermente negativo.

I rischi più insidiosi per l'inflazione provengono dai mercati energetici, che stanno registrando una forte volatilità e un aumento dei prezzi, in particolare del gas. Nel breve termine questi andamenti potrebbero rendere più variabile il percorso dell'inflazione. Gli sviluppi futuri andranno monitorati con attenzione, anche se nel medio periodo il rallentamento della domanda mondiale potrebbe contenere le pressioni sui prezzi31.

Nel complesso, gli indicatori disponibili sembrano suggerire che il rischio prevalente sia ancora quello di un'inflazione inferiore al 2 per cento nel medio termine. Questa conclusione è coerente sia con le aspettative di inflazione implicite nei contratti finanziari, sia con le valutazioni degli analisti.

Il processo di normalizzazione della politica monetaria va quindi continuato, accompagnando le decisioni con una comunicazione orientata alle prospettive dell'economia reale e dell'inflazione nel medio termine. In questa fase, un'eccessiva attenzione ai dati di volta in volta disponibili rischia di generare incertezza e volatilità nei mercati, riducendo l'efficacia della politica monetaria.

5. L'economia italiana

Negli ultimi trimestri la crescita economica italiana si è affievolita (fig. A.7), anche a causa del difficile contesto internazionale e degli effetti della stretta monetaria.

Sono venuti a mancare soprattutto i contributi degli investimenti e delle esportazioni, le due componenti che più avevano sostenuto la vigorosa ripresa successiva alla pandemia.

Gli investimenti in beni strumentali sono stati particolarmente penalizzati dalle difficoltà, comuni a tutta l'area dell'euro, del settore manifatturiero32.

Le vendite all'estero stanno risentendo della debolezza dell'economia europea, in particolare di quella tedesca, che assorbe il 12 per cento delle nostre esportazioni. Quasi la metà delle aziende manifatturiere che vendono in Germania ha visto ridursi le proprie esportazioni in quel mercato (fig. 9), con ripercussioni negative sulla produzione industriale, già in calo dal 2022. Di fatto, attraverso il commercio internazionale le difficoltà dell'economia tedesca si stanno trasmettendo a quella italiana33.

Figura 9

Andamento delle esportazioni delle imprese manifatturiere italiane verso la Germania

(valori percentuali)

valori percentuali

Fonte: elaborazioni su dati Sondaggio congiunturale sulle imprese industriali e dei servizi, Banca d'Italia, Statistiche, 5 novembre 2024.

(1) Percentuale di imprese manifatturiere italiane che dichiarano un aumento o una riduzione delle esportazioni in Germania nei primi 9 mesi del 2024 sul totale delle imprese che esportano in Germania. La categoria diminuite (aumentate) include le imprese che hanno risposto che le vendite in Germania sono moderatamente o notevolmente diminuite (aumentate) nei primi 9 mesi del 2024 rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. Per le rimanenti imprese le vendite sono rimaste invariate.

Il principale motore della crescita sono stati i consumi delle famiglie, sostenuti dalla forza del mercato del lavoro e dal graduale, seppur ancora parziale, recupero dei salari reali (fig. A.8).

Nel complesso del 2024 il PIL è aumentato dello 0,5 per cento - di circa 2 decimi in più senza la correzione per il maggior numero di giornate lavorative - ma la crescita si è arrestata nel secondo semestre. Secondo le nostre previsioni, nei prossimi mesi il prodotto tornerà a espandersi. La riduzione dei tassi di interesse, gli alti livelli di occupazione e la ripresa della domanda estera sosterrebbero i consumi e le esportazioni, favorendo nel contempo l'accumulazione di capitale da parte delle imprese34.

Così come per il resto d'Europa, le prospettive di ripresa dell'economia italiana sono messe a rischio da un contesto economico internazionale indebolito e incerto. È quindi ancora più necessario affrontare con decisione i nodi che frenano la crescita italiana: la bassa produttività, l'elevato debito pubblico, le inefficienze dell'azione pubblica35.

È essenziale moltiplicare gli sforzi per completare gli investimenti del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e le riforme ad esso collegate, intervenendo tempestivamente in caso di ritardi. Sarà necessario dare continuità al Piano, proseguendo l'impegno di riforma e favorendo una ricomposizione del bilancio pubblico a sostegno degli investimenti in capitale umano e materiale e in innovazione.

Oltre a sostenere l'attività nei mesi futuri, l'attuazione del PNRR potrà innalzare la produttività e il potenziale di crescita, facilitando il pieno recupero dei redditi reali e la crescita della domanda interna. Si rafforzerebbe così la fiducia nelle misure adottate a livello europeo, agevolando la strada per investimenti comuni a sostegno della produttività.

È altrettanto essenziale attuare il Piano strutturale di bilancio a medio termine elaborato dal Governo e approvato a gennaio dal Consiglio della UE. La gestione prudente dei conti pubblici sta già dando frutti, con una riduzione del differenziale di rendimento tra i titoli di Stato italiani e tedeschi. Proseguire su questa strada può favorire un miglioramento dei rating del debito sovrano, ancora sui bassi livelli di quindici anni fa, quando i titoli italiani furono declassati a seguito della crisi finanziaria e della crisi del debito nell'area dell'euro.

Da allora l'economia italiana ha registrato progressi in termini di stabilità finanziaria: la posizione patrimoniale netta sull'estero ha superato il 12 per cento del PIL, con un miglioramento di oltre 35 punti percentuali rispetto al 2013 (fig. A.9); il settore bancario ha fortemente accresciuto la sua redditività e la sua dotazione di capitale; il mercato dei titoli pubblici è tornato liquido ed efficiente, attirando una base di investitori ampia e diversificata.

Questi fattori, insieme al riequilibrio delle finanze pubbliche, possono contribuire a ridurre ulteriormente i rendimenti sui titoli di Stato, migliorando le condizioni di finanziamento per famiglie e imprese e rafforzando la competitività del Paese.

6. Le banche e il credito

In Italia la dinamica del credito resta negativa, sebbene emergano segnali di ripresa (fig. A.10).

Diversi indicatori suggeriscono che questo andamento, pur influenzato da politiche di offerta improntate alla cautela, dipende principalmente dalla debolezza della domanda di prestiti.

Il fabbisogno finanziario delle imprese rimane contenuto per effetto della buona redditività e della fiacchezza degli investimenti. Inoltre, la percentuale di aziende che segnalano difficoltà di accesso al credito è in calo in tutti i settori e in tutte le classi dimensionali (fig. A.11).

Le banche, dal canto loro, dispongono di una solida dotazione patrimoniale, in grado di assorbire eventuali aumenti della domanda di finanziamenti.

Tuttavia, la contrazione del credito richiede attenzione. Le imprese di piccole dimensioni continuano a registrare una maggiore e persistente contrazione degli impieghi (fig. 10); è tra esse, inoltre, che affiorano segnali di una possibile carenza di prestiti. In vista della ripresa dell'attività economica, queste aziende potrebbero dover ricorrere maggiormente ai finanziamenti esterni; sarà essenziale, in quella fase, che le banche assicurino l'accesso al credito alle aziende meritevoli.

Figura 10

Prestiti alle società non finanziarie per classe dimensionale

(variazioni percentuali sui 12 mesi)

variazioni percentuali sui 12 mesi

Fonte: elaborazioni su dati Banca d'Italia.

(1) Società in accomandita semplice e in nome collettivo con numero di addetti inferiore a 20. Società semplici, società di fatto e imprese individuali con numero di addetti superiore a 5 e inferiore a 20.

La qualità del credito

Il flusso dei prestiti deteriorati si mantiene contenuto; l'aumento nel comparto delle imprese è attribuibile agli effetti del rialzo dei tassi negli anni scorsi, in linea con le previsioni formulate un anno fa in questa stessa sede36.

Le garanzie pubbliche sui prestiti, ampliate per far fronte all'emergenza pandemica, hanno contribuito a contenere le insolvenze. La consistenza dei crediti garantiti si sta ora riducendo, ma in modo assai graduale (fig. A.12.a), poiché i rimborsi vengono in gran parte compensati da nuove e rilevanti erogazioni (fig. A.12.b).

In una situazione tornata alla normalità, è opportuno ridimensionare l'intervento pubblico e rivedere le condizioni e le modalità di concessione delle garanzie. La legge di bilancio per il 2025 ha già mosso passi in questa direzione37.

Ulteriori misure sono auspicabili per preservare lo strumento per future emergenze e contenere i rischi per il bilancio dello Stato. Le risorse vanno concentrate sulle imprese - spesso di piccole dimensioni - che incontrano difficoltà nell'accesso al credito nonostante abbiano buone prospettive economiche.

In ogni caso, le banche devono attenersi alle norme di vigilanza nella concessione e nella gestione dei crediti, compresi quelli garantiti. Eventuali negligenze potrebbero compromettere l'efficacia della garanzia statale o destinare il sostegno pubblico a progetti non meritevoli, esponendo gli intermediari a rischi creditizi, legali e reputazionali.

La raccolta

La tecnologia e le nuove modalità di accesso ai servizi bancari consentono oggi ai depositanti di trasferire rapidamente i propri risparmi, anche fuori dell'orario lavorativo e senza recarsi allo sportello. Questo progresso offre vantaggi alla clientela, ma aumenta il rischio di liquidità per gli intermediari, che in situazioni di tensione potrebbero dover fronteggiare deflussi ingenti e repentini di fondi38.

Nel contesto attuale, caratterizzato dal riassorbimento della liquidità in eccesso da parte della BCE, le banche devono bilanciare con lungimiranza il vantaggio del basso costo della raccolta a vista con il rischio di fuoriuscite improvvise di depositi.

Un maggiore ricorso alla provvista a termine contribuisce a stabilizzare le fonti di finanziamento, rendendo la gestione della liquidità più sicura e prevedibile. Negli ultimi anni si è assistito a una ricomposizione della raccolta dai depositi a vista a quelli a termine, grazie al maggiore rialzo dei rendimenti di questi ultimi. Il divario rispetto alle altre banche europee rimane però ampio.

Proseguire lungo questa strada rafforzerebbe la stabilità del sistema bancario, soprattutto in un contesto globale che espone intermediari e mercati a shock improvvisi.

Tuttavia, il rafforzamento della raccolta a termine richiede prudenza quando riguarda strumenti finanziari complessi. Negli ultimi anni si è registrata una forte crescita dei cosiddetti certificates39, anche grazie a benefici fiscali40.

Questi prodotti, legati a una o più attività sottostanti41, possono migliorare il profilo di rischio-rendimento di portafogli diversificati, ma sono adatti a risparmiatori con adeguate conoscenze finanziarie. È essenziale che le banche ne assicurino una distribuzione responsabile, evitando di proporli a clienti privi delle competenze necessarie per valutarne costi e rischi.

Insieme alla Consob seguiamo attentamente gli sviluppi di questo mercato, di cui abbiamo più volte messo in luce gli alti rischi42.

Le operazioni di concentrazione

Il sistema finanziario italiano è interessato da operazioni di concentrazione che coinvolgono banche di varie dimensioni, compagnie assicurative, società di gestione del risparmio e intermediari esteri.

Queste operazioni sono favorite in primo luogo dall'abbondanza di capitale in eccesso nel settore bancario. Inoltre, la prospettiva di un restringimento dei margini sull'attività di prestito, legata alla diminuzione dei tassi di interesse, spinge gli intermediari a ricercare economie di scala o sinergie produttive.

Le operazioni annunciate ridurrebbero il divario dimensionale tra i principali intermediari italiani e i concorrenti europei. In Italia il valore medio dell'attivo delle prime cinque banche è quattro volte inferiore rispetto a quello delle banche francesi e una volta e mezza più basso di quello degli intermediari spagnoli e tedeschi (fig. 11). Sebbene in generale nel settore bancario le grandi dimensioni comportino sia vantaggi sia alcune criticità ben note43, queste operazioni possono essere inquadrate in una prospettiva di integrazione e consolidamento del mercato europeo.

Figura 11

Totale attivo medio delle maggiori banche dei principali paesi europei

(miliardi di euro)

miliardi di euro

Fonte: elaborazioni su segnalazioni armonizzate di vigilanza.

I procedimenti autorizzativi coinvolgono la Banca d'Italia sia in autonomia sia in collaborazione con diverse autorità nazionali ed europee44. L'iter si avvia dopo la notifica delle operazioni da parte dei soggetti promotori, che non sono tenuti a informare preventivamente le autorità.

La Vigilanza verifica la conformità alle normative italiane ed europee, valutando la capacità di ciascuna operazione di dar vita a intermediari solidi, efficienti e capaci di operare secondo principi di sana e prudente gestione al servizio dell'economia reale e senza compromettere la stabilità finanziaria.

Nel rispetto di questi criteri, l'esito delle operazioni è affidato alle dinamiche di mercato e alle scelte degli azionisti.

7. La finanza digitale

La tecnologia sta modificando il rapporto fiduciario tra banche e risparmiatori.

Se un tempo tale rapporto si basava sulla capacità delle banche di effettuare pagamenti e gestire i risparmi con prudenza, oggi si estende alla garanzia di accessibilità e continuità dei servizi. La tutela della riservatezza, da sempre fondamentale per l'attività bancaria, assume oggi un ruolo centrale.

La digitalizzazione consente agli intermediari di migliorare l'efficienza e la gestione dei rischi, garantendo al contempo risparmi di tempo e di costi per i clienti.

Tuttavia, la crescente interconnessione tra soggetti vigilati e non vigilati e la complessità dei processi aumentano i rischi per la continuità operativa e per la tutela dei risparmiatori.

Il rischio operativo e cibernetico

A livello internazionale si registra un aumento continuo degli incidenti operativi e degli attacchi cibernetici nel settore bancario, una tendenza in atto anche in Italia (fig. 12).

Figura 12

Incidenti informatici nel settore finanziario italiano

Fonte: elaborazioni su segnalazioni di vigilanza.

(1) Sono soggetti alla segnalazione i gruppi bancari, le banche individuali, gli istituti di pagamento e gli istituti di moneta elettronica. Gli incidenti cibernetici comprendono sia gli attacchi informatici sia gli incidenti che comunque producono, anche involontariamente, diffusione e/o alterazione di dati riservati della clientela e/o dell'intermediario. Gli incidenti operativi derivano da processi inadeguati o malfunzionanti, da persone, da sistemi o da eventi di forza maggiore. Tra questi ultimi sono inclusi eventi naturali, errori di software e hardware, eventi accidentali, malfunzionamenti di processo, sabotaggio (attacco fisico). − (2) Il numero di segnalazioni indica gli incidenti riportati dai singoli intermediari; ciascun evento può dar luogo a più di una segnalazione.

Le cause sono molteplici. Da un lato, la minaccia cibernetica è diventata più sofisticata, a causa dell'inasprimento delle tensioni geopolitiche e dei progressi dell'intelligenza artificiale. Dall'altro lato, la complessità dei sistemi informativi, l'aumento delle esternalizzazioni e il coinvolgimento di un numero crescente di attori nei modelli operativi hanno moltiplicato le vulnerabilità.

I rischi informatici sono aggravati dalla concentrazione di alcuni servizi nelle mani di pochi operatori globali. Un incidente che colpisca uno di questi soggetti può avere ripercussioni significative su scala internazionale45, causando perdite sia dirette - finora relativamente contenute - sia indirette, più difficili da quantificare ma potenzialmente rilevanti per la crescita e la sostenibilità dell'attività nel lungo periodo46. L'aumento della velocità delle transazioni finanziarie accresce i rischi47.

Questi sviluppi rendono più difficile intervenire tempestivamente in caso di incidenti, attacchi informatici o frodi. È quindi essenziale che gli operatori potenzino i sistemi informativi e le misure di prevenzione. Allo stesso tempo, i consumatori devono adottare comportamenti prudenti e consapevoli.

Per rispondere ai rischi tecnologici, la UE ha introdotto il regolamento sulla resilienza operativa digitale del settore finanziario (DORA), che rafforza la sorveglianza sui fornitori di servizi tecnologici, la gestione dei rischi aziendali e i test sulla capacità di resistere agli attacchi.

La Banca d'Italia ha intensificato la sua azione su questo fronte. Lo scorso dicembre abbiamo chiesto agli intermediari di valutare i propri sistemi di gestione dei rischi informatici, con particolare attenzione alla prevenzione delle violazioni della riservatezza dei dati sia per attacchi esterni, sia per accessi interni non autorizzati. Abbiamo inoltre richiamato l'attenzione sugli aspetti applicativi del regolamento DORA48.

A livello internazionale49 operiamo per rafforzare l'affidabilità delle infrastrutture di pagamento e di mercato, anche armonizzando gli schemi di segnalazione degli incidenti e la gestione del rischio delle terze parti. Durante la Presidenza italiana del G7 abbiamo promosso un approfondimento sui rischi delle nuove tecnologie quali l'intelligenza artificiale e i computer quantistici.

Criptoattività e strumenti digitali

La diffusione delle criptoattività richiede attenzione da parte delle autorità, anche per il loro esteso utilizzo a fini illeciti.

Finora, le irregolarità e i fallimenti che hanno coinvolto operatori e mercati delle criptoattività hanno avuto impatti limitati sul sistema finanziario, grazie alla separazione tra i due ambiti.

Tuttavia, la situazione sta evolvendo in modo diverso nei vari paesi, sollevando questioni complesse.

In Europa la revisione del regolamento sui requisiti di capitale ha introdotto un regime transitorio per la detenzione di criptoattività da parte delle banche, che riflette lo spirito dello standard definito dal Comitato di Basilea50. Inoltre, con il regolamento sui mercati delle criptoattività (MiCAR), il legislatore europeo ha scoraggiato lo sviluppo di criptoattività speculative, privilegiando la tutela dei detentori51.

Insieme alla Consob, abbiamo avviato contatti con gli operatori interessati a offrire servizi sulle criptoattività52. Il compito della Banca d'Italia è garantire che tali soggetti dispongano di presidi adeguati per gestire i rischi strategici, operativi e finanziari, nonché quelli legati al riciclaggio e all'elusione delle sanzioni internazionali53.

Negli Stati Uniti, in assenza di una legislazione specifica54, le autorità di supervisione dei mercati negli anni scorsi sono intervenute per limitare gli sviluppi più rischiosi, pur lasciando aperta la possibilità di integrare le criptoattività nel sistema finanziario55. La nuova amministrazione è invece orientata a sostenere la diffusione delle criptoattività 56.

Le divergenze normative tra Stati Uniti ed Europa andranno attentamente valutate, una volta che gli orientamenti delle autorità americane saranno definiti, per comprenderne gli effetti a livello internazionale. In questo campo gli arbitraggi normativi possono risultare particolarmente insidiosi e difficili da contrastare: alcuni operatori potrebbero sfruttare le differenze regolamentari per adottare pratiche opache o altamente rischiose, con possibili conseguenze sui risparmiatori e sull'integrità del sistema finanziario.

Ma i rischi legati alle criptoattività non derivano soltanto dalle divergenze normative. Non si può escludere che una o più criptoattività, incluse quelle con caratteristiche di moneta elettronica, vengano emesse da giganti tecnologici e inizino a diffondersi in Europa57.

Se questi mezzi di pagamento privati, facilmente integrabili in piattaforme commerciali con miliardi di utenti, dovessero diffondersi ampiamente, le conseguenze potrebbero essere rilevanti58.

Le banche commerciali rischierebbero di perdere una parte importante delle loro funzioni. Nel dibattito pubblico si sostiene a volte che l'introduzione dell'euro digitale comporterebbe questo rischio, ignorando che la vera minaccia proviene dalle criptoattività, per le quali - a differenza dell'euro digitale - non sono previsti limiti alla detenzione da parte dei risparmiatori 59.

Inoltre le banche centrali, responsabili del buon funzionamento del sistema dei pagamenti, si troverebbero a operare in un contesto in cui pochi soggetti privati, magari esteri, avrebbero un ruolo così rilevante da compromettere la stabilità del sistema in caso di incidenti.

I rischi per il sistema dei pagamenti e i mercati finanziari sarebbero dunque considerevoli.

Conclusioni

L'uscita dalla fase di alta inflazione sta avvenendo con costi economici nel complesso contenuti. L'economia globale continua a espandersi, seppur con ritmi moderati in una prospettiva storica. I mercati e gli intermediari finanziari sembrano avere anch'essi assorbito i terribili shock degli ultimi anni.

Ma i rischi per l'economia mondiale non sono svaniti.

Gli elementi di maggiore preoccupazione provengono ancora dalle tensioni geopolitiche. Non solo perché stanno frammentando le filiere produttive, compromettendo l'efficienza del sistema economico globale, ma perché mettono a repentaglio l'architettura multilaterale e l'integrazione tra paesi in direzioni difficili da prevedere.

L'incertezza derivante dalle politiche commerciali statunitensi sta condizionando gli scambi internazionali, gli investimenti e la crescita. Occorre affrontarla affermando le posizioni europee attraverso il dialogo e la negoziazione, evitando contrapposizioni che potrebbero generare nuove dispute e nuove fratture.

L'Europa sta subendo questi sconvolgimenti, tardando a maturare una convinta risposta comune.

L'affanno della sua economia contrasta con la vivacità di quella statunitense. Questa divaricazione va oltre la fase congiunturale: segnala una difficoltà europea più profonda, di cui il ritardo digitale è forse l'aspetto più evidente. La debolezza degli investimenti a fronte degli elevati tassi di risparmio è il sintomo del malessere europeo.

Questa situazione non è un destino ineluttabile. Per superarla occorre la consapevolezza che una risposta europea comune può permetterci di affrontare con successo le difficoltà attuali.

La Bussola per la competitività - il programma della Commissione europea per la legislatura - individua correttamente tre obiettivi: innovazione, decarbonizzazione e autonomia strategica.

Per raggiungerli e per costruire un'economia capace di crescere e competere saranno necessarie risorse ingenti, superiori a quelle del bilancio comunitario. Occorreranno investimenti comuni, nell'ambito di un patto europeo per la produttività, finanziati anche con l'emissione regolare di titoli da parte della UE.

L'Italia ha dimostrato di saper reagire alle crisi, e non può accontentarsi di una crescita modesta. Il Piano nazionale di ripresa e resilienza è una leva straordinaria per gli investimenti e le riforme. Va attuato con determinazione ed efficacia. Il risanamento dei conti pubblici, la produttività e l'innovazione sono le priorità per garantire stabilità e sviluppo.

L'Europa e l'Italia hanno un sistema produttivo d'eccellenza, nonostante le difficoltà contingenti; possono contare su un capitale umano ampio e diffuso e talenti straordinari; dispongono di risorse finanziarie in abbondanza, pronte a sostenere nuovi investimenti e a finanziare la crescita. Possono costruire il proprio futuro con scelte coraggiose, visione e unità d'intenti.

Si tratta ora - e non è compito facile - di agire, con lucidità e ambizione, per un'economia più forte, competitiva e inclusiva.

APPENDICE

Figura A.1

Tasso di cambio effettivo del dollaro e tassi di interesse negli Stati Uniti

(indice: 1° nov. 2024=100 e valori percentuali)

indice: 1° nov. 2024=100 e valori percentuali

Fonte: elaborazioni su dati S&P e LSEG.

(1) Un aumento corrisponde a un apprezzamento del dollaro. − (2) Scala di destra.

Figura A.2

Importazioni degli Stati Uniti da diversi paesi: quota di valore aggiunto proveniente dalla Cina sul totale

(valori percentuali)

valori percentuali

Fonte: F.P. Conteduca, S. Giglioli, C. Giordano, M. Mancini e L. Panon, 2024, op.cit. e M.G. Attinasi et al., 2024, op. cit.

Figura A.3

Quota delle merci cinesi nelle importazioni delle principali aree economiche mondiali

(valori percentuali)

valori percentuali

Fonte: elaborazioni su dati Trade Data Monitor.

(1) Per il 2024 valori provvisori (ultimo dato: ottobre 2024). Per l'area dell'euro sono escluse le importazioni intra-area.

Figura A.4

Fiducia dei consumatori nell'area dell'euro e contributi delle componenti

(saldi percentuali in deviazione dalla media)

saldi percentuali in deviazione dalla media

Fonte: elaborazioni su dati della Commissione europea.

Figura A.5

Esportazioni e importazioni dell'area dell'euro

(variazioni percentuali sull'anno)

variazioni percentuali sull'anno

Fonte: BCE ed Eurostat.

(1) I dati del 2024 si riferiscono alle proiezioni di dicembre 2024 dell'Eurosistema.

Figura A.6

Inflazione nell'area dell'euro

(variazioni percentuali)

variazioni percentuali

Fonte: elaborazioni su dati BCE ed Eurostat.

(1) Variazioni sui 3 mesi annualizzate calcolate usando dati destagionalizzati.

Figura A.7

Crescita del PIL in Italia e contributi delle componenti

(variazioni percentuali sul trimestre precedente)

variazioni percentuali sul trimestre precedente

Fonte: elaborazioni su dati Istat.

(1) L'ultimo dato disponibile per i contributi delle componenti corrisponde al 3° trimestre del 2024.

Figura A.8

Retribuzioni contrattuali orarie reali in Italia

(indice: gennaio 2021=100)

indice: gennaio 2021=100

Fonte: elaborazioni su dati Istat.

(1) L'indice delle retribuzioni contrattuali orarie, prodotto dall'Istat, è calcolato sulla base dei minimi tabellari previsti negli accordi collettivi nazionali di lavoro più rappresentativi all'interno di ogni settore di attività considerato. La figura riporta l'andamento di tale indice in termini reali, ossia al netto dell'inflazione al consumo misurata dall'indice armonizzato dei prezzi al consumo (IPCA).

Figura A.9

Posizione netta sull'estero dei principali paesi dell'area dell'euro nel 2013 e nel 2° trimestre 2024

(in percentuale del PIL)

in percentuale del PIL

Fonte: BCE.

(1) Scala di destra.

Figura A.10

Prestiti a famiglie e società non finanziarie

(variazioni percentuali sui 3 e sui 12 mesi)

variazioni percentuali sui 3 e sui 12 mesi

Fonte: elaborazioni su dati Banca d'Italia.

Figura A.11

Condizioni di accesso al credito delle imprese

(valori percentuali)

valori percentuali

Fonte: Banca d'Italia (Indagine sulle aspettative di inflazione e crescita) e Istat (Indagini sulla fiducia delle imprese).

(1) Percentuale netta di imprese che riportano difficoltà di accesso al credito. − (2) Riferito alle sole imprese manifatturiere.

Figura A.12

Consistenze e flussi dei prestiti assistiti da garanzia pubblica

(miliardi di euro)

miliardi di euro

Fonte: elaborazioni su dati AnaCredit.


Note

  1. 1 T.R. Cook, M. Dzholos e J. Matschke, Did importers try to front-run recent tariffs on China?, in Federal Reserve Bank of Kansas City, Economic Bulletin, 17 gennaio 2025.
  2. 2 FMI, World Economic Outlook Update, gennaio 2025. Le previsioni dell'FMI e quelle formulate dagli esperti dell'Eurosistema (BCE, Eurosystem staff macroeconomic projections, dicembre 2024), non tengono conto dell'impatto di un possibile aumento dei dazi da parte degli Stati Uniti.
  3. 3 F. Panetta, Il futuro dell'economia europea tra rischi geopolitici e frammentazione globale, lectio magistralis tenuta in occasione del conferimento della laurea honoris causa in Scienze giuridiche, banca e finanza presso l'Università degli Studi di Roma Tre, Roma, 23 aprile 2024.
  4. 4 S. Aiyar, D. Malacrino e A.F. Presbitero, Investing in friends: the role of geopolitical alignment in FDI flows, "European Journal of Political Economy", 83, 2024.
  5. 5 F.P. Conteduca, S. Giglioli, C. Giordano, M. Mancini e L. Panon, Trade fragmentation unveiled: five facts on the reconfiguration of global, US and EU trade, Banca d'Italia, Questioni di economia e finanza, 881, 2024.
  6. 6 I produttori di automobili cinesi stanno costruendo fabbriche in Turchia che potrebbero servire anche il mercato europeo, sfruttando l'accordo doganale tra la UE e la Turchia. Le aziende cinesi hanno inoltre annunciato la creazione di nuovi impianti in Ungheria.
  7. 7 M.G. Attinasi, L. Boeckelmann e B. Meunier, The economic costs of supply chain decoupling, European Central Bank, Working Paper Series, 2839, 2023; G. Felbermayr, H. Mahlkow e A. Sandkamp, Cutting through the value chain: the long-run effects of decoupling the East from the West, "Empirica", 50, 2023, pp. 75-108; B. Javorcik, L. Kitzmüller, H. Schweiger e M.A. Yıldırım, Economic costs of friendshoring, "The World Economy", 47, 7, 2024, pp. 2871-2908.
  8. 8 C. Clayton, M. Maggiori e J. Schreger, A theory of economic coercion and fragmentation, BIS Working Papers, 1224, 2024; A. Mattoo, M. Ruta, R.W. Staiger, Geopolitics and the world trading system, NBER Working Paper, 33293, 2024.
  9. 9 In base agli annunci pre-elettorali, i dazi salirebbero a valori tra il 10 e il 20 per cento (dall'attuale 2). Quelli sui prodotti cinesi salirebbero al 60 per cento, dall'attuale 15. Dopo il suo insediamento, l'amministrazione degli Stati Uniti ha approvato dazi aggiuntivi del 25 per cento verso Canada e Messico e del 10 verso la Cina. Le misure nei confronti di Canada e Messico sono state poi sospese. Restano in vigore quelle sulle importazioni dalla Cina, che ha risposto con nuovi dazi sulle sue importazioni dagli Stati Uniti e con vincoli sulle sue esportazioni di materie prime.
  10. 10 Queste stime si basano sull'ipotesi di un innalzamento dei dazi statunitensi al 60 per cento nei confronti della Cina e al 20 per cento nei confronti degli altri paesi. Se i dazi si limitassero alle misure contenute nei primi provvedimenti presidenziali nei confronti di Canada, Messico e Cina, l'impatto sarebbe più contenuto: intorno a mezzo punto percentuale di minore crescita globale in caso di ritorsione da parte dei partner commerciali. La contrazione negli Stati Uniti sarebbe di 1-2 punti percentuali, mentre gli impatti sull'area dell'euro sarebbero pressoché nulli.
  11. 11 La riduzione dei prezzi delle esportazioni cinesi non è stata uniforme tra i mercati di sbocco: secondo le stime pubblicate nel World Trade Monitor del CPB Netherlands Bureau for Economic Policy Analysis, il valore medio unitario in euro dei beni esportati dalla Cina sarebbe sceso, a livello globale, del 18 per cento tra gennaio 2023 e ottobre 2024. Secondo l'Eurostat, nello stesso periodo i prezzi dei beni cinesi destinati all'area dell'euro sarebbero diminuiti dell'11 per cento.
  12. 12 Gli effetti indiretti legati al reindirizzamento, da parte dei paesi esportatori, delle merci soggette ai dazi statunitensi sono compresi nelle stime illustrate nel testo. Essi sono tuttavia di difficile quantificazione, e potrebbero rivelarsi maggiori del previsto.
  13. 13 La guerra commerciale avviata dalle misure protezionistiche dello Smoot-Hawley Act del 1930 contribuì ad aggravare la Grande Depressione; cfr. R.S. Grossman e C.M. Meissner, International aspects of the Great Depression and the crisis of 2007: similarities, differences, and lessons, "Oxford Review of Economic Policy", 26, 3, 2010, pp. 318-338; F. Perri e V. Quadrini, The Great Depression in Italy: trade restrictions and real wage rigidities, "Review of Economic Dynamics", 5, 1, 2002, pp. 128-151.
  14. 14 Nella bilancia dei pagamenti, il disavanzo delle partite correnti coincide con l'indebitamento netto verso l'estero di un'economia, al netto di discrepanze statistiche. Il saldo di conto corrente può essere interpretato come il riflesso delle decisioni di risparmio e investimento dei settori residenti. Un suo miglioramento - corrispondente a una riduzione del disavanzo - deve trovare compensazione in un aumento del risparmio o in una flessione degli investimenti; cfr. M. Obstfeld e K. Rogoff, The six major puzzles in international macroeconomics: is there a common cause?, in B.S. Bernanke e K. Rogoff (a cura di), NBER Macroeconomics Annual 2000, Cambridge, MA, The MIT Press, 2001, pp. 339-412.
  15. 15 In alcuni scenari di frammentazione estremi, l'impatto dei dazi potrebbe arrivare a causare una contrazione del 6 per cento del PIL globale; cfr. M.G. Attinasi et al., Navigating a fragmenting global trading system: insights for central banks, European Central Bank, Occasional Paper Series, 365, 2024.
  16. 16 A. Bobasu, J. Gareis e G. Stoevsky, Le determinanti dell'elevato tasso di risparmio delle famiglie nell'area dell'euro, in BCE, Bollettino economico, 8, 2024, pp. 63-68.
  17. 17 Gli investimenti produttivi sono calcolati come differenza tra gli investimenti fissi lordi e gli investimenti in abitazioni; sono misurati al netto delle oscillazioni temporanee indotte dallo spostamento fra paesi di brevetti e marchi delle multinazionali localizzate in Irlanda.
  18. 18 La stima si riferisce alle recenti proiezioni dell'Eurosistema; cfr. BCE, Eurosystem staff macroeconomic projections, dicembre 2024.
  19. 19 Il settore dell'auto rappresenta il 9 per cento del valore aggiunto della manifattura nell'area euro e il 16 in Germania. A ogni addetto nel settore automobilistico corrispondono, nel totale delle attività stimate della filiera, 1,8 in Italia e in Spagna e 1,6 in Francia e in Germania; cfr. A. Orame, G. Cariola e G. Viggiano, Il settore automobilistico italiano nella transizione verde: evidenze empiriche e valutazioni degli addetti ai lavori, Banca d'Italia, Questioni di economia e finanza, in corso di pubblicazione.
  20. 20 Nel 2023 la quota delle esportazioni dell'area dell'euro sui mercati mondiali (esterni all'area stessa) era pari al 15,0 per cento per i beni, oltre 6 punti percentuali in più rispetto agli Stati Uniti.
  21. 21 F. Panetta, Un patto europeo per la produttività, intervento al XX Foro di dialogo Spagna-Italia (AREL-CEOE-SBEES), Barcellona, 3 dicembre 2024.
  22. 22 F. Panetta, Un patto europeo per la produttività, 2024, op. cit.
  23. 23 F. Panetta, Il futuro dell'economia europea tra rischi geopolitici e frammentazione globale, aprile 2024, op. cit.; M. Draghi, The future of European competitiveness, settembre 2024; E. Letta, Much more than a market: speed, security, solidarity. Empowering the Single Market to deliver a sustainable future and prosperity for all EU Citizens, aprile 2024.
  24. 24 Il cosiddetto effetto di base è l'impatto temporaneo sulla misurazione dell'inflazione derivante da variazioni dei prezzi nel periodo iniziale (base) rispetto al quale l'inflazione è calcolata.
  25. 25 L'inflazione di fondo esclude i prodotti energetici e alimentari, caratterizzati da elevata volatilità.
  26. 26 F. Panetta, Monetary policy after a perfect storm: festina lente, intervento alla 3a Conferenza internazionale di politica monetaria organizzata dalla Banca di Finlandia Monetary policy in low and high inflation environments, Helsinki, 26 giugno 2024; F. Corsello e S. Neri, "Catch me if you can": fast-movers and late-comers in euro area inflation, SUERF Policy Brief, 1070, gennaio 2025.
  27. 27 Le stime del tasso neutrale si situano generalmente intorno al 2 per cento in termini nominali; cfr. C. Brand, N. Lisack e F. Mazelis, Natural rate estimates for the euro area: insights, uncertainties and shortcomings, BCE, Economic Bulletin, 1, 2025, pp. 73-78.
  28. 28 F. Panetta, Back to the future: forward-looking considerations on monetary policy normalization, intervento all'Università Bocconi, Milano, 19 novembre 2024.
  29. 29 M. Novik, I. Smith e D. Keohane, Japanese investors dump Eurozone bonds at fastest pace in a decade, "Financial Times", 26 gennaio 2025.
  30. 30 Le recenti negoziazioni nella manifattura tedesca si sono concluse con incrementi moderati nella metallurgia e un calo delle retribuzioni nel gruppo automobilistico Volkswagen.
  31. 31 Secondo molti analisti la domanda di petrolio da parte della Cina avrebbe raggiunto il picco e diminuirebbe nei prossimi anni, per via del rapido ampliamento della capacità energetica prodotta da fonti rinnovabili.
  32. 32 Anche gli investimenti in edilizia residenziale hanno dato un contributo negativo, determinato soprattutto dal ridimensionamento degli incentivi molto generosi concessi in passato per la riqualificazione degli immobili, insostenibili per le finanze pubbliche.
  33. 33 Nonostante le difficoltà recenti, le esportazioni superano quelle del 2019 di circa il 10 per cento, mentre il saldo delle partite correnti è tornato ampiamente positivo. Nel tempo, la diversificazione geografica e settoriale e i guadagni di competitività di costo hanno permesso alle imprese italiane di assorbire gli shock che hanno colpito alcuni comparti, come quelli ad alta intensità energetica, e specifici mercati, come il Regno Unito e la Russia.
  34. 34 Nonostante le incertezze sulle politiche commerciali internazionali, nelle più recenti indagini della Banca d'Italia presso le imprese rimane comunque prevalente la quota di aziende che prevede un'espansione degli investimenti nella prima metà del 2025.
  35. 35 F. Panetta, Considerazioni finali del Governatore, 31 maggio 2024 e F. Panetta, Se non siamo alla ricerca dell'essenziale, allora cosa cerchiamo?, 45a edizione del Meeting per l'amicizia tra i popoli, Rimini, 21 agosto 2024.
  36. 36 F. Panetta, Sviluppi economici e politica monetaria nell'area dell'euro, intervento al 30° Congresso Assiom Forex, Genova, 10 febbraio 2024.
  37. 37 In particolare, è stato ridotto a 160 miliardi l'ammontare massimo di garanzie che possono essere concesse dal fondo per favorire l'accesso al credito da parte delle piccole e medie imprese (erano 225 miliardi nel 2023 e 200 nel 2024); nel quinquennio 2015-19 le garanzie concesse dal fondo ammontavano a 60 miliardi. Inoltre, pur prorogando per il 2025 un regime ancora favorevole rispetto a quello in vigore prima della crisi pandemica, sono stati apportati alcuni correttivi volti a scoraggiare un eccessivo ricorso alla garanzia pubblica; cfr. F. Panetta, 1924-2024. Cento anni di cultura del risparmio, intervento alla Giornata Mondiale del Risparmio, Roma, 31 ottobre 2024.
  38. 38 In condizioni normali i depositi a vista costituiscono una forma di raccolta relativamente stabile. Tuttavia, in situazioni di forte tensione, possono rappresentare un elemento di vulnerabilità.
  39. 39 A giugno scorso l'ammontare dei certificates emessi dalle banche era pari a 84 miliardi, 56 dei quali detenuti da famiglie.
  40. 40 I proventi dei certificates sono trattati fiscalmente come plusvalenze (redditi diversi) e non come dividendi o interessi (redditi di capitale). Possono pertanto essere compensati con minusvalenze su altri titoli, al contrario di quanto accade per i redditi di capitale. Se un investitore ha realizzato minusvalenze su altri investimenti è incentivato quindi a sottoscrivere certificates perché sui relativi proventi non pagherà imposte, potendo compensarli con le minusvalenze.
  41. 41 Le attività sottostanti sono rappresentate da tassi di interesse, indici di borsa o materie prime.
  42. 42 Banca d'Italia, Il potere di intervento della Banca d'Italia sugli strumenti finanziari: valutazione periodica dei rischi per la stabilità finanziaria, comunicati stampa del 26 aprile 2022, 21 aprile 2023 e 24 aprile 2024 e Banca d'Italia, Rapporto sulla stabilità finanziaria, 2, 2024.
  43. 43 Anche trascurando i possibili effetti negativi sulla concorrenza, le grandi banche possono acquisire una rilevanza sistemica al punto di rendere rischioso per l'economia un loro eventuale fallimento. Di conseguenza, esse potrebbero beneficiare di un'implicita garanzia di intervento pubblico in caso di dissesto (un fenomeno noto come too-big-to-fail). Lo strumento della risoluzione mira a risolvere questo problema, ma la sua applicazione non è agevole. Le grandi banche risentono inoltre dei costi di un'elevata complessità, che potrebbe limitare la loro efficienza e complicare ulteriormente un'eventuale risoluzione; cfr. D. Amel, C. Barnes, F. Panetta e C. Salleo, Consolidation and efficiency in the financial sector: a review of the international evidence, "Journal of Banking and Finance", 28, 2004, pp. 2493-2519.
  44. 44 Oltre alla Banca d'Italia, le operazioni di concentrazione possono coinvolgere il Meccanismo di vigilanza unico (Single Supervisory Mechanism, SSM), nel cui Consiglio di supervisione siede la Banca d'Italia, se l'operazione riguarda banche significative o se comunque richiede il rilascio di un'autorizzazione all'acquisto di partecipazioni qualificate; l'Ivass, se sono interessate, anche indirettamente, compagnie di assicurazione; la Consob, quando l'operazione è condotta attraverso un'offerta pubblica di acquisto o scambio; le autorità di supervisione estere, se sono coinvolti intermediari non italiani; l'Autorità garante della concorrenza e del mercato. Inoltre, se le operazioni interessano società italiane che detengono beni e rapporti di rilevanza strategica, il Governo ha la facoltà di esercitare poteri speciali volti a evitare rischi per gli interessi nazionali (il cosiddetto golden power).
  45. 45 Esempi recenti sono il caso Crowdstrike della scorsa estate, con ripercussioni a livello mondiale anche se relativamente limitate, e l'incidente che ha provocato la rottura di alcuni cavi per la trasmissione dati della società Worldline. Quest'ultimo ha causato rallentamenti e interruzioni nell'esecuzione dei pagamenti al dettaglio in Italia.
  46. 46 Secondo l'FMI dal 2004 gli eventi malevoli hanno comportato per il settore finanziario perdite dirette per 12 miliardi di dollari, dei quali oltre un quinto nel quadriennio 2020-23 (FMI, Global Financial Stability Report, aprile 2024). Il valore è verosimilmente sottostimato perché le vittime di attacchi cibernetici, per contenere danni alla propria reputazione, potrebbero denunciare impatti minori di quelli reali.
  47. 47 Ad esempio, i tempi di regolamento delle transazioni in titoli sono passati da due a un giorno in importanti paesi come Cina, India e più recentemente Stati Uniti, Canada e Messico. Altrove il processo di riduzione dei tempi di regolamento è in corso di realizzazione (Regno Unito e Svizzera) o di studio, come nella UE. Un altro esempio di aumento della velocità delle transazioni finanziarie è quello dei pagamenti istantanei, che consentono il regolamento in tempo reale dei pagamenti al dettaglio.
  48. 48 I temi sollevati includono la collocazione della funzione di controllo dei rischi informatici; le modalità di segnalazione degli incidenti informatici e delle minacce significative; lo svolgimento di test di sicurezza cibernetica basati sulla metodologia europea TIBER-EU (cfr. Banca d'Italia, Regolamento (UE) 2022/2554 del Parlamento europeo e del Consiglio del 14 dicembre 2022 relativo alla resilienza operativa digitale per il settore finanziario (Regolamento DORA), comunicazione del 30 dicembre 2024). La Banca d'Italia è inoltre impegnata - con il Ministero dell'economia e delle finanze, l'Agenzia per la cybersicurezza nazionale e le altre autorità di settore (Consob, Covip e Ivass) - ad applicare in modo coordinato DORA e altre norme comunitarie.
  49. 49 In ambito finanziario, le principali sedi della cooperazione internazionale includono la Banca dei regolamenti internazionali, la Iosco, l'Eurosistema, il G7 e il G20.
  50. 50 Il Comitato di Basilea ha approvato uno standard sul trattamento prudenziale delle criptoattività detenute dalle banche. Esso prevede requisiti di capitale simili a quelli delle attività sottostanti per i tokens che costituiscono rappresentazioni digitali di attività tradizionali e per quelli il cui valore è ancorato stabilmente a un'attività sottostante. I requisiti diventano significativamente più elevati per le altre critptoattività.
  51. 51 La Banca d'Italia ha indicato che, tra gli strumenti previsti dalla MiCAR, solo i tokens di moneta elettronica (electronic money tokens, EMT), il cui valore è ancorato a una singola valuta ufficiale, possono svolgere pienamente funzioni di pagamento; cfr. F. Panetta, Le banche e l'economia: credito, regolamentazione e crescita, intervento all'Assemblea degli associati dell'Associazione bancaria italiana, Roma, 9 luglio 2024; Banca d'Italia, Regolamento (UE) 2023/1114 relativo ai mercati delle criptoattività ("MiCAR"), comunicazione del 22 luglio 2024.
  52. 52 I crypto assets service providers (CASP) costituiscono una nuova classe di operatori introdotta da MiCAR, che offrono servizi quali custodia, compravendita e trasferimento di criptoattività.
  53. 53 Su questi temi i CASP possono già fare riferimento alle disposizioni che la Banca d'Italia ha di recente posto in consultazione (cfr. Banca d'Italia, Documento di consultazione sull'estensione delle Disposizioni in materia di adeguata verifica della clientela e delle Disposizioni in materia di organizzazione, procedure e controlli interni per il contrasto del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo ai prestatori di servizi per le cripto-attività, 15 gennaio 2025).
  54. 54 Il Financial Innovation and Technology for the 21st Century Act, presentato nel 2023, è stato approvato lo scorso anno dalla Camera dei rappresentanti ma non è mai divenuto legge. Il mercato delle criptoattività è stato finora regolato in base alla possibilità delle singole agenzie governative di ricondurre questi strumenti ad attività finanziarie tradizionali e dunque a norme già esistenti.
  55. 55 Ad esempio, negli Stati Uniti gli ETF su Bitcoin sono stati ammessi alla contrattazione dalla SEC nel gennaio 2024.
  56. 56 Strengthening American leadership in digital financial technology, provvedimento presidenziale emanato il 23 gennaio 2025.
  57. 57 Negli Stati Uniti strumenti di questo tipo sono già presenti sul mercato, sebbene finora non abbiano raggiunto un'adozione su larga scala. Ad esempio, l'operatore PayPal ha lanciato la criptoattività PayPal USD: si tratta di un token legato al dollaro statunitense, che può essere utilizzato per trasferimenti in denaro mediante l'applicazione di PayPal.
  58. 58 F. Panetta, Il costo di non emettere un euro digitale, intervento alla conferenza CEPR-BCE The macroeconomic implications of central bank digital currencies, Francoforte, 23 novembre 2023.
  59. 59 Per evitare che l'eventuale introduzione dell'euro digitale possa provocare deflussi eccessivi di depositi bancari, la BCE ha proposto di fissare un limite massimo all'ammontare di euro digitali che possono essere detenuti da ciascun risparmiatore; cfr. F. Panetta, Un euro digitale facile da usare e ampiamente disponibile, dichiarazione introduttiva alla Commissione per i problemi economici e monetari del Parlamento europeo, Bruxelles, 21 aprile 2023.

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