N. 517 - La quantificazione dei rischi operativi: l’esperienza maturata dall’analisi dei dati raccolti dal comitato di Basilea

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di Marco Moscadelliluglio 2004

I rischi operativi, definiti come “rischi di perdite derivanti da errori o disfunzioni a livello di procedure, personale e sistemi interni, oppure da eventi esogeni”, concorrono con quelli di credito e di mercato a determinare i profili di stabilità degli intermediari bancari e finanziari.

Con la riforma dell’Accordo sul Capitale e la connessa legislazione europea verrà introdotto un apposito requisito di capitale da rispettare a fronte dell’esposizione ai rischi operativi. Sono previste tre opzioni di calcolo, differenziate secondo un livello crescente di complessità. Nelle metodologie più semplificate il requisito è ottenuto ponderando con opportuni coefficienti i valori del margine di intermediazione, variabile assunta come misura approssimata dell’esposizione al rischio operativo. I coefficienti proposti dal Comitato di Basilea si basano su una semplice stima di capitale economico per perdite operative formulata da un ristretto nucleo di intermediari finanziari (tecnica cd. top-down).

A partire dal 2001, il Comitato di Basilea ha anche condotto specifiche indagini (Loss Data Collection Exercises) finalizzate a raccogliere informazioni sulle effettive perdite per rischi operativi subite dai principali gruppi bancari internazionali. All’ultima rilevazione, effettuata nel corso del 2002, hanno partecipato 89 intermediari, che hanno trasmesso oltre 45.000 dati di perdite operative di ammontare superiore a una soglia prefissata. Una descrizione delle caratteristiche di tali perdite, distinta per linee di attività bancarie e tipo di evento è stata pubblicata dal Comitato nel marzo del 2003.

Utilizzando l’archivio di quella rilevazione, il lavoro sviluppa un’analisi statistico-inferenziale con l’obiettivo di individuare il requisito di capitale relativo a un ipotetico gruppo bancario internazionale medio a fronte dei rischi operativi manifestati a livello di intera azienda e per linee di attività (tecnica cd. bottom-up).

In dettaglio, l’analisi mira in primo luogo a confrontare la sensitività dei modelli classici di inferenza attuariale rispetto a quelli derivanti dalla Teoria dei Valori Estremi (EVT) per la rappresentazione delle perdite operative a elevati livelli di confidenza.

I risultati mostrano che l’approccio classico- attuariale genera una sottostima sistematica dei percentili di ordine elevato (oltre il 95°) della distribuzione di impatto (severity) delle perdite operative, producendo valori nettamente più ottimistici dell’effettiva rischiosità dei dati. Viceversa, l’approccio EVT fornisce una fedele rappresentazione della rischiosità delle perdite, anche ai percentili più elevati (oltre il 99.9°).

L’approccio EVT è stato utilizzato anche per determinare una stima della probabilità che si verifichino eventi di perdita (frequency) in un orizzonte temporale di 1 anno. Il modello genera circa 60 perdite per rischi operativi con singolo impatto superiore a 1 milione di euro all’anno. Tale risultato è pienamente coerente con l’esperienza dei principali gruppi bancari internazionali.

Sulla base dei valori di frequency e severity ottenuti con l’EVT, è stato quindi determinato il capitale economico per rischi operativi per un gruppo bancario internazionale di dimensioni medie, calcolato ad un livello di confidenza del 99,9 per cento e con un orizzonte temporale di 1 anno.

I risultati segnalano che il requisito complessivo per rischi operativi assume valori elevati in termini assoluti e in rapporto al margine di intermediazione. Nel complesso esso ammonta a 1,3 miliardi di euro, di cui oltre il 40 per cento è riferibile alle attività di raccolta del risparmio e di impiego verso famiglie ed imprese. Decisamente marginale risulta il contributo delle perdite attese, le quali in media misurano meno del 3 per cento del complessivo capitale economico.

Sulla base dei rapporti tra il capitale economico per rischi operativi per linee di attività e i corrispondenti valori del margine di intermediazione può essere infine effettuato un confronto con gli attuali coefficienti proposti dalla riforma dell’Accordo sul Capitale per i metodi semplificati.

Il confronto evidenzia margini per ulteriori affinamenti degli attuali coefficienti, specie con riferimento ad alcune linee di attività, al fine di renderli più coerenti con la rischiosità operativa evidenziata da un gruppo bancario internazionale di dimensioni medie.
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In relazione all’oggetto e alle tematiche affrontate nell’analisi, il presente lavoro, una volta diffuso presso l’industria finanziaria internazionale e presso il mondo accademico, può sollecitare commenti sulle metodologie statistiche utilizzate e sui connessi risultati in termini di requisiti di capitale e di coefficienti individuati per le linee di attività. La presente analisi e il feedback che ne seguirà potranno essere proficuamente utilizzati in sede di Comitato di Basilea e di Commissione Europea ai fini dell’implementazione della regolamentazione in materia di rischi operativi.

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