N. 505 - Mobilità sociale e cicli endogeni nelle politiche ridistributive

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di Francesco Zollinoluglio 2004

L’obiettivo del lavoro è di individuare, con l’ausilio di un modello teorico, le determinanti dell’ampiezza della ridistribuzione del reddito effettuata dalle politiche economiche.

La motivazione della ricerca discende dalla diffusa evidenza che dagli anni settanta si sia progressivamente attenuata, sino a invertirsi, la tendenza alla riduzione delle disuguaglianze di reddito; questa tendenza si era da lungo tempo avviata nelle maggiori economie industriali grazie a crescenti programmi di assistenza. Il recente acuirsi delle disuguaglianze è stato inoltre più accentuato in paesi come Stati Uniti e Regno Unito, in corrispondenza di ingenti riduzioni ai programmi di welfare, contraddicendo il risultato della teoria standard circa l’esistenza di una correlazione positiva tra il grado di disuguaglianza e l’ampiezza della ridistribuzione operata dalle politiche.

In questo lavoro si suggerisce una riconciliazione tra teoria ed evidenza empirica basata sul seguente meccanismo. Data una maggioranza di cittadini in condizioni di disagio, dunque favorevole secondo il modello standard a un’ampia azione ridistributiva, l’efficacia delle politiche nel contrastare la povertà innalzerebbe progressivamente l’incidenza, sul totale della popolazione, delle classi medio-alte, sino a determinare nel tempo una nuova maggioranza di cittadini agiati. Questi ultimi diventerebbero presto favorevoli a una riduzione dei piani di assistenza allo scopo di ridurne i costi fiscali posti prevalentemente a loro carico. Di conseguenza, nel tempo emergerebbe di nuovo una prevalenza delle condizioni di povertà. Ma ciò innescherebbe un nuovo ciclo politico. Pur rispettando in ogni turno elettorale le indicazioni sopra menzionate della teoria standard, si determinerebbe una divaricazione ciclica tra l’andamento della disuguaglianza e quello della ridistribuzione.

Nel lavoro si dimostra che questa circostanza appare plausibile quando la struttura dell’economia determina, prescindendo dagli effetti dell’azione pubblica, una probabilità di mobilità sociale verso l’alto di entità pari a quella della mobilità verso il basso.

Nel modello teorico il ciclo politico, come sopra definito, collocherebbe l’economia in una regione in cui l’entità della disuguaglianza si modifica periodicamente in senso anticiclico. In un’economia sviluppata, verrebbe così meno la monotonicità della relazione negativa tra crescita e disuguaglianza inizialmente individuata da Kuznets.

Nella ricerca un’altra possibile via di riconciliazione tra la teoria standard e la recente evidenza empirica si ottiene laddove le probabilità di mobilità sociale verso l’alto e quelle verso il basso differiscono in misura limitata, sempre prescindendo dagli effetti dell’azione pubblica. In questo caso si dimostra la dipendenza dell’equilibrio politico dalle condizioni iniziali: come in altri recenti contributi teorici, si giustificherebbe la coesistenza di contratti sociali alternativi (equilibri multipli), per esempio quelli europeo e nord-americano.

Qualora invece le occasioni di mobilità sociale nelle due direzioni siano fortemente diverse, il contrasto dell’azione pubblica delle tendenze di fondo risulterebbe trascurabile. Ne discende che, in linea con le previsioni della teoria standard, l’equilibrio politico sarebbe stabilmente caratterizzato da ampia (modesta) ridistribuzione in caso di prevalenza della mobilità verso le classi povere (ricche).

Testo della pubblicazione