N. 839 - Gli effetti di shock fiscali incorporando le reazioni delle variabili di bilancio al debito pubblico in Italia

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di Francesco Caprioli e Sandro Momiglianonovembre 2011

Nel lavoro vengono misurati, per l’Italia, gli effetti macroeconomici di shock ad alcune voci del bilancio pubblico. A tal fine, si utilizza un modello vettoriale autoregressivo strutturale stimato su dati trimestrali per il periodo 1982-2010.

Il modello include due variabili finora non considerate nelle analisi empiriche per l’Italia e comunemente non utilizzate nella letteratura: il debito pubblico e la domanda estera. La presenza del debito pubblico consente di comprendere meglio la natura degli shock di bilancio, mostrando tra l’altro che essi conducono a un aumento solo temporaneo del debito. L’inclusione della domanda estera determina stime più accurate dei moltiplicatori di bilancio, data la sua rilevanza per la dinamica del prodotto.

Gli shock di bilancio esaminati tendono a riassorbirsi nell’arco di pochi trimestri.

Un aumento della spesa pubblica per consumi finali pari all’1 per cento del prodotto del settore privato induce un significativo aumento delle entrate nette (calcolate come differenza tra le entrate e le spese, escludendo i consumi finali, gli interessi e le spese per investimenti). Tale aumento persiste anche dopo il venir meno dello shock alla spesa, determinando il riassorbimento in 3 anni dell’aumento iniziale del debito.

Gli effetti sul prodotto del settore privato sono positivi e significativi per oltre 2 anni, con un picco pari a 0,45 punti percentuali nel quarto trimestre. Il moltiplicatore (ossia il rapporto tra gli effetti cumulati sul PIL e la maggiore spesa per consumi finali) raggiunge un valore massimo, pari a 2,7, dopo circa tre anni, per poi ridursi gradualmente.

Dinamiche analoghe si ottengono per le due principali componenti dei consumi finali: i redditi da lavoro e gli acquisti di beni e servizi; questi ultimi hanno un effetto maggiore sull’attività produttiva, in linea con i risultati di una ricerca precedente.

L’impatto sui prezzi è trascurabile, quello sui tassi di interesse è positivo. L’insieme dei risultati è robusto a varie specificazioni alternative del modello.

Restringendo l’analisi al periodo successivo al Trattato di Maastricht del 1992, il riassorbimento del debito è più rapido, i tassi d’interesse non aumentano e il moltiplicatore è più elevato. Indicazioni analoghe emergono da un’analisi basata su finestre temporali mobili.

Un aumento delle entrate nette pari all’1 per cento del prodotto ha un effetto depressivo sull’attività privata, che raggiunge 0,2 punti percentuali nel quarto trimestre. L’effetto è statisticamente significativo per circa un anno. Il moltiplicatore (ossia il rapporto tra gli effetti cumulati sul PIL e le maggiori entrate nette) è inferiore all’unità. Tali risultati sono meno robusti e stimati con minore precisione rispetto a quelli relativi a uno shock ai consumi finali.