N. 603 - Un modello di utilità a due regimi per l'analisi della povertà

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di Claudia Biancottisettembre 2006

Nella letteratura economica la condizione di povertà è definita in molti modi, che vanno dall’insufficiente disponibilità di risorse alimentari all’impossibilità di sostenere livelli di consumo in linea con determinati standard sociali. A ciascuna definizione di indigenza si associa una metodologia di misurazione e analisi; i risultati ottenuti da diversi ricercatori, pertanto, spesso non sono direttamente comparabili.

Il presente lavoro parte dal presupposto, ampiamente condiviso in letteratura, che la povertà sia uno stato a sé, con precise caratteristiche strutturali consistenti nella speciale intensità del bisogno e nella presenza di uno stigma sociale. L’idea è resa precisa attraverso un modello nel quale si formalizza la capacità dei soggetti di trasformare il consumo in benessere e si identificano soglie nei livelli di consumo in corrispondenza delle quali tale capacità presenta delle discontinuità. In particolare, i poveri trarrebbero soddisfazione dal consumo in modo più efficiente rispetto a quanti hanno già provveduto al soddisfacimento delle esigenze di base, ma sosterrebbero perdite di utilità derivanti dall’emarginazione.

Il modello è sottoposto a verifica empirica utilizzando le valutazioni soggettive di benessere raccolte nell’Indagine sui bilanci delle famiglie condotta dalla Banca d’Italia. Per semplicità i beni dal cui consumo gli individui ricavano benessere sono stati suddivisi in due classi: quelli alimentari e i rimanenti. Per ciascuna classe di beni si individua lo stato di povertà attraverso l’identificazione di un livello di consumo in corrispondenza del quale si registra una discontinuità nella relazione che lega la spesa al benessere dichiarato.

Per i beni alimentari il cambiamento previsto si osserva in corrispondenza di un valore di 1.200 euro l’anno per adulto equivalente, pari al 40 per cento della spesa mediana e, presumibilmente, a quella minima compatibile con un’alimentazione equilibrata. Per i beni non alimentari, al contrario, il modello teorico non è confermato dai dati: non è, infatti, possibile riscontrare l’esistenza di una soglia di consumo atta a separare due stati di bisogno strutturalmente diversi.

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