N. 32 - L'economia dell'UmbriaAggiornamento congiunturale

Nella prima parte del 2020 l'economia umbra ha subito una contrazione molto marcata in connessione con gli effetti dell'epidemia di Covid-19. Nel terzo trimestre l'attività ha mostrato una ripresa, che ha consentito tuttavia un recupero molto parziale di quanto perso in primavera. Le stime più recenti formulate dalla Svimez per l'intero anno indicano un calo del PIL regionale di circa l'11 per cento, più marcato rispetto a quello previsto per l'Italia.

Nell'industria tutti i principali settori di specializzazione, con l'eccezione di quello alimentare, hanno evidenziato una diffusa flessione delle vendite. Ordini e fatturato hanno ripreso a crescere significativamente durante l'estate, senza tuttavia tornare ai livelli del 2019. I piani di investimento, deboli già all'inizio dell'anno, sono stati rivisti al ribasso da un'ampia quota di aziende. Il mutato contesto ha prodotto pesanti ricadute anche sull'edilizia, che in prospettiva potrebbe tuttavia trarre beneficio dai recenti provvedimenti di rafforzamento degli incentivi fiscali e di snellimento burocratico delle opere di ricostruzione post-terremoto. Nel terziario la crisi dei consumi ha colpito in misura severa i servizi di alloggio e ristorazione e il commercio al dettaglio non alimentare. Le perdite di flussi turistici accumulate nei mesi di restrizioni alla mobilità e di distanziamento sociale sono state solo in piccola parte compensate dalla forte crescita di visitatori italiani registrata in agosto.

Le condizioni reddituali del sistema produttivo umbro sono peggiorate per effetto del ridimensionamento dei ricavi, da cui è derivato anche un ingente fabbisogno di liquidità. L'accresciuta domanda di finanziamenti da parte delle imprese, soprattutto di quelle di piccole dimensioni, è stata soddisfatta dal sistema bancario a condizioni rese più favorevoli dalle misure espansive di politica monetaria e dagli interventi governativi. Ai provvedimenti di sostegno delle autorità, incluse quelle di vigilanza, è riconducibile anche il mantenimento su livelli contenuti del flusso dei crediti deteriorati. 

La contrazione dell'attività produttiva ha determinato un brusco calo delle ore lavorate e delle attivazioni di contratti a termine, in special modo nei servizi e tra i giovani. L'impatto sull'occupazione è stato attenuato dal blocco dei licenziamenti e dal massiccio ricorso alle forme di integrazione salariale. Tali strumenti, insieme a quelli a supporto delle fasce più deboli della popolazione, hanno contribuito a un miglioramento nel periodo estivo del clima di fiducia delle famiglie. Queste ultime hanno comunque ridotto la domanda di credito, sia per l'acquisto di abitazioni sia per finanziare i consumi, e accresciuto la propensione al risparmio, verosimilmente anche per motivi precauzionali.

Le aspettative a breve termine formulate dagli operatori in settembre erano orientate alla prosecuzione della fase di modesto recupero dell'attività. Sulla ripresa grava tuttavia il forte grado di incertezza del contesto economico globale, condizionato dalla recente sfavorevole evoluzione della pandemia, che si riflette in una crescente prudenza da parte delle famiglie e delle imprese.

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