N. 400 - La segmentazione del mercato del lavoro in Italia

Go to the english version Cerca nel sito

di Piero Cipollonemarzo 2001

Negli anni novanta si è assistito, in Italia e in altri paesi dell’OCSE, a una crescita del numero di lavoratori a bassa retribuzione e a una diffusione della povertà anche tra persone pienamente inserite nel mercato del lavoro.  L’emergere di questo fenomeno solleva interrogativi sulle strategie di politica economica più adatte ad affrontarlo. La definizione della cura più appropriata richiede l’identificazione delle ragioni per cui una parte dei lavoratori è low- paid.

Se i bassi salari di alcuni lavoratori dipendessero dalla loro carenza di capitale umano, politiche finalizzate a innalzarne il livello potrebbero essere un valido rimedio. Questa strategia risulta poco efficace se la produttività è una caratteristica dei posti di lavoro, piuttosto che dei lavoratori; in questo caso, il problema è costituito dall’esistenza di “cattivi lavori” con basse retribuzioni, scarsa sicurezza del posto di lavoro e poche possibilità di carriera. L’entità di questa parte del mercato del lavoro – che viene generalmente indicata con il termine di “segmento secondario” – non può essere ridotta accrescendo il capitale umano dei lavoratori, ma richiede politiche che amplino l’area dei “buoni lavori”, unitamente a misure di sostegno al reddito di quei lavoratori con bassa remunerazione. I risultati dell’analisi condotta in questo studio mostrano come nel mercato del lavoro italiano esistano almeno due distinti segmenti, con caratteristiche simili a quelle appena descritte.

Nel segmento primario, il reddito dei lavoratori cresce con il livello di istruzione e con l’esperienza accumulata. Per un lavoratore inserito in questo segmento un anno in più di istruzione si associa a una retribuzione di circa il 9 per cento maggiore e un anno di esperienza lavorativa a un premio di quasi 2 punti percentuali. Nel segmento secondario, invece, il reddito percepito dai lavoratori non sembra essere influenzato dal capitale umano, misurato in termini di esperienza e di istruzione. Per chi ha uno di questi lavori un anno aggiuntivo di istruzione fa salire la retribuzione dell’1 per cento e uno di esperienza dello 0,5 per cento.

L’estensione del mercato secondario non è trascurabile: circa un terzo dei lavoratori del campione esaminato nello studio – dipendenti maschi capifamiglia, di età compresa tra 20 e 65 anni, che nel 1995 hanno lavorato almeno 20 ore nel settore privato non agricolo – ha una probabilità superiore al 70 per cento di trovarsi nel mercato secondario.

Il segmento secondario del mercato del lavoro non si identifica con nessun particolare settore economico, ma coinvolge settori e gruppi professionali diversi anche se in modo differenziato. È esteso tra i gli operai dell’industria e delle costruzioni ma anche tra i dirigenti del settore del commercio, alberghi e pubblici esercizi e dei servizi alle famiglie. Per contro è alta la probabilità che un operaio nel settore del credito e assicurazioni sia inserito nel mercato primario.

I lavoratori più anziani, meno istruiti e provenienti da famiglie con minore livello di istruzione sono quelli che fronteggiano il rischio maggiore di trovarsi nel segmento secondario.

Testo della pubblicazione