N. 453 - Labor market pooling: evidenza empirica sui distretti industriali italiani

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di Guido de Blasio e Sabrina Di Addarioottobre 2002

L’economia italiana si caratterizza per la presenza diffusa dei distretti industriali, costituiti da agglomerazioni territoriali di piccole e medie imprese manifatturiere, specializzate in una o più fasi dell’attività produttiva della filiera caratteristica del distretto. Nel 2001 gli addetti all’industria operanti nei distretti rappresentavano oltre il 40 per cento del totale degli addetti all’industria in Italia.

Sin dai contributi di Alfred Marshall, i benefici derivanti dall’agglomerazione territoriale sono stati oggetto di interesse per le discipline economiche. In particolare, è stato analizzato il ruolo del mercato del lavoro nella concentrazione geografica di imprese specializzate e interdipendenti. Marshall riteneva che le agglomerazioni potessero favorire sia le imprese sia i lavoratori. Le prime beneficerebbero di una maggiore scelta di lavoratori con competenze specifiche alla produzione distrettuale; i secondi si avvantaggerebbero di una più elevata e stabile richiesta da parte delle imprese delle competenze in loro possesso. Successivamente, la teoria economica ha suggerito diversi possibili vantaggi per i lavoratori, consistenti in salari più elevati, una maggiore facilità nella transizione da lavoro dipendente a quello autonomo e imprenditoriale e una maggiore mobilità orizzontale tra imprese, con conseguente riduzione dei periodi di disoccupazione.

In questo lavoro si utilizzano i dati dell’Indagine sui bilanci delle famiglie italiane condotta dalla Banca d’Italia per analizzare il mercato del lavoro distrettuale in Italia. I risultati ottenuti evidenziano che i benefici differenziali dei lavoratori distrettuali rispetto al resto dell’economia sarebbero limitati. In particolare, l’evidenza empirica segnala che l’esistenza di un premio salariale risulterebbe generalmente statisticamente poco significativa e, laddove presente, di modesta entità. I rendimenti dell’istruzione sarebbero inferiori nelle aree distrettuali rispetto alle aree non distrettuali; non vi sarebbero invece differenze significative nei rendimenti dell’esperienza lavorativa. L’appartenenza a un distretto non influenzerebbe la probabilità di svolgere un’attività imprenditoriale. Inoltre, sebbene nei distretti il passaggio da lavoratore dipendente a lavoratore autonomo/artigiano potrebbe risultare più agevole, l’ipotesi di una più facile transizione da lavoratore dipendente a imprenditore non troverebbe supporto empirico. Infine, non verrebbe confermata una più diffusa mobilità dei lavoratori dipendenti tra imprese rispetto alle aree non distrettuali.

Pubblicato nel 2005 in: L. F. Signorini, M. Omiccioli (a cura di), Economie locali e competizione globale: il localismo industriale italiano di fronte a nuove sfide, Bologna, il Mulino

Testo della pubblicazione