N. 492 - Centralizzazione delle contrattazioni salariali e disoccupazione: una riconsiderazione dell’ipotesi hump-shape

Il lavoro, utilizzando dati OCSE relativi al periodo 1960-2000, mostra che non sembra esserci nessuna correlazione significativa tra grado di centralizzazione delle contrattazioni salariali e andamento del tasso di disoccupazione.

Questo risultato è in parziale contrasto con le conclusioni raggiunte dalla letteratura. In un noto contributo, Calmfors e Driffill (1988) – analizzando un campione di paesi OCSE nel periodo 1962-1985 – hanno sostenuto che contrattazioni salariali molto decentralizzate o molto centralizzate inducono le parti sociali a una maggiore moderazione salariale e dunque comportano un più basso livello di disoccupazione rispetto ai gradi intermedi di centralizzazione (hump shape hypothesis).

La spiegazione proposta dagli autori circa questa relazione si basa su due elementi: i) da un lato, al crescere della dimensione dei sindacati (generalmente più elevata nei casi in cui le contrattazioni salariali sono più centralizzate), questi acquisterebbero potere contrattuale e dunque otterrebbero incrementi salariali più elevati; ii) dall’altro, al crescere del livello di centralizzazione delle contrattazioni (e dunque della dimensione dei sindacati), le parti sociali internalizzerebbero in misura maggiore gli effetti degli aumenti salariali sul livello aggregato dei prezzi e sui salari reali. Sotto certe ipotesi, l’effetto netto di questi due elementi può portare ad avere una crescita dei salari reali maggiore nei paesi con gradi intermedi di centralizzazione.

Sebbene la hump shape hypothesis abbia trovato conferma in alcuni contributi recenti, nel complesso l’evidenza disponibile non è univoca nel sostenerne la validità. Questo lavoro riconsidera, alla luce del ruolo dell’operatore pubblico, il tema della relazione esistente tra grado di centralizzazione delle contrattazioni salariali e andamento del tasso di disoccupazione e mostra che la tesi di un migliore andamento del tasso di disoccupazione nei paesi con contrattazioni centralizzate rispetto a quelli con gradi di centralizzazione intermedi non trova conferma nei dati né del periodo considerato da Calmfors e Driffill (1962-1985) né del periodo successivo (ad es. 1980-2000).

Per quanto riguarda l’originario risultato di Calmfors e Driffill, esso sembra essere dovuto al fatto che nel periodo 1962-1985 i paesi con un grado elevato di centralizzazione nelle contrattazioni salariali hanno avuto un aumento della spesa e dell’occupazione pubbliche superiore ai paesi con gradi di centralizzazione intermedi o bassi: l’operatore pubblico avrebbe dunque contenuto la crescita del tasso di disoccupazione che ha fatto seguito agli shock petroliferi degli anni settanta.

Tra il 1980 e il 2000, l’espansione del settore pubblico (in termini sia di spesa sia di occupazione pubblica) nei paesi caratterizzati da contrattazioni salariali centralizzate è fortemente rallentata e non si è discostata in modo significativo da quella degli altri paesi. In questo periodo non sembra sussistere nessuna relazione significativa tra grado di centralizzazione e disoccupazione, a prescindere dal fatto che si controlli o meno per il ruolo svolto dall’operatore pubblico nel ridurre il tasso di disoccupazione.

Il lavoro si conclude discutendo le ragioni per cui i risultati trovati non sembrano compatibili con il modello di riferimento teorico originariamente proposto per spiegare l’hump shape hypothesis e sottolineando la necessità di approfondire ulteriormente l’analisi delle determinanti del livello di occupazione e delle modalità di contrattazione salariale nel settore pubblico.