N. 776 - Misurazione dell’elasticità al prezzo della domanda di importazioni nei mercati di destinazione delle esportazioni italiane

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di Alberto Felettigh e Stefano Federicoottobre 2010

L’industria manifatturiera italiana si caratterizza, rispetto a quella di altre economie avanzate, per una quota relativamente elevata di produzioni in settori tradizionali, quali il tessile, l’abbigliamento, il cuoio, le calzature, i mobili e altri prodotti di arredamento. Secondo alcuni osservatori, questo modello di specializzazione sarebbe un fattore di debolezza per il sistema produttivo italiano, in quanto tali settori sarebbero caratterizzati da una domanda mondiale molto sensibile al prezzo e quindi più esposti alla concorrenza dei paesi emergenti. Altri osservatori notano invece che anche nei settori tradizionali vi sono numerose imprese che, nonostante la concorrenza di tali paesi, continuano ad avere un notevole potere di mercato.

Il presente lavoro contribuisce al dibattito sulla specializzazione produttiva, analizzando in che misura le esportazioni italiane sono effettivamente esposte a una domanda più sensibile al prezzo rispetto alle esportazioni degli altri maggiori paesi dell’area dell’euro (Francia, Germania e Spagna).

La metodologia applicata si basa sull’ipotesi, consolidata nella letteratura, che il paese da cui viene importato un bene possa costituire un elemento di differenziazione del prodotto (ipotesi di Armington). Si assume cioè che paesi differenti producano “varietà” differenti di uno stesso bene, e che per il consumatore queste varietà non siano perfettamente sostituibili tra di loro. È possibile stimare un parametro che, sotto alcune ipotesi, misura quanto di una varietà prodotta da un paese il consumatore sia disposto a scambiare con una varietà prodotta da un altro paese (la cosiddetta “elasticità di sostituzione tra le varietà importate”). Questo parametro costituisce anche un indicatore della sensibilità al prezzo della domanda per un determinato bene: più il consumatore ritiene che le varietà prodotte dai diversi paesi siano sostituibili l’una con l’altra, più la sua scelta sarà determinata dal solo differenziale di prezzo.

Il lavoro utilizza stime dell’elasticità di sostituzione tra le varietà importate in oltre 11 mila mercati (171 prodotti in 73 paesi importatori), che coprono l’85 per cento delle esportazioni italiane. Aggregando le elasticità stimate per ciascun mercato si ottiene un indicatore medio dell’elasticità al prezzo della domanda delle esportazioni italiane.

I dati indicano che negli anni 1994-2008 l’elasticità al prezzo delle esportazioni italiane è mediamente inferiore a quella delle esportazioni francesi, tedesche e spagnole. Ciò riflette soprattutto il contributo di due settori (autoveicoli e altri mezzi di trasporto), i quali hanno una domanda molto sensibile al prezzo e la cui quota sul totale delle esportazioni italiane è notevolmente inferiore a quella degli altri paesi considerati. Al netto di questi due settori, l’elasticità al prezzo delle esportazioni italiane è pressoché identica a quella degli altri paesi considerati.

Nei settori tradizionali si trovano evidenze di una domanda molto sensibile al prezzo in alcuni comparti (tessile, cuoio non lavorato e gioielli), ma poco sensibile al prezzo in altri (abbigliamento, calzature, piastrelle e arredamento).

La principale conclusione del lavoro è quindi che in media la specializzazione settoriale e geografica non esporrebbe le esportazioni italiane a una domanda più sensibile al prezzo rispetto alle esportazioni degli altri principali paesi dell’area dell’euro.

Pubblicato nel 2011 in: Economia e Politica Industriale, v. 38, 1, pp. 127-162

Testo della pubblicazione