N. 80 - La riforma delle stazioni appaltanti. Ricerca della qualità e disciplina europea

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di Luigi Donatofebbraio 2016

La riforma della disciplina sugli appalti pubblici, prevista dalla recente legge delega per il recepimento delle nuove direttive “appalti e concessioni”, ha dato avvio a un ampio dibattito, orientato soprattutto dalle strategie di lotta alla corruzione, nell’ambito del quale è necessario prestare maggiore attenzione al ruolo più attivo e professionale da riservare alle stazioni appaltanti.

Secondo le direttive, infatti, le stazioni appaltanti sono chiamate a svolgere una funzione essenziale nel quadro di un progetto di ampia portata, che riconosce l’importanza degli appalti per una crescita economica e sociale integrata, per la realizzazione di un mercato improntato alla massima concorrenza, per l’offerta di servizi di qualità. La semplificazione normativa è promossa dal legislatore europeo quale strumento multitasking, volto ad accrescere i livelli di efficienza e ad assicurare, anche per questa strada, la piena legalità dell’azione amministrativa. Nell’eterna diatriba “regole versus discrezionalità” l’ago della bilancia tende a spostarsi verso la seconda: l’esperienza mostra come anche la complicazione delle norme, l’incertezza dell’individuazione a monte delle
esigenze pubbliche e la carenza delle progettazioni tecniche possano costituire un terreno fertile per la corruzione e per gli sprechi.

Il circuito virtuoso può avviarsi solo ove gli organi dell’amministrazione siano effettivamente all’altezza del compito loro attribuito: i punti chiave della riforma sono quindi lo sviluppo della professionalità delle stazioni appaltanti e l’introduzione di criteri di qualità, efficienza e trasparenza, superando l’attuale regime di regole e controlli di stampo burocratico ed autoritativo.

Nella prospettiva nazionale di recepimento, è previsto un sistema di prevenzione dai fenomeni di corruzione (active waste) e da incompetenza (passive waste) articolato su due livelli normativi: uno, di soft law, affidato all’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC) e uno, di autoregolamentazione sulla qualità dei processi, interno alle stesse stazioni appaltanti.

Questi sono i temi di fondo affrontati nel lavoro, che si sviluppa attraverso un’analisi d’insieme delle stazioni appaltanti italiane, il quadro normativo nazionale, le indicazioni della giurisprudenza, i principi organizzativi necessari per realizzare un sistema di qualità dell’attività di public procurement, il confronto internazionale, le prospettive offerte dal recepimento delle nuove direttive. Con la consapevolezza che, anche dopo la riforma, il vero banco di prova resterà costituito dall’assunzione piena di responsabilità per i risultati da parte delle stazioni appaltanti e da una maggiore apertura a livello internazionale.

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