N. 577 - Dispersione delle capacità professionali e produttività delle imprese: un'analisi con dati incrociati lavoratori-imprese

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di S. Iranzo, F. Schivardi e E. Tosettifebbraio 2006

Negli ultimi due decenni l’innovazione tecnologica e i mutamenti nel grado di qualificazione della forza lavoro sono stati accompagnati dal sorgere di nuovi modelli organizzativi dell’attività produttiva. I risultati delle analisi condotte in diversi paesi indicano che questi cambiamenti si sarebbero associati a una maggiore “segmentazione” del mercato del lavoro basata sulle capacità professionali: alcune imprese assumerebbero prevalentemente lavoratori con elevato livello di istruzione (la Microsoft) ed altre prevalentemente lavoratori poco qualificati (McDonald’s).

Questo lavoro utilizza i dati sulle imprese industriali italiane del campione INVIND curato dalla Banca d’Italia, integrati con quelli su tutti i loro dipendenti forniti dall’INPS, per studiare: i) l’evoluzione della dispersione delle capacità professionali dei lavoratori; ii) l’effetto della dispersione sulla produttività a livello di impresa.

Il periodo campionario si estende dal 1981 al 1997. Una misura sintetica delle capacità professionali di ciascun lavoratore è ottenuta dalla stima dell’effetto individuale in una equazione del salario. La varianza totale dell’indicatore così ottenuto è scomposta in una componente riconducibile alle differenze riscontrabili tra i lavoratori all’interno di ciascuna impresa e una componente dovuta alla dispersione tra le diverse imprese. Quest’ultima componente viene utilizzata come misura della segmentazione del mercato del lavoro.

I risultati dell’analisi si possono riassumere nei seguenti termini:

  • Non vi è evidenza di un aumento della segmentazione nel tempo. Il risultato è confermato anche utilizzando misure alternative delle capacità professionali.
  • A livello settoriale, l’indice di segmentazione è più alto nei settori tradizionali dove sembrano prevalere modelli di divisione del lavoro fra le imprese basati sul diverso contenuto di capitale umano nelle varie fasi produttive.

Stime econometriche della funzione di produzione mostrano che una maggior dispersione delle capacità professionali all’interno dell’impresa si accompagna a livelli più elevati di produttività. Il risultato è confermato anche quando gli indici di dispersione sono calcolati separatamente per operai e impiegati. Al contrario, la produttività è più contenuta nelle imprese dove operai e impiegati hanno, in media, livelli simili di capacità professionali. Questi risultati, nel loro insieme, indicano che per l’industria manifatturiera italiana il modello di organizzazione caratterizzato da livelli di produttività più elevati non corrisponde a quello che scaturisce dalla segmentazione del mercato del lavoro, bensì a quello dell’impresa che ha al suo interno livelli differenziati di capacità professionali. Il ruolo benefico della dispersione delle capacità professionali per la produttività è compatibile con un processo produttivo organizzato in teams, dove i risultati dipendono in maniera preponderante dalle competenze di una minoranza di lavoratori con compiti dirigenziali e organizzativi.

In termini di politica economica, i risultati si prestano a una doppia lettura. Da una parte, il mancato aumento della segmentazione implica che i lavoratori meno qualificati continuano a beneficiare dell’interazione con colleghi più qualificati, con effetti positivi sulla loro produttività e, in ultima istanza, sul loro reddito. D’altra parte, se la segmentazione fosse effettivamente una conseguenza di un processo di riorganizzazione produttiva che aumenta l’efficienza complessiva del sistema, si concluderebbe che, perlomeno alla metà degli anni novanta, il settore manifatturiero italiano non mostrava alcun segnale che tale processo fosse in atto. Questa seconda lettura sarebbe coerente con il ritardo nella diffusione delle tecnologie dell’informazione e comunicazione, e dei nuovi modelli organizzativi che ad esse si accompagnano, che caratterizza la nostra economia.

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