N. 325 - Tipo, commissioni e performance dei fondi azionari italiani

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di Riccardo Cesari e Fabio Panettagennaio 1998

Mediante una procedura di clustering, si classificano ex-post i fondi italiani sulla base della composizione del loro portafoglio e si rileva che il numero ottimale di clusters è uguale a 4. I quattro gruppi risultanti dalla classificazione statistica sono molto simili all’aggregazione a quattro livelli delle 20 categorie ex-ante usate dall’Associazione italiana dei fondi comuni.

Successivamente viene stimata la performance dei fondi azionari italiani, corretta per il rischio, usando i rendimenti sia netti sia lordi e utilizzando sia CAPM monofattoriali sia benchmark multifattoriali. Oltre allo standard Jensen’s A, misuriamo tale performance tramite la misura Positive Period Weighting (PPW), che non è influenzata dalla strategia di market timing dei gestori. Se si usano i rendimenti netti (calcolati dopo aver detratto le commissioni di gestione e le tasse, ma prima di detrarre le commissioni di entrata e uscita), la performance dei fondi azionari italiani non è significativamente differente da zero. Tuttavia, se si conduce questa valutazione sulla base dei rendimenti lordi (cioè i rendimenti calcolati riaggiungendo le commissioni di gestione corrisposte ogni anno dai fondi), la performance dei fondi azionari italiani è sempre positiva. In particolare, se si considerano sia un valore di riferimento a due indici, che tiene conto degli investimenti effettuati dai fondi in titoli di Stato, sia un benchmark APT a cinque fattori, la performance è positiva e significativa sia con l’uso di Jensen’s A che della misura PPW. Questo risultato corrobora l’idea di efficienza di mercato di Grossman e Stiglitz (1980) e suggerisce che gli investitori informati (fondi di investimento) sono ricompensati dal lavoro di raccolta delle informazioni.

Pubblicato nel 2002 in: Journal of Banking and Finance, v. 26, 1, pp. 99-126.

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