N. 714 - L'attività retail delle banche estere in Italia: effetti sull'offerta di credito alle famiglie e alle imprese

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di Luigi Infante e Paola Rossigiugno 2009

Questo lavoro analizza la crescente presenza degli intermediari esteri in Italia, utilizzando dati a livello provinciale tra il 1997 e il 2006, distinguendo l’attività di prestito svolta nei confronti delle famiglie da quella verso le imprese.

Negli ultimi anni, l’integrazione dei mercati finanziari e la progressiva liberalizzazione del settore bancario hanno determinato un aumento della presenza di intermediari esteri in molti paesi. Ne è scaturito un dibattito sugli effetti di tale processo sulla concorrenza e sullo sviluppo dei mercati creditizi dei paesi ospitanti. L’evidenza empirica internazionale ha mostrato come la presenza di banche multinazionali possa determinare un aumento del grado di concorrenza, nonostante le banche nazionali abbiano un vantaggio informativo iniziale nell’attività di erogazione di credito, difficile da superare per i nuovi entranti.

L’impatto dell’operatività potrebbe dunque essere diverso a seconda della rilevanza delle asimmetrie informative tra prenditori e prestatori. In particolare, la teoria suggerisce che i concorrenti esteri tendano a focalizzarsi sui segmenti di mercato più trasparenti e competitivi, in cui i prodotti e le condizioni possono essere più facilmente standardizzati. Tuttavia, la maggior parte dei lavori empirici analizza dati aggregati a livello nazionale, senza distinguere tra le varie tipologie di clientela all’interno di ciascun paese.

In Italia, considerando le operazioni concluse nei primi mesi del 2007, la quota delle banche estere è salita a circa il 19 per cento del mercato, misurato in termini di totale attivo; era poco più del 5 per cento alla metà degli anni ’90. Il posizionamento degli operatori stranieri risulta estremamente vario sul territorio e più elevato per le famiglie che per le imprese.

Nel lavoro l’attività degli intermediari esteri, misurata dalle quote di mercato di questi operatori nelle varie aree territoriali e nei rispettivi settori di attività, è stata messa in relazione con un indicatore di mobilità della clientela a livello provinciale, con i tassi di interesse applicati in media a famiglie e imprese (in scarto dal tasso interbancario o dal costo della raccolta), e con le garanzie richieste nelle operazioni di erogazione del credito.

I risultati mostrano che gli operatori esteri hanno contribuito ad aumentare la mobilità della clientela a livello provinciale, sia con riferimento alle famiglie sia, seppure in modo più limitato, alle imprese.

Per le famiglie, tale pressione concorrenziale si è accompagnata a una riduzione dei tassi di interesse attivi applicati ai finanziamenti a medio e a lungo termine, in genere finalizzati all’acquisto di immobili. La riduzione risulta significativa, pari a 15 punti base nello spread medio nel decennio, circa 18 punti con riferimento a quello degli ultimi cinque anni. Nel periodo più recente, si riscontra anche una riduzione delle garanzie reali richieste per i prestiti a medio e a lungo temine, una tendenza che appare coerente con il progressivo diffondersi di finanziamenti ipotecari che coprono una quota più elevata che in passato del valore degli immobili.

Non vi è, invece, evidenza di un impatto significativo sui tassi di interesse applicati alle imprese, né sui prestiti a breve termine, né su quelli a medio e a lungo termine. Tuttavia, si nota una riduzione della quota di prestiti a medio e lungo termine assistiti da garanzie reali, peraltro più forte nell’ultimo periodo considerato (tra il 2002 e il 2006) associata ad una maggiore presenza di intermediari esteri.

La differente risposta dell’accresciuta pressione concorrenziale sulle condizioni applicate dalle banche a famiglie e imprese potrebbe dipendere dal diverso grado di standardizzazione dei prodotti esaminati (maggiore per i mutui alle famiglie) e da una diversa esposizione ad asimmetrie informative (più alta per i crediti alle imprese).

Pubblicato nel 2013 in: Journal of Financial Management Markets and Institutions, v. 1, 2, pp. 225-246