N. 796 - La cartolarizzazione non è così male dopotutto

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di Ugo Albertazzi, Ginette Eramo, Leonardo Gambacorta e Carmelo Salleofebbraio 2011

È opinione diffusa che a livello internazionale il trasferimento del rischio di credito dalle banche agli investitori tramite le cartolarizzazioni dei prestiti (il cosiddetto modello di intermediazione originate to distribute, OTD) abbia indotto una diminuzione della qualità dei finanziamenti e in questo modo contribuito alla recente crisi finanziaria.

Tale ipotesi è corroborata da studi nel solo mercato dei mutui subprime negli Stati Uniti, che si caratterizza per una rischiosità particolarmente elevata.

Questo lavoro analizza il mercato dei mutui italiano, caratterizzato da rapporti loan-to-value contenuti e da una attenta vigilanza sull’erogazione dei prestiti e sulla loro cartolarizzazione.

Le informazioni analizzate comprendono più di un milione di mutui erogati tra il 1996 e il 2006 da circa cinquanta banche, un quinto dei quali cartolarizzati. Le caratteristiche dei singoli mutui sono state incrociate con quelle delle singole operazioni di cartolarizzazione (struttura per seniority dei titoli emessi dai veicoli; quota trattenuta dalla banca che ha originato il prestito; rating e rendimento corrisposto da tali titoli), al fine di effettuare un confronto rigoroso tra la rischiosità dei mutui cartolarizzati e quella dei finanziamenti che rimangono in carico alle banche.

I risultati indicano in primo luogo che le banche italiane hanno cartolarizzato mutui caratterizzati da “opacità” inferiore a quella media dei prestiti erogati, per i quali è meno probabile che l’intermediario disponga di informazioni privilegiate.

In secondo luogo, i mutui cartolarizzati mostrano una probabilità minore, di circa 3 punti percentuali, di entrare in sofferenza rispetto a quelli rimasti in carico alle banche. L’analisi suggerisce che a questo risultato hanno contribuito comportamenti degli intermediari miranti a "segnalare" la qualità degli attivi ceduti, in particolare tramite il riacquisto di una quota dei titoli emessi dai veicoli (soprattutto di quelli più rischiosi, la cosiddetta equity tranche). Si osserva infatti che tra i prestiti cartolarizzati quelli in cui una quota elevata dell'equity tranche viene trattenuta dall'originator registrano un minor tasso di ingresso in sofferenza; inoltre, nelle operazioni con questa caratteristica il rendimento corrisposto agli investitori risulta contenuto.

Due risultati, infine, suggeriscono l’operare anche di meccanismi reputazionali: il rendimento sui titoli garantiti dai prestiti cartolarizzati risulta significativamente inferiore (a parità di rating e risk retention) nelle operazioni effettuate da intermediari che al momento dell’emissione avevano già effettuato elevati volumi di cartolarizzazioni; la rischiosità dei mutui cartolarizzati si avvicina, nel tempo, a quella media, pur rimanendo significativamente inferiore.

Nell’insieme, questi risultati indicano che il modello originate-to-distribute può svilupparsi in modo efficiente in presenza di vincoli regolamentari adeguati e di una attività di supervisione che garantisca la necessaria trasparenza dei bilanci delle banche e delle caratteristiche delle operazioni di cartolarizzazione.

Pubblicato nel 2015 in: Journal of Monetary Economics, v. 71, pp. 33-49

Testo della pubblicazione