N. 544 - La previsione della crescita economica e dell'inflazione nell'area dell'euro: sono utili gli spread finanziari?

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di Andrea Nobilifebbraio 2005

Secondo la teoria economica gli agenti che operano sui mercati finanziari sono lungimiranti, e pertanto, i differenziali di rendimento tra diverse attività finanziarie incorporano le loro aspettative sugli andamenti futuri dell’attività economica e dell’inflazione. Questi indicatori, rispetto ad altre variabili macroeconomiche, hanno anche il vantaggio di essere osservabili tempestivamente e di non subire revisioni.

In questo lavoro, condotto su dati aggregati per l’area dell’euro, viene valutato il contenuto informativo della pendenza della curva dei rendimenti, del differenziale tra i rendimenti dei titoli di Stato e i rendimenti del mercato azionario, del differenziale tra il tasso sui prestiti a breve termine concessi alle imprese non finanziarie e il tasso d’interesse del mercato monetario.

Un’analisi preliminare condotta attraverso semplici correlazioni conferma l’ipotesi che questi indicatori godono di buone proprietà anticipatrici per l’attività economica reale, soprattutto sugli orizzonti compresi tra uno e due anni. Tuttavia, queste relazioni non sono stabili nel tempo e la loro utilità in fase previsiva può essere fortemente ridotta qualora siano utilizzate nell’analisi anche altre variabili.

Per valutare il contenuto informativo aggiuntivo dei differenziali di rendimento è stato messo a punto un modello BVAR (Bayesian Vector AutoRegression) trimestrale, comprendente un ampio numero di variabili dell’area e internazionali, ma privo dei differenziali. Successivamente, la capacità previsiva di questo modello è stata confrontata con quella di modelli alternativi comprendenti anche i differenziali, aggiunti uno alla volta.

I risultati mostrano che in nessun caso l’inclusione dei differenziali consente di migliorare significativamente le previsioni della crescita economica e dell’inflazione sugli orizzonti compresi tra un trimestre e due anni. La loro correlazione esistente con il ciclo economico rifletterebbe pertanto l’informazione già compresa in altri indicatori, come quella nei tassi d’interesse a breve termine e negli aggregati monetari.

Pubblicato nel 2007 in: Empirical Economics, v.33, 1, pp. 177-195