N. 488 - Problemi della politica monetaria con informazione incompleta: la precisione degli indicatori e la determinatezza dell’equilibrio

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di Eugenio Gaiottimarzo 2004

Lo studio dell’assetto ottimo della politica monetaria in situazione di incertezza ha ricevuto una particolare attenzione negli ultimi anni. Secondo una diffusa opinione, è opportuno che la banca centrale, piuttosto che seguire regole semplificate di comportamento, manovri i suoi strumenti in modo da conseguire un obiettivo per i valori previsti di alcune variabili macroeconomiche, in particolare l’inflazione (forecast targeting), ottenuti facendo uso di tutta l’informazione e le tecniche disponibili. I diversi indicatori, come la moneta, il credito o le osservazioni dell’andamento corrente dell’inflazione e della produzione, dovrebbero essere tenuti in considerazione solo in proporzione al loro contributo alle proiezioni delle variabili di interesse. Negli ultimi anni, un’ampia letteratura teorica ha fornito una solida base formale a queste indicazioni, in un contesto di aspettative razionali e informazione parziale*.

Molte banche centrali, tra cui la BCE, affidano peraltro alle proiezioni macroeconomiche un ruolo importante, ma non esclusivo, come guida per le decisioni di politica monetaria. Questa scelta viene giustificata in base alle inevitabili limitazioni dell’affidabilità delle proiezioni, in particolare su orizzonti non brevi, e alle considerevoli imprecisioni nelle informazioni a disposizione delle banche centrali nella pratica giornaliera della politica monetaria.

Il lavoro studia, da una prospettiva teorica, le implicazioni della scarsa precisione delle informazioni disponibili per la praticabilità di regole di comportamento ottimali. Viene in particolare studiata la relazione tra precisione degli indicatori e determinatezza dell’equilibrio in un modello macroeconomico con aspettative razionali e informazione parziale. Le principali conclusioni sono le seguenti.

Quando le indicazioni sulle variabili endogene del modello (prodotto e inflazione) non sono abbastanza precise, esse possono indurre la banca centrale ad agire in modo troppo timido; il filtraggio efficiente delle informazioni implica infatti che si reagisca ad esse tanto più cautamente, quanto più sono imprecise. Una insufficiente reattività delle autorità monetarie, sebbene giustificata sulla base della scarsa qualità dell’informazione, può a sua volta condurre a situazioni in cui variazioni delle aspettative di inflazione non vengono contrastate con sufficiente determinazione e possono autorealizzarsi. In presenza di informazione molto imprecisa sulle variabili endogene, il modello può essere caratterizzato da indeterminatezza dell’equilibrio.

Il lavoro mostra che questa conclusione è possibile per un insieme di valori plausibili dei parametri del modello. Il lavoro mostra che, in questo caso, è ottimale per la banca centrale far ricorso a diversi criteri di comportamento, che incorporano ad esempio una reazione più diretta dei tassi di interesse all’andamento osservato dell’inflazione corrente (come la “regola di Taylor”) e, in generale, assegnino più peso alle variabili nominali. L’adozione di tali criteri permette di fornire all’economia un’ancora nominale e può risultare necessaria anche quando le autorità monetarie prendano in esame l’intero insieme di informazioni a loro disposizione.

La possibilità che informazioni imprecise conducano a un comportamento eccessivamente cauto è maggiore quando l’economia è soggetta contemporaneamente a diversi tipi di shock, come shock da costi, da domanda o variazioni delle componenti erratiche dell’inflazione, che complicano il problema di estrazione del segnale.

In un contesto di informazione poco affidabile, inoltre, il lavoro mostra che le caratteristiche del banchiere centrale sono importanti per garantire una sufficiente reazione all’inflazione. La nomina di un banchiere centrale particolarmente incline alla tutela della stabilità dei prezzi è utile, anche prescindendo da problemi di coerenza temporale, perché determina una risposta meno timida ai segni di inflazione o di deflazione, anche quando la difficoltà di interpretare gli indicatori spingerebbe a una maggiore cautela.

Infine, il lavoro suggerisce che la disponibilità di misurazioni affidabili delle variabili esogene del modello (come il livello del prodotto potenziale o del tasso di interesse ‘naturale’) può avere effetti controproducenti se induce le autorità monetarie a reagire in modo meno deciso alle osservazioni di inflazione e reddito correnti, aggravando il problema di indeterminatezza dell’equilibrio.

* In particolare, Svensson, L. E. O. e M. Woodford, Indicator variables for optimal policy, Journal of Monetary Economics, n. 3, 2003.