Bollettino Economico n. 4 - 2023

L'economia mondiale rallenta

Nel secondo trimestre la crescita è rimasta solida negli Stati Uniti, mentre il PIL ha frenato marcatamente in Cina, anche per effetto della crisi immobiliare. In estate l'attività economica globale ha decelerato: l'espansione nei servizi si è attenuata ed è proseguita la flessione del ciclo manifatturiero. Secondo le previsioni pubblicate in ottobre dall'FMI, il prodotto mondiale rallenterà nel biennio 2023-24. Le tensioni geopolitiche, accentuate dai recenti attacchi terroristici in Israele, pesano sull'evoluzione del quadro congiunturale globale. La debolezza dell'interscambio di merci grava sulle prospettive del commercio internazionale. Sono tornate a salire le quotazioni energetiche.

L'orientamento delle politiche monetarie rimane restrittivo negli Stati Uniti e nel Regno Unito

Nei mesi estivi l'inflazione di fondo è diminuita negli Stati Uniti e nel Regno Unito, pur rimanendo elevata. La Federal Reserve e la Bank of England, rispettivamente nelle riunioni di luglio e agosto, hanno aumentato di 25 punti base i propri tassi di riferimento, portandoli ai massimi dal biennio 2007-08 e lasciandoli invariati in settembre. L'orientamento della politica monetaria della Banca del Giappone è rimasto invece accomodante. Nel terzo trimestre si è verificato un inasprimento delle condizioni nei mercati finanziari internazionali, alimentato anche dalla revisione delle attese di un rapido allentamento della politica monetaria.

Nell'area dell'euro il ciclo economico resta debole e si riduce l'inflazione

Secondo nostre stime il ristagno del PIL nell'area dell'euro, in atto dallo scorcio del 2022, è proseguito anche nei mesi estivi. Vi hanno inciso le condizioni di finanziamento più rigide e gli effetti dell'alta inflazione sul potere d'acquisto delle famiglie. L'attività rimane fiacca nella manifattura e si indebolisce nei servizi; sono emersi segnali di raffreddamento nel mercato del lavoro. In settembre l'inflazione al consumo e quella di fondo sono scese al 4,3 e al 4,5 per cento, rispettivamente. Nelle proiezioni degli esperti della BCE la dinamica dei prezzi al consumo diminuirà marcatamente nel 2024 (al 3,2 per cento) e nel 2025 (al 2,1). Questo sentiero discendente è sostenuto dalla riduzione dell'inflazione delle voci più persistenti del paniere di beni e servizi.

La BCE ha proseguito nella fase di rialzo dei tassi ufficiali

In luglio e settembre il Consiglio direttivo della BCE ha aumentato di complessivi 50 punti base i tassi di interesse ufficiali. Il Consiglio attualmente ritiene che i tassi di riferimento abbiano raggiunto livelli che, se mantenuti per un periodo sufficientemente lungo, forniranno un contributo sostanziale al ritorno tempestivo dell'inflazione all'obiettivo del 2 per cento. Ha inoltre ribadito che intende reinvestire in modo flessibile, almeno sino alla fine del 2024, il capitale rimborsato sui titoli in scadenza nel quadro del programma di acquisto di titoli per l'emergenza pandemica (PEPP). Nell'area dell'euro il costo dei finanziamenti a imprese e famiglie è ulteriormente salito, riflettendo il rialzo dei tassi ufficiali; i rendimenti sui titoli pubblici decennali sono aumentati, così come i differenziali di quelli italiani con i corrispondenti titoli tedeschi.

In Italia la crescita è rimasta debole in estate

Secondo nostre valutazioni, dopo la diminuzione del secondo trimestre è proseguita la fase di debolezza dell'attività economica in Italia, estesa sia alla manifattura sia ai servizi. Gli indicatori confermano la fiacchezza della domanda interna, che riflette l'inasprimento delle condizioni di accesso al credito, l'erosione dei redditi delle famiglie dovuta all'inflazione e la perdita di vigore del mercato del lavoro. Le esportazioni risentono sia della scarsa vivacità della domanda mondiale, sia dell'attività economica nell'area dell'euro.

Continua a migliorare il saldo di conto corrente

Il saldo di conto corrente è tornato marginalmente positivo, grazie al calo del disavanzo energetico in primavera; gli investitori non residenti hanno manifestato un forte interesse per i titoli pubblici italiani. La posizione creditoria netta sull'estero è cresciuta. Prosegue il miglioramento del saldo debitorio di TARGET2.

L'occupazione rallenta, la dinamica salariale si rafforza e scendono i margini di profitto

Nel bimestre luglio-agosto il mercato del lavoro ha mostrato segnali di rallentamento: l'occupazione e il tasso di partecipazione sono rimasti sostanzialmente stabili. Si è rafforzata la dinamica delle retribuzioni nel settore privato non agricolo, ma le pressioni al rialzo provenienti dai rinnovi contrattuali appaiono nel complesso contenute. I margini di profitto sono diminuiti in tutti i settori.

L'inflazione risale lievemente per effetto dei rincari dei carburanti

Dopo il calo degli ultimi mesi, in settembre l'inflazione al consumo è leggermente cresciuta, risentendo dell'aumento delle quotazioni dei carburanti. L'inflazione di fondo è rimasta pressoché invariata, su un livello nettamente inferiore al massimo raggiunto in febbraio. Le famiglie e le imprese si attendono un allentamento delle pressioni inflazionistiche.

I prestiti bancari si riducono e aumenta il costo del credito

Tra maggio e agosto il credito a famiglie e imprese è nuovamente diminuito. La domanda di finanziamenti è frenata sia dall'aumento del costo dei prestiti sia dalle minori esigenze di liquidità per investimenti. Le indagini presso le banche evidenziano inoltre che il maggiore rischio percepito dagli intermediari e la minore disponibilità a tollerarlo continuano a contribuire a un irrigidimento delle politiche di concessione dei finanziamenti, indebolendone la dinamica. Gli intermediari si aspettano un ulteriore inasprimento dei criteri per la concessione del credito alle imprese. I nuovi crediti deteriorati si mantengono su livelli contenuti.

Secondo il Governo nel prossimo triennio il rapporto tra il debito e il PIL si ridurrebbe solo marginalmente

Secondo i nuovi obiettivi di finanza pubblica – aggiornati dal Governo alla fine di settembre – nel 2023 l'indebitamento netto e il debito in rapporto al PIL continuerebbero a diminuire e si collocherebbero rispettivamente al 5,3 e al 140,2 per cento. È programmata per il 2024 un'espansione del disavanzo rispetto al quadro a legislazione vigente di circa 0,7 punti percentuali del prodotto. L'indebitamento netto scenderebbe gradualmente nei prossimi anni, fino al 2,9 per cento del PIL nel 2026. L'incidenza del debito sul prodotto nel prossimo triennio segnerebbe una riduzione solo marginale, con rischi tendenzialmente al rialzo.

Il PIL rallenterebbe nel triennio 2023‑25 e l'inflazione scenderebbe marcatamente

Nello scenario di base del nostro quadro previsivo il PIL aumenterebbe dello 0,7 per cento quest'anno, dello 0,8 nel 2024 e dell'1,0 nel 2025. La crescita risentirebbe dell'inasprimento delle condizioni di finanziamento e della debolezza degli scambi internazionali; beneficerebbe invece degli effetti delle misure del PNRR e del graduale recupero del potere d'acquisto delle famiglie. L'inflazione si ridurrebbe al 2,4 per cento nel 2024 (dal 6,1 del 2023) e all'1,9 nel 2025. Il calo riflette il netto rallentamento dei prezzi all'importazione, determinato soprattutto dalla flessione in termini tendenziali dei corsi delle materie prime energetiche. L'inflazione di fondo scenderebbe al 2,3 per cento nel 2024 (dal 4,6 del 2023) e all'1,9 nel 2025, in linea con il progressivo svanire degli effetti dei passati rincari energetici e con il rallentamento della domanda interna.

I rischi per la crescita sono orientati al ribasso, quelli per l'inflazione sono bilanciati

L'acuirsi delle tensioni geopolitiche, il peggioramento dell'economia cinese e la maggiore rigidità delle condizioni di offerta del credito in Italia, così come nel complesso dell'area dell'euro, si configurano come rischi al ribasso per la crescita economica. I rischi per l'inflazione risultano invece bilanciati: quelli al rialzo sono connessi con un ulteriore rincaro delle materie prime e con una minore velocità di trasmissione della recente discesa dei costi di produzione; un deterioramento più marcato e persistente della domanda aggregata costituisce invece il principale rischio al ribasso.

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