N. 445 - La moneta ha contenuto informativo? L’evidenza basata su un modello di grande dimensione utilizzato per analisi di policy

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di F. Altissimo, E. Gaiotti e A. Locarnoluglio 2002

Nel lavoro viene valutato il contenuto informativo di un insieme di indicatori (moneta, credito, tassi di interesse bancari) per l’andamento del PIL e dei prezzi, utilizzando come riferimento il modello econometrico trimestrale dell’economia italiana della Banca d’Italia. Nel modello, i rendimenti bancari hanno un ruolo attivo nel processo di trasmissione della politica monetaria; la moneta ha invece un ruolo passivo, come avviene nella maggior parte dei modelli macroeconomici correntemente utilizzati. Un eventuale potere informativo della moneta, e più in generale degli aggregati finanziari, potrebbe derivare dal fatto che queste variabili contengono informazioni sull’andamento contemporaneo di grandezze non ancora osservabili, come il reddito e la spesa.

Si utilizzano due approcci, tra loro complementari. Il primo metodo, che utilizza la rappresentazione del meccanismo di trasmissione monetaria incorporato nel modello trimestrale, è più efficiente; il secondo, che si basa prevalentemente su procedure statistiche, è più robusto rispetto a eventuali errori di specificazione del modello.

Nel primo approccio, le nuove informazioni sulle variabili monetarie e finanziarie vengono filtrate in base alla struttura del modello, al fine di stimare gli shock strutturali che influenzano il comportamento di famiglie e imprese. L’informazione sugli shock viene quindi utilizzata per ridurre l’errore di previsione delle variabili obiettivo. Nel secondo metodo, si sfruttano invece le correlazioni dinamiche tra gli errori di previsione sulle variabili monetarie (che sono noti in tempo reale) e quelli sulle altre variabili.

principali risultati sono i seguenti.

I tassi di interesse bancari forniscono informazioni utili sulle variabili di stato contemporanee non ancora osservabili, coerentemente con il loro ruolo nel meccanismo di trasmissione monetaria.

  • Nel primo esperimento, la conoscenza dei tassi praticati sugli impieghi riduce l’errore di previsione del PIL (nominale e reale) di circa la metà, assumendo che le altre principali variabili siano note con un trimestre di ritardo.
  • Questo risultato è confermato dal secondo esperimento. Gli errori di previsione dei rendimenti bancari sono correlati agli errori di previsione del PIL nominale e reale, soprattutto sugli orizzonti più brevi (1 e 2 trimestri), con il segno atteso negativo. La percentuale di varianza spiegata è tra il 30 e il 40 per cento.

I due approcci non danno invece lo stesso risultato per il contenuto informativo di moneta e credito. Ciò potrebbe indicare che vi sono legami tra moneta e spesa non interamente colti dalla struttura del modello.

  • Nel primo approccio, la moneta e il credito non hanno alcun potere informativo per il reddito e i prezzi. Ciò riflette il fatto che queste variabili non hanno un effetto causale sulle variabili non finanziarie nel modello trimestrale, mentre il loro ruolo come segnali di variabili di stato non osservabili è oscurato dall’elevata variabilità della velocità di circolazione.
  • Utilizzando il secondo approccio il potere informativo degli aggregati monetari appare invece maggiore. La conoscenza dei dati monetari permetterebbe di ridurre la varianza dell’errore di previsione del PIL di circa il 20 per cento. Tuttavia, il risultato va interpretato con cautela. La correlazione empirica tra gli errori di previsione della moneta e quelli del PIL riflette verosimilmente fenomeni che negli anni novanta hanno influenzato contemporaneamente le decisioni di spesa e la preferenza per la liquidità (in particolare, l’evoluzione delle prospettive della situazione fiscale e la convergenza verso l’UEM).

Pubblicato nel 2005 in: Economic & Financial Modelling, v. 22, 2, pp. 285-304

Testo della pubblicazione