N. 655 - Cosa determina le “percezioni d’inflazione”? Evidenza da un’indagine presso i consumatori italiani

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di Paolo Del Giovane, Silvia Fabiani e Roberto Sabbatinigennaio 2008

Lo studio indaga le percezioni d’inflazione dei consumatori italiani (ovvero le opinioni individuali sull’evoluzione dei prezzi) e i meccanismi sottostanti la loro formazione. Sebbene questo tema abbia ricevuto grande attenzione soprattutto dopo l’introduzione del contante in euro (all’inizio del 2002), la sua rilevanza va ben oltre questo specifico evento: a distanza di sei anni resta radicata nell’opinione pubblica la convinzione che la dinamica dei prezzi al consumo sia nettamente superiore a quella misurata dalle statistiche.

L’analisi si basa su uno specifico sondaggio, condotto nel dicembre 2006 presso un campione rappresentativo di 1.000 consumatori, che raccoglie informazioni sull’inflazione percepita e su un’ampia gamma di caratteristiche individuali che possono influenzarla. Vengono rilevati la situazione socio-demografica dell’intervistato, la conoscenza dell’inflazione e delle statistiche che la misurano, fattori di natura mnemonica e psicologica, la condizione economica della famiglia di appartenenza e i comportamenti di spesa.

Il lavoro fornisce un contributo originale alla letteratura sull’argomento da diversi punti di vista: l’approccio metodologico consente di valutare congiuntamente l’importanza relativa dei vari fattori che guidano le percezioni; la prospettiva va oltre il caso specifico dell’introduzione dell’euro; l’inflazione percepita viene misurata non solo in termini qualitativi (come nell’indagine presso i consumatori coordinata dalla Commissione europea e condotta in Italia dall’ISAE), ma anche quantitativi e con riferimento a diversi panieri di spesa.

I risultati mostrano che alla fine del 2006, un anno non contraddistinto da eventi o fenomeni inflazionistici di carattere eccezionale, gran parte dei consumatori italiani riportavano percezioni d’inflazione elevate. In particolare, con riferimento ai precedenti dodici mesi, un terzo del campione rispondeva che i prezzi erano “aumentati molto” e circa la metà che erano “aumentati abbastanza”. Le corrispondenti valutazioni quantitative erano in media del 18 per cento per l’intero campione, molto distanti dal 2 per cento misurato per lo stesso periodo dall’Istat.

Le opinioni individuali risultano significativamente correlate con le caratteristiche socio-demografiche e con le condizioni economiche. In particolare, se si considerano le valutazioni quantitative, le donne riportano una percezione d’inflazione pari a circa il doppio di quella degli uomini (un risultato già riscontrato in precedenti studi sugli Stati Uniti); una differenza simile si rileva tra i consumatori meno istruiti e il resto del campione. L’inflazione percepita è nettamente più elevata per chi appartiene a famiglie in condizioni di difficoltà economica, misurata dalla necessità di attingere ai risparmi o far debiti per fronteggiare le spese mensili, dal numero relativamente ridotto di componenti della famiglia che percepiscono un reddito e dall’incidenza sul reddito dell’eventuale canone di locazione pagato per l’abitazione di residenza.

Contrariamente a quanto ci si potrebbe aspettare, le differenze osservate tra le varie categorie di consumatori non risultano significativamente correlate con la composizione dei rispettivi panieri di consumo e con i comportamenti di spesa individuali, quali ad esempio la ricerca dell’offerta più vantaggiosa o la tipologia distributiva (ad esempio piccola o grande distribuzione, discount, ecc.) cui si ricorre più di frequente.

Per quanto riguarda i fattori di conoscenza e mnemonici, le percezioni d’inflazione più elevate (ovvero le risposte “i prezzi sono molto aumentati”) risultano correlate con una scarsa familiarità con il concetto di inflazione e con le statistiche utilizzate per misurarlo; inoltre, tali percezioni sono più diffuse tra gli intervistati che mostrano un ricordo più impreciso dei prezzi passati.

Nell’insieme, questi risultati suggeriscono che quando i consumatori esprimono le loro opinioni su ciò che essi percepiscono come “inflazione”, sono orientati in questo giudizio anche da fattori riguardanti caratteristiche personali e da fenomeni che, seppure di natura economica, non sono direttamente collegati con l’inflazione. In particolare, alcuni risultati — ad esempio le percezioni d’inflazione più elevate tra i consumatori in condizioni di difficoltà economica — sembrano suggerire che in vari casi si attribuisca all’inflazione una perdita di potere d’acquisto connessa con altre cause, in primo luogo una crescita dei redditi nominali in Italia negli anni recenti complessivamente modesta e fortemente diversificata tra le categorie di lavoratori. Questa interpretazione appare anche coerente con l’assenza, negli anni recenti, di drastiche riduzioni o modifiche nei comportamenti di spesa, quali si dovrebbero osservare nel caso in cui i consumatori fossero davvero convinti di fronteggiare un’inflazione annuale di quasi il 20 per cento e basassero le proprie scelte quotidiane di spesa su tale valutazione.

Nell’interpretazione dei risultati va sottolineato che il lavoro si basa su un sondaggio condotto alla fine del 2006, anno in cui, come già ricordato, non si sono registrati eventi o fenomeni inflazionistici eccezionali (tale scelta risponde all’obiettivo dello studio di individuare i fattori che guidano le percezioni d’inflazione in periodi “normali”). Un analogo sondaggio condotto oggi, in presenza di forti rincari di molti beni di largo consumo, energetici e alimentari, potrebbe fornire indicazioni in parte diverse, tra cui in particolare un più stretto legame tra la percezione individuale d’inflazione e la composizione del paniere personale di consumo.

Pubblicato nel 2009 in: Giornale degli economisti e annali di economia, v. 68, 1, pp. 25-52