N. 426 - Livello dei consumi e politiche fiscali: effetti non keynesiani di medio periodo

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di Giorgio Rodano e Enrico Saltarinovembre 2001

È noto che la politica fiscale (in particolare un inasprimento o una riduzione del prelievo che grava sui redditi delle famiglie) ha un effetto sul livello dei consumi. La teoria distingue due effetti principali. Il primo è connesso con la variazione del reddito disponibile corrente. In questo lavoro esso viene detto effetto keynesiano” (KE). Il secondo è associato alla variazione attesa del reddito disponibile futuro. Questo perché le variazioni del prelievo corrente si ripercuotono sulle poste future del bilancio pubblico. Questo secondo effetto viene qui detto “effetto non-keynesiano” (NE).

Di solito si sostiene che questi due effetti abbiano segno opposto. Per esempio, una riduzione del carico fiscale accresce il reddito disponibile corrente e perciò, per l’effetto keynesiano, il consumo; ma il peggioramento del saldo di bilancio che ne consegue fa prevedere un inasprimento del carico fiscale futuro, e questa previsione induce le famiglie ad accrescere il proprio risparmio e a ridurre di conseguenza il proprio consumo corrente; in ciò consiste appunto l’effetto non-keynesiano.

E’ stata esplorata la possibilità che, sia a livello teorico sia a livello empirico, l’effetto non-keynesiano possa compensare, o addirittura, in determinate circostanze, sopravanzare quello keynesiano, al punto che, per esempio, un temporaneo inasprimento del prelievo che annunci una futura e permanente riduzione della pressione fiscale potrebbe provocare non una riduzione ma un aumento del consumo corrente.

In questo lavoro, traendo spunto dall’andamento anomalo del consumo delle famiglie in Italia negli anni novanta (il rallentamento dei consumi conseguente alle politiche di inasprimento fiscale del 1992-93 andò ben al di là di quanto prevedessero la teoria e i modelli econometrici), si esplora la possibilità teorica che non solo l’effetto non-keynesiano non compensi, in determinate circostanze, quello keynesiano, ma addirittura possa avere lo stesso segno di quest’ultimo, amplificando perciò la sensibilità del consumo alle variazioni del reddito disponibile provocate dalle variazioni del prelievo. Tale possibilità può dipendere dal fatto, per esempio, che l’inasprimento fiscale può continuare anche nel futuro “prossimo”, mentre la riduzione della pressione fiscale connessa con l’avvenuto miglioramento del bilancio pubblico può avvenire in un futuro “lontano” e perciò verificarsi oltre l’orizzonte temporale delle famiglie da cui dipende il consumo corrente. In altri termini, la misura e il segno dell’effetto non-keynesiano dipenderebbero da due circostanze, il profilo temporale del prelievo e la lunghezza della vita attesa delle famiglie.

Sulla base di una funzione del consumo ricavata da un modello di perpetual youth formulato nel discreto, il lavoro mostra appunto la possibilità di effetti non-keynesiani “a rovescio”, che hanno cioè lo stesso segno di quelli keynesiani. Nel lavoro si ricava la condizione per cui i segni dei due effetti sono uguali. Tale condizione, che appare a un tempo semplice e realistica, dipende da due parametri: la lunghezza della vita attesa e la data di inizio della manovra fiscale compensativa necessaria a rispettare il vincolo di bilancio intertemporale del settore pubblico. Negli esercizi condotti viene inoltre mostrato il ruolo del debito pubblico e della sua dinamica.

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