N. 398 - La convergenza dei salari manifatturieri in Europa

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di Piero Cipollonefebbraio 2001

Con l’avvio dell’Unione monetaria europea si è da più parti segnalato il pericolo di una rapida convergenza dei salari tra i paesi europei a fronte di persistenti divari nella produttività. Questo lavoro contribuisce a questo dibattito fornendo una valutazione dei possibili effetti dell’Unione monetaria sulla convergenza dei salari in Europa. Il metodo di analisi adottato consiste nell’esame dell’andamento della dispersione dei salari manifatturieri europei nel periodo 1970-1993.

I risultati indicano che a partire dagli anni 1970 è in corso un processo di convergenza del costo del lavoro nel settore manifatturiero. All’inizio degli anni novanta la varianza, in rapporto al quadrato della media, dei salari reali – cioè ai prezzi e ai cambi del 1990 – tra settori della trasformazione industriale e paesi europei è diminuita del 40 per cento rispetto al 1970. Il processo di convergenza è stato regolare e continuo; è dipeso esclusivamente dal calo della dispersione tra paesi, pressoché azzeratasi nei primi anni novanta, mentre la dispersione tra settori non ha subìto alcuna riduzione (Fig. 1). La diminuzione della dispersione tra paesi dei salari medi ha riflesso un analogo processo di avvicinamento della produttività.

È presumibile che questa componente non dia un ulteriore contributo significativo alla riduzione della dispersione dei salari europei con l’avvento dell’Unione monetaria. La dispersione dei salari tra settori persiste nel tempo ed è molto simile tra paesi. Essa permane anche nei paesi dell’area del marco (Germania, Belgio e Olanda), che già dall’inizio degli anni ottanta hanno sostanzialmente adottato cambi fissi.

I differenziali salariali tendono a riflettere le differenti dotazioni di capitale umano degli occupati nei diversi settori, come indicato dal fatto che essi si riducono notevolmente se si tiene conto dell’eterogeneità dei lavoratori. Al netto della variabilità spiegata da questi aspetti più strutturali, l’Unione monetaria potrebbe tuttavia influire sui differenziali, da un lato, attraverso l’evoluzione dei sistemi di relazioni industriali nazionali e, dall’altro, riducendo le rendite delle imprese sul mercato dei prodotti per effetto di una accresciuta concorrenza.

Pubblicato nel 2001 in: Politica economica, v. 17, 1, pp. 97-125

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