N. 548 - L'approccio del comitato di Basilea alle ponderazioni per il rischio e ai rating esterni.Cosa ci insegnano i premi al rischio sulle obbligazioni?

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di Andrea Resti e Andrea Sironifebbraio 2005

Nell’ambito del processo di riforma dell’accordo di Basilea sui requisiti patrimoniali minimi per le banche, il Comitato di Basilea per la Vigilanza Bancaria ha disegnato un sistema di ponderazioni per il rischio degli attivi bancari (il cosiddetto “nuovo approccio standard”) inteso a misurare la rischiosità dei portafogli di prestiti. In questo lavoro si analizza l’effettiva capacità di questo schema di riflettere adeguatamente il rischio.

In particolare, poiché il nuovo approccio standard suddivide le esposizioni creditizie in funzione del loro rating, lo studio confronta le ponderazioni previste dal nuovo accordo di Basilea con una stima della rischiosità di prestiti appartenenti a diverse classi di rating ricavata analizzando il consumo di capitale implicito nei premi al rischio (spread) richiesti, in passato, dal mercato del debito obbligazionario privato.

A tal fine si utilizza un insieme di dati per molti versi unico, che include gli spread richiesti al momento dell’emissione dai sottoscrittori di 7.232 prestiti obbligazionari (emessi in prevalenza da società europee, canadesi, statunitensi e giapponesi) nel periodo 1991- 2003. Gli spread vengono messi in relazione con il rating dell’emittente dopo aver enucleato l’effetto di altre variabili potenzialmente rilevanti; in particolare, attraverso una regressione multivariata si “depura” l’impatto della durata contrattuale, della valuta in cui è emesso il prestito, dell’ammontare totale dell’emissione, di alcune variabili suscettibili di influenzare il prelievo fiscale sui sottoscrittori e l’efficienza del mercato primario, delle condizioni medie del mercato e del ciclo economico all’epoca del collocamento.

La relazione tra rating e rischio, utilizzata dal Comitato di Basilea come fondamento del nuovo approccio standard, appare netta e statisticamente significativa: gli spread richiesti aumentano, infatti, quando il rating peggiora. Analogamente, man mano che ci si spinge verso fasce di rating meno affidabili, risulta crescente anche la quantità di capitale che gli investitori professionali sembrano allocare a fronte delle possibili perdite future sui bond (tale quantità di capitale viene ricavata, nel lavoro, attraverso un algoritmo di stima coerente con la logica dei moderni modelli value at risk per la misura del rischio di credito). L’impostazione seguita dal nuovo accordo di Basilea trova dunque un ampio riscontro empirico nei comportamenti reali del mercato.

Peraltro, sulla base dei dati analizzati la relazione tra rischio e rating che emerge dalle stime econometriche parrebbe condurre ad un sistema di ponderazioni più “ripido” di quello indicato dal Comitato.

Circa la scelta di predisporre ponderazioni diverse per banche e società non finanziarie, infine, il miglior rating di cui godono mediamente le banche appare già sufficiente a dar conto, in media, della loro minore rischiosità.

Simili spunti potrebbero costituire altrettanti filoni di approfondimento qualora, nei prossimi anni, si decidesse di procedere ad un’ulteriore calibrazione del nuovo approccio standard, la cui logica di fondo appare comunque dotata di un preciso e solido fondamento economico.

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