N. 859 - La politica di bilancio ottimale quando gli agenti economici temono un ripudio del debito sovrano

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di Francesco Caprioli, Pietro Rizza e Pietro Tommasinoaprile 2012

A seguito della grave recessione mondiale del 2008-09, si è assistito a un significativo incremento del debito pubblico nella maggior parte dei paesi avanzati, a causa delle politiche discrezionali anticicliche e, soprattutto, degli effetti negativi della crisi sul prodotto e sulle entrate fiscali. Il dibattito di politica economica si è quindi concentrato sulla necessità di attuare politiche di riduzione del disavanzo e del debito.

Il lavoro propone un modello teorico in grado di giustificare tali politiche. In particolare, si considera una economia con un agente rappresentativo, un orizzonte temporale infinito e una autorità di politica di bilancio benevolente che non ripudia mai il proprio debito. I titoli pubblici durano un solo periodo e costituiscono l’unica attività finanziaria esistente. L’agente rappresentativo massimizza l’utilità attesa compiendo scelte intratemporali (tra lavoro e tempo libero) e intertemporali (tra consumo e risparmio). Il governo deve finanziare un flusso esogeno di spesa pubblica attraverso una tassa proporzionale sui redditi da lavoro, in modo da soddisfare il suo vincolo di bilancio intertemporale e massimizzare l’utilità attesa dell’agente rappresentativo.

La peculiarità del lavoro è che, sulla base di una ampia letteratura sviluppatasi a partire dagli anni ottanta, non assume aspettative razionali; più realisticamente, ipotizza che l’agente rappresentativo segua un processo di apprendimento, aggiornando nel tempo le proprie aspettative sulla base delle informazioni disponibili (convergendo nel lungo periodo al paradigma di aspettative razionali). In particolare, le aspettative sulla solvibilità del debito pubblico riflettono due ipotesi principali. In primo luogo, sebbene il governo onori sempre il suo debito, l’agente assegna una probabilità positiva alla possibilità che il debito sia ripudiato. In secondo luogo, tale timore irrazionale di un ripudio del debito è tanto maggiore quanto più alto è il livello del debito.

Nel lavoro si dimostra che, a fronte di un aumento esogeno del debito pubblico, la politica di bilancio ottimale prevede un percorso di rientro la cui rapidità è tanto maggiore quanto più alto è il livello del debito e il timore degli investitori. Se gli agenti temono che un debito pubblico elevato sia ripudiato, infatti, il tasso di interesse risulta eccessivamente alto, causando inefficienze e riducendo l’utilità. Per tale motivo, nonostante la riduzione del debito comporti una variazione nel tempo delle aliquote fiscali, politica che a sua volta ha dei costi in termini di efficienza e di utilità, un governo benevolente si impegnerà in una rapida riduzione del debito e del disavanzo, in modo da convincere quanto prima gli agenti della propria solvibilità.

Pubblicato nel 2011 in: Revue Economique, v. 62, 6, pp. 1031-1043