N. 864 - La misurazione dell’economia sommersa attraverso l’approccio della domanda di circolanteUna reinterpretazione della metodologia con un’applicazione all’Italia

Go to the english version Cerca nel sito

di Guerino Ardizzi, Carmelo Petraglia, Massimiliano Piacenza e Gilberto Turatimaggio 2012

Il presente lavoro intende contribuire al dibattito sulla stima dell’economia sommersa proponendo una reinterpretazione del metodo noto come “Currency Demand Approach” (CDA). Questa tecnica di stima si basa sull’ipotesi che gli scambi al di fuori dell’economia regolare ricorrano in larga misura all’utilizzo del contante, al fine di evitarne la tracciabilità. Queste transazioni possono riferirsi sia ad attività legali, che vengono tenute nascoste principalmente per evitare il pagamento di imposte e contributi (economia sommersa), sia ad attività vietate dalla legge (economia illegale). 

Per migliorare l’individuazione dell’economia sommersa, lo studio introduce tre aspetti innovativi rispetto al metodo CDA originario. In primo luogo, invece di utilizzare una misura dello stock di liquidità (le banconote in circolazione), come variabile dipendente dell’equazione di domanda di circolante, viene adottata una misura diretta del valore delle transazioni effettuate in contanti, calcolata come rapporto tra il flusso di contante prelevato dal sistema bancario e postale e il totale dei pagamenti regolati con strumenti diversi dal contante.

In secondo luogo, vengono utilizzati indicatori diretti dell’evasione fiscale rilevata (es. irregolarità registrate attraverso le verifiche ispettive condotte dalla Guardia di Finanza), eliminando così la necessità di introdurre nel modello delle proxy sufficientemente esaustive delle diverse determinati dell’economia sommersa, quali ad esempio il livello della pressione fiscale, generalmente adottato nel CDA tradizionale.

Infine, la metodologia proposta in questo studio controlla anche per la presenza di transazioni irregolari di tipo illegale (relative alla prostituzione e al traffico di stupefacenti), che possono creare distorsioni nella stima della produzione sommersa collegata ad attività legali.

La nuova metodologia è applicata a un campione di 91 province italiane per il quadriennio 2005-2008. Dai risultati emerge un’incidenza media dell’economia sommersa e di quella illegale pari rispettivamente al 16,5 e al 10,9 per cento del PIL. Questa evidenza conferma che, trascurando la componente di scambi illegali, si rischia non solo di imputare erroneamente a comportamenti di evasione una parte di transazioni in contanti derivante invece da attività illecite, ma anche di sottostimare il valore complessivo dell’economia irregolare. Tuttavia, rivedere la stima dell’economia sommersa non implica automaticamente una pari revisione nel livello del PIL, che consegue da un articolato processo di combinazione e bilanciamento di un vasto insieme di indicatori della domanda e dell’offerta, tra cui le attività sommerse.

Testo della pubblicazione