N. 32 - L'economia dell'UmbriaAggiornamento congiunturale

Nella prima parte del 2022 l'attività economica umbra ha continuato a crescere in misura sostenuta, favorita da una domanda robusta in tutti i principali settori. Secondo l'indicatore trimestrale dell'economia regionale (ITER) elaborato dalla Banca d'Italia, nel primo semestre dell'anno il PIL dell'Umbria è cresciuto del 5,5 per cento rispetto allo stesso periodo del 2021, in linea con l'andamento registrato a livello nazionale. Il progressivo deterioramento delle condizioni di offerta e l'inflazione eccezionalmente elevata hanno tuttavia peggiorato profondamente le aspettative di imprese e famiglie e rappresentano un forte freno al futuro sviluppo del prodotto regionale.

L'indagine condotta presso le imprese industriali e dei servizi ha evidenziato una significativa crescita del fatturato nei primi nove mesi dell'anno, anche per effetto del marcato incremento dei prezzi di vendita. Nella manifattura l'espansione dell'attività produttiva e quella del fatturato hanno interessato tutti i principali comparti; come nel 2021 le esportazioni sono cresciute più intensamente rispetto a quanto osservato nel Paese. L'edilizia ha beneficiato degli incentivi fiscali connessi con le attività di ristrutturazione, del buon andamento delle compravendite e dell'avanzamento dell'attività di ricostruzione post-terremoto. Il miglioramento della situazione sanitaria ha favorito soprattutto i servizi, in particolare quelli turistici. Le presenze sono tornate su livelli simili a quelli osservati nel 2019, anche grazie alla marcata ripresa della componente straniera. L'aeroporto regionale ha fatto registrare flussi di passeggeri mai raggiunti in precedenza.

Dopo il parziale recupero dello scorso anno, l'occupazione è rimasta pressoché stabile. All'aumento del numero di lavoratori dipendenti si è contrapposta una riduzione degli autonomi. La partecipazione al mercato del lavoro è rimasta bassa e si è riflessa in un calo del tasso di disoccupazione. Le attivazioni nette di contratti alle dipendenze hanno lievemente rallentato, in particolare nei mesi estivi. Si è ridotto il saldo delle posizioni a tempo determinato; quello dei contratti a tempo indeterminato si è invece ampliato, anche per effetto delle trasformazioni di impieghi già in essere. L'elevata inflazione non si è finora trasmessa ai salari, la cui crescita risulta moderata. L'erosione del potere di acquisto, seppur mitigata da alcune misure di supporto introdotte dal Governo, si è riflessa in un rallentamento dei consumi e dei depositi bancari delle famiglie.

I forti rincari dei beni energetici e di altri input produttivi e il permanere delle tensioni geopolitiche hanno deteriorato la fiducia di imprese e consumatori. I margini economici delle aziende si sono compressi a causa delle difficoltà di trasferire interamente sui listini i maggiori costi di produzione. La liquidità, pur rimanendo su livelli elevati, ha iniziato a risentire del crescente fabbisogno di circolante, soddisfatto dalle imprese manifatturiere di medie e grandi dimensioni anche attraverso un più ampio ricorso ai prestiti bancari.

L'accresciuta incertezza che caratterizza il contesto economico si è riflessa in un diffuso rinvio dei piani di investimento e, per le aziende più esposte ai rincari energetici, nella possibilità di sospensione parziale o totale dell'attività nei prossimi mesi. Pur in assenza di segnali di deterioramento della qualità del credito, la percezione di un maggior rischio prospettico si sta traducendo in un irrigidimento dei criteri di offerta applicati dalle banche ai nuovi prestiti, che interrompe una lunga fase accomodante.

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