Relazione annuale sul 2018 in sintesi

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L'economia internazionale

[1] La crescita dell'economia mondiale si è indebolita (al 3,6 per cento), deludendo le attese. Il quadro congiunturale si è progressivamente deteriorato nel corso dell'anno, dapprima nei paesi emergenti, successivamente anche in molte economie avanzate. Negli Stati Uniti il prodotto ha tuttavia accelerato, anche grazie agli effetti espansivi della riforma fiscale varata nel dicembre 2017.

Fattori di natura temporanea hanno interagito con un'elevata incertezza a livello globale, riconducibile soprattutto alle tensioni commerciali tra Stati Uniti e Cina; nel complesso le spinte protezionistiche hanno causato un'inversione di tendenza del processo di liberalizzazione del commercio mondiale. Ne hanno risentito la spesa per investimenti e gli scambi internazionali, in netto rallentamento nella seconda metà dell'anno.

L'aumento dei tassi di interesse statunitensi e il conseguente apprezzamento del dollaro hanno determinato episodi di turbolenza sui mercati finanziari. Durante l'estate le valute delle economie emergenti si sono deprezzate, i premi per il rischio sono saliti e gli afflussi di capitali si sono ridotti, soprattutto nei paesi più dipendenti dai finanziamenti esterni. Nell'ultima parte dell'anno l'accentuarsi dei timori di rallentamento globale ha provocato un brusco rialzo della volatilità sui mercati, una correzione dei prezzi delle attività più rischiose nei paesi avanzati e la caduta delle quotazioni del petrolio.

All'inizio del 2019 l'orientamento della politica monetaria statunitense è divenuto più accomodante, favorendo una distensione sui mercati finanziari: la flessione dei rendimenti a lungo termine si è associata alla ripresa dei corsi azionari.

Non è stato scongiurato il rischio di un'uscita del Regno Unito dall'Unione europea senza l'approvazione di un accordo di recesso, benché si sia allontanato nel tempo.

Nell'ambito del G20 sono state intraprese nuove iniziative per rilanciare il dialogo multilaterale su un ampio ventaglio di tematiche per la riforma della governance globale, volta a promuovere una crescita stabile e sostenibile.

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Le recenti tensioni commerciali e le loro implicazioni

 

L'economia dell'area dell'euro

[2] Nell'area dell'euro e nei principali Stati membri il PIL ha rallentato, riflettendo il deterioramento del commercio mondiale e, nella fase finale dell'anno, quello della domanda interna. La crescita è tornata su livelli più sostenuti nel primo trimestre del 2019, ma la fiducia delle imprese e delle famiglie resta debole.

La dinamica dell'inflazione si è mantenuta modesta, soprattutto per la componente di fondo, risentendo delle prospettive ancora incerte dell'economia, che hanno anche attenuato la trasmissione ai prezzi dell'accelerazione dei salari.

Continua il miglioramento del mercato del lavoro, pur con differenze tra paesi. Cresce la quota di cittadini residenti in un paese diverso da quello di nascita.

Secondo le stime della Commissione europea la politica di bilancio nel complesso dell'area è stata neutrale nel 2018 e diventerebbe lievemente espansiva nell'anno in corso; gli orientamenti di bilancio dei singoli paesi sono stati però eterogenei. Sulla base delle più recenti proiezioni demografiche e delle valutazioni sugli andamenti di fondo dei conti pubblici, la Commissione segnala rischi per la sostenibilità di lungo termine delle finanze pubbliche più elevati che in passato per le maggiori economie dell'area, ad eccezione della Germania.

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[3] Il Consiglio direttivo della Banca centrale europea (BCE) ha rimodulato in maniera molto graduale gli strumenti di politica monetaria; ha risposto da un lato alla scomparsa dei rischi di deflazione che si erano manifestati negli anni precedenti, dall'altro alla persistente incertezza sull'evoluzione dell'attività economica e sulla velocità di recupero dell'inflazione verso valori inferiori ma prossimi al 2 per cento nel medio termine.

Il Consiglio ha progressivamente ridotto gli acquisti netti condotti nell'ambito del programma di acquisto di attività finanziarie (Expanded Asset Purchase Programme, APP), terminandoli alla fine del 2018; ha nel contempo mantenuto un significativo grado di accomodamento monetario, comunicando le intenzioni di lasciare invariati i tassi ufficiali per un periodo prolungato e di reinvestire integralmente le attività in scadenza acquistate nell'ambito dell'APP ben oltre la data del loro primo rialzo. Al persistere di condizioni monetarie storicamente distese non è sinora corrisposto un aumento della propensione degli intermediari ad assumere rischi di credito.

Nell'ultima parte dello scorso anno e agli inizi del 2019 le tensioni globali si sono tradotte in un indebolimento sia delle prospettive di crescita sia dell'inflazione effettiva e attesa. In marzo il Consiglio ha annunciato un insieme di decisioni, tra cui quella di avviare una nuova serie di operazioni mirate di rifinanziamento a più lungo termine, volte a prolungare il mantenimento di un orientamento monetario espansivo e a preservare la sua piena trasmissione all'economia reale. Il Consiglio ha inoltre ribadito di essere pronto a utilizzare tutti gli strumenti a sua disposizione al fine di assicurare le condizioni per uno stabile recupero dell'inflazione.

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L'economia italiana

[4] La crescita dell'economia italiana ha perso slancio, risultando ampiamente inferiore a quanto inizialmente atteso dai principali previsori; è stata appena negativa nel secondo semestre. L'indebolimento dell'economia ha riflesso il rallentamento delle esportazioni seguito alla battuta d'arresto del commercio mondiale e delle altre economie europee, in particolare della Germania, nonché la revisione al ribasso dei piani di investimento, indotta dalle incertezze sollevate dalle spinte protezionistiche a livello globale e dall'orientamento delle politiche economiche.

Nel primo trimestre del 2019 la crescita del PIL è tornata lievemente positiva. Gli indicatori congiunturali restano però ancora deboli; Ita-coin è sceso in aprile ai livelli minimi dall'estate del 2013. Il prodotto rimane ampiamente inferiore al potenziale.

La moderata crescita del 2018 ha interessato tutte le aree territoriali, ma è stata trainata dal Nord, dove è risultata quasi doppia rispetto a quella nel Centro e nel Mezzogiorno.

Il saldo delle partite correnti con l'estero è rimasto ampiamente positivo, come nel biennio precedente. La posizione debitoria netta con l'estero, in calo dal 2014, è scesa al 3,9 per cento del PIL.

La politica di bilancio è stata sostanzialmente neutrale. L'indebitamento netto è diminuito al 2,1 per cento del PIL; il debito è invece tornato a crescere, portandosi al 132,2 per cento.

Il credito bancario ha continuato ad aumentare in misura sostenuta per le famiglie; quello alle imprese ha registrato un'espansione elevata nella prima parte dell'anno, poi progressivamente attenuatasi per il calo della domanda e per l'irrigidimento delle condizioni di offerta. L'elevato livello di patrimonializzazione delle banche, la ricomposizione della raccolta verso fonti di finanziamento meno costose e l'ampia liquidità hanno frenato la trasmissione del rialzo dei rendimenti dei titoli pubblici al costo del credito; essa potrebbe rafforzarsi in futuro se il più alto livello dei rendimenti sovrani si mostrasse persistente.

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[5] La crescita del reddito disponibile delle famiglie si è rafforzata, sostenuta dall'espansione dell'occupazione, dagli aumenti salariali e dall'incremento delle prestazioni sociali. La disuguaglianza del reddito da lavoro equivalente per gli individui che vivono in nuclei attivi (con a capo una persona tra i 15 e i 64 anni e senza pensionati), dopo essere significativamente salita tra il 2009 e il 2014, si è lievemente ridotta soprattutto per effetto dell'aumento dell'occupazione.

L'incremento dei consumi privati, in atto dalla primavera del 2014, si è attenuato. La propensione al risparmio delle famiglie consumatrici è tornata a salire, risentendo plausibilmente di moventi precauzionali legati a una maggiore incertezza; gli indicatori di fiducia, pur restando su valori elevati, hanno iniziato a diminuire nella parte finale del 2018. Per alcune tipologie di famiglie, in particolare quelle più indebitate, i consumi potrebbero aver risentito anche di aspettative di inflazione ancora deboli.

Nonostante l'ulteriore aumento delle compravendite di abitazioni, il calo dei prezzi, pressoché ininterrotto da sette anni, è proseguito; ciò ha comportato una flessione della componente reale della ricchezza detenuta dalle famiglie. Negli ultimi anni emergono segnali di rialzo dei canoni di locazione.

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Un'analisi degli effetti redistributivi delle recenti misure di contrasto alla povertà

 

[6] L'attività si è indebolita in tutti i settori eccetto quelli dell'agricoltura e delle costruzioni. Il valore aggiunto ha rallentato nell'industria in senso stretto e nei servizi, risentendo della debolezza del ciclo internazionale e, nella seconda parte dell'anno, delle incertezze che hanno frenato la domanda nazionale; ha invece accelerato nel settore delle costruzioni, grazie alla dinamica relativamente robusta della spesa per investimenti residenziali, ed è tornato a crescere nell'agricoltura.

Il numero di aziende attive ha continuato ad aumentare, ma a un ritmo inferiore rispetto al 2017, per effetto della flessione del tasso di natalità, in atto dal 2010, e di un lieve incremento di quello di mortalità, diffuso a quasi tutti i settori. A frenare la creazione di nuove imprese ha contribuito in questi anni l'accresciuta emigrazione di forza lavoro giovane e istruita.

La crescita degli investimenti è stata sostenuta, ma inferiore a quella delll'anno precedente: il recupero avviatosi alla fine del 2014 si è arrestato nel secondo semestre dello scorso anno, a causa dell'indebolimento del ciclo economico e della perdita di fiducia delle imprese. Gli investimenti nei prodotti della proprietà intellettuale hanno decelerato per il secondo anno consecutivo. Nel confronto internazionale, rimane evidente il ritardo dell'Italia nell'adozione e nell'utilizzo delle tecnologie digitali.

Sulla base delle indagini svolte dalle Filiali della Banca d'Italia, poco più della metà delle imprese ha usufruito di almeno un'agevolazione per gli investimenti, che secondo un terzo dei beneficiari ha indotto un aumento dell'accumulazione. I piani delle imprese per l'anno in corso prefigurano nel complesso una lieve espansione della spesa per investimenti, nonostante nella manifattura prevalgano attese di flessione.

La produttività del lavoro nel settore privato ha ristagnato; l'andamento è stato fortemente eterogeneo tra imprese, risultando particolarmente favorevole per quelle di maggiore dimensione e più innovative. La dinamica della produttività si associa positivamente anche alla qualità di manager e amministratori.

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[7] Le condizioni finanziarie delle famiglie hanno risentito del rallentamento ciclico e delle tensioni sui mercati finanziari che hanno caratterizzato la seconda metà dell'anno; in questi mesi si è indebolita la crescita del reddito disponibile ed è notevolmente diminuito il valore delle attività in portafoglio. È proseguito l'aumento dei debiti verso le banche e le società finanziarie, favorito dai bassi tassi di interesse.

Le tensioni sui mercati finanziari si sono associate a un atteggiamento prudente da parte delle famiglie: sono rimasti elevati i depositi a vista e gli acquisti di polizze assicurative a rendimento minimo garantito, mentre si sono fortemente ridotte le sottoscrizioni di quote di fondi comuni. Gli strumenti del risparmio gestito nel portafoglio delle famiglie restano comunque molto elevati rispetto al passato. Questi strumenti hanno consentito ai risparmiatori di diversificare maggiormente i rischi, anche attraverso più ampi investimenti sui mercati internazionali. Le innovazioni nei canali distributivi delle banche hanno facilitato il possesso di strumenti finanziari diversi dai depositi.

Con il peggioramento del quadro congiunturale si è interrotto il recupero della redditività delle società non finanziarie, che era in atto dal 2012. La crescita dei debiti delle imprese verso le banche ha toccato, nella prima parte dell'anno, il livello più elevato dalla crisi dei debiti sovrani; si è poi ridotta a causa del calo della domanda e dell'adozione di politiche di offerta più prudenti. Le imprese più piccole appaiono finanziariamente più vulnerabili al rallentamento ciclico rispetto a quelle di maggiore dimensione, a causa della limitata capacità di autofinanziamento e delle condizioni meno favorevoli di accesso al credito.

Nonostante l'andamento negativo del mercato azionario nel 2018, il numero di società non finanziarie che si sono quotate in borsa è stato di poco superiore a quello del 2017. Negli ultimi cinque anni le nuove quotazioni sono state elevate rispetto al passato, principalmente per le piccole e medie imprese; nelle dimensioni del mercato azionario persiste tuttavia un ampio divario con i principali paesi europei.

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[8] L'occupazione è aumentata nella media dell'anno, ma la crescita si è arrestata nel secondo semestre, risentendo della debolezza dell'economia; ha mostrato qualche segnale di ripresa nel primo trimestre del 2019.

È cresciuta soprattutto l'occupazione dipendente a tempo indeterminato. Diversi fattori hanno favorito le trasformazioni di contratti a termine in rapporti permanenti: il numero elevato di posizioni a tempo determinato ereditate dal 2017, l'introduzione di sgravi contributivi per i giovani con meno di 35 anni di età e, negli ultimi mesi dell'anno, i nuovi vincoli sui contratti temporanei introdotti dal "decreto dignità". Per i lavoratori assunti con un contratto a termine tali limitazioni hanno tuttavia contribuito a ridurre lievemente la probabilità di rimanere occupato alla scadenza del contratto. È salita in modo non trascurabile la quota delle professioni con alto livello di competenze.

Il tasso di disoccupazione è sceso in media d'anno (al 10,6 per cento, dall'11,2 nel 2017). È proseguito l'aumento della partecipazione al mercato del lavoro, soprattutto per via del posticipo dell'età di pensionamento per le classi più mature introdotto dalle riforme degli ultimi dieci anni. Questo effetto è destinato a ridursi a causa dei recenti interventi normativi che hanno allentato temporaneamente i requisiti per l'accesso alla pensione.

Le retribuzioni di fatto sono tornate a crescere dopo due anni di sostanziale stagnazione, trainate dai rinnovi contrattuali avvenuti tra la fine del 2017 e l'inizio del 2018. Nel secondo semestre, con il peggioramento delle condizioni cicliche, è tornata a salire la quota di dipendenti con un contratto scaduto e non ancora rinnovato, inducendo un rallentamento delle retribuzioni contrattuali che si sta protraendo nell'anno in corso.

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[9] La crescita dei prezzi al consumo in Italia è risultata debole, per via dei margini ancora significativi di capacità inutilizzata e, nella seconda parte dell'anno, per il peggioramento delle condizioni cicliche; ne discende che l'inflazione di fondo è rimasta ancora molto bassa.

I salari nominali sono tornati ad aumentare, senza tuttavia tradursi in una più sostenuta dinamica dei prezzi. Dalla metà del 2018 è inoltre emerso un rallentamento della dinamica salariale, dovuto al mancato rinnovo di contratti già scaduti.

L'apprezzamento del cambio effettivo dell'euro ha determinato un peggioramento della competitività di prezzo delle imprese italiane nei confronti dei concorrenti esterni all'area; in seguito alla più contenuta crescita dei prezzi, è invece migliorata la competitività rispetto ai partner commerciali dell'area.

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[10] Come in altri paesi dell'area dell'euro l'apprezzamento del cambio nominale e il rallentamento del commercio mondiale hanno frenato le esportazioni. La loro crescita, dopo la debolezza di inizio anno, ha tuttavia contribuito - insieme con il minore deficit dei servizi, dovuto soprattutto all'aumento degli afflussi turistici, e il più elevato surplus dei redditi da capitale - a mantenere ampio l'avanzo di conto corrente, compensando il peggioramento della bilancia energetica.

Gli investimenti di portafoglio italiani all'estero si sono dimezzati rispetto alla media del quadriennio precedente, durante il quale le famiglie avevano diversificato il proprio portafoglio in risposta ai bassi rendimenti sui titoli di Stato e alla scarsa offerta di obbligazioni bancarie. Gli investitori esteri hanno ridotto le proprie consistenze di titoli italiani, in particolare tra i mesi di maggio e agosto, soprattutto in concomitanza con alcuni episodi di maggiore tensione sui mercati finanziari italiani; ai deflussi di capitali è corrisposto un ampliamento del saldo debitorio della Banca d'Italia sul sistema dei pagamenti TARGET2, poi stabilizzatosi tra la fine del 2018 e i primi mesi del 2019.

L'avanzo di conto corrente riflette il miglioramento, in atto da diversi anni, della capacità di competere degli esportatori italiani; ha determinato una nuova riduzione della posizione passiva netta sull'estero dell'Italia.

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[11] Nel 2018 l'orientamento della politica di bilancio è risultato sostanzialmente neutrale. L'indebitamento netto ha continuato a diminuire, raggiungendo il 2,1 per cento del PIL; il rapporto tra il debito e il prodotto ha invece ripreso a crescere, portandosi al 132,2 per cento.

Dalla scorsa primavera l'incertezza sui programmi del nuovo Governo ha contribuito a innalzare i rendimenti all'emissione dei titoli di Stato italiani. In seguito all'accordo con la Commissione europea sugli obiettivi di bilancio per il 2019, le tensioni sui mercati finanziari sono parzialmente rientrate nell'ultima parte dell'anno. L'elevata vita media residua del debito pubblico rallenta la trasmissione dell'aumento dei tassi all'emissione sull'onere medio, ma si può stimare che un rialzo permanente dei tassi pari a un punto percentuale comporti un incremento del costo del debito di poco inferiore a mezzo punto dopo tre anni.

Nel 2019 l'orientamento della politica di bilancio sarebbe lievemente espansivo. Secondo le stime ufficiali più recenti, l'indebitamento netto salirebbe al 2,4 per cento del prodotto. Per il triennio 2020-22 il Governo programma invece una costante riduzione del disavanzo (fino all'1,5 per cento del PIL), che sconta l'inasprimento delle imposte indirette previsto dalle clausole di salvaguardia nel prossimo biennio, nonché interventi correttivi nel 2022. Escludendo tali misure, l'indebitamento netto si collocherebbe poco al di sotto del 3,5 per cento del prodotto nella media del triennio.

L'ultimo rapporto triennale della Commissione europea segnala un aumento dei rischi per la sostenibilità delle finanze pubbliche, per effetto soprattutto del deterioramento del saldo primario strutturale registrato negli ultimi anni e, in misura minore, dell'incremento atteso della spesa legata all'invecchiamento della popolazione.

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[12] I recenti interventi in materia di regolamentazione dei mercati delineano un orientamento nel complesso poco favorevole all'apertura alla concorrenza, pur con differenze tra i diversi settori, alcuni dei quali hanno beneficiato delle misure di liberalizzazione introdotte in passato.

All'inizio del 2019 è stato emanato il Codice della crisi di impresa e dell'insolvenza con l'obiettivo di migliorare l'efficacia della disciplina concorsuale e restituire organicità alla materia. La principale novità riguarda l'introduzione delle procedure di allerta e composizione, che possono favorire la tempestiva emersione e la gestione delle situazioni di crisi; le relative modalità di funzionamento dovranno però essere calibrate in maniera tale da evitare il rischio di liquidazioni precoci.

Nel settore della giustizia civile è proseguita la riduzione del numero di procedimenti pendenti, in particolare di quelli iscritti da oltre tre anni, anche se con minore intensità rispetto al quadriennio precedente. La durata media dei procedimenti definiti, benché in lieve diminuzione, rimane elevata.

Per rendere più efficace la lotta alla corruzione sono state varate misure che rafforzano gli strumenti di accertamento e repressione. La revisione della prescrizione, pur limitando il rischio di estinzione dei reati, introduce incertezza nei tempi di definizione dei processi penali.

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[13] La crescita dei prestiti bancari, seppure ancora contenuta, è stata la più alta dall'avvio della crisi dei debiti sovrani. Nella seconda parte dell'anno il peggioramento del quadro macroeconomico e finanziario si è tuttavia riflesso rapidamente nella dinamica del credito alle imprese, che è tornato a contrarsi nei primi mesi del 2019.

Il tasso di deterioramento dei prestiti è sceso su livelli inferiori a quelli del biennio 2006-07. La consistenza dei crediti deteriorati si è notevolmente ridotta sia in termini assoluti sia in rapporto al totale dei finanziamenti grazie a rilevanti operazioni di cessione. Anche i tempi di recupero delle posizioni classificate in sofferenza stanno gradualmente diminuendo.

La riduzione delle rettifiche di valore sui crediti e, in misura minore, il contenimento dei costi operativi hanno favorito l'aumento della redditività, che per le maggiori banche italiane è stata di poco inferiore a quella dei principali intermediari europei. Il contributo ai ricavi dei servizi di collocamento di titoli delle imprese è rimasto contenuto.

È proseguita la riorganizzazione della rete distributiva: il numero degli addetti e quello degli sportelli è diminuito, favorendo il contenimento dei costi operativi. Il processo ha interessato soprattutto i cinque maggiori gruppi. Nei primi mesi del 2019 la struttura del settore si è modificata in maniera rilevante a seguito della riforma del credito cooperativo: il numero di banche non appartenenti a gruppi si è ridotto di oltre due terzi.

Gli intermediari hanno incrementato gli investimenti in titoli pubblici italiani nella prima metà dell'anno. La riduzione dei corsi dei titoli di Stato si è riflessa in un calo del patrimonio; l'effetto è stato attenuato da un aumento della quota di titoli valutati al costo ammortizzato.

La raccolta degli investitori istituzionali è stata inferiore a quella dello scorso anno, risentendo principalmente del calo di sottoscrizioni di quote di fondi comuni. La flessione ha riguardato anche il segmento dei piani individuali di risparmio (PIR).

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[14] Le condizioni dei mercati finanziari italiani hanno riflesso, a partire dalla primavera scorsa, l'aumento dell'incertezza sull'orientamento delle politiche economiche e di bilancio; nell'ultima parte dell'anno hanno risentito anche del ridimensionamento delle prospettive di crescita a livello globale.

Il premio per il rischio sovrano richiesto dagli investitori, misurato dal differenziale di rendimento tra i titoli di Stato decennali italiani e quelli tedeschi, è salito in misura marcata; l'incremento si è trasmesso al costo della raccolta obbligazionaria per imprese e banche italiane, che è significativamente aumentato. Le tensioni sul mercato dei titoli sovrani si sono attenuate nell'ultimo trimestre del 2018, dopo il raggiungimento dell'accordo tra il Governo e la Commissione europea sulle politiche di bilancio. Le quotazioni azionarie, in particolare quelle delle aziende di credito, sono diminuite sensibilmente nell'anno, in linea con gli andamenti osservati nell'area dell'euro.

Nei primi mesi del 2019 le condizioni dei mercati finanziari italiani sono migliorate, come negli altri principali paesi avanzati, beneficiando dell'orientamento meno restrittivo da parte della Riserva federale e dell'intenzione della BCE di mantenere più a lungo condizioni monetarie molto espansive.

A partire da maggio tuttavia i corsi azionari e obbligazionari sono scesi sensibilmente, risentendo del rialzo dell'avversione al rischio degli investitori.

A causa dell'incertezza sulle prospettive del quadro macroeconomico e delle politiche economiche, nei primi mesi del 2019 il premio per il rischio sovrano si è mantenuto ancora al di sopra del livello registrato all'inizio del 2018; sul mercato dei titoli di Stato la volatilità è rimasta elevata.

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Capitolo monografico - Il turismo in Italia: numeri e potenziale di sviluppo

[15] In Italia il turismo ha un'incidenza significativa sul PIL, superiore a quella della Francia e della Germania e comparabile a quella della Spagna. Rispetto alla prima metà degli anni novanta, in un contesto globale di notevole espansione del settore, l'Italia ha visto ridurre la propria quota di mercato in misura più marcata nel confronto con le altre principali mete internazionali. Dal 2010 si sono registrati tuttavia importanti segnali di recupero degli afflussi dall'estero, ulteriormente rafforzatisi nell'ultimo biennio.

La distribuzione della spesa sul territorio è più concentrata rispetto alle risorse turistiche: ne consegue, per alcune, un limitato sfruttamento e, per altre, un rischio di congestione. Le regioni del Nord Est e del Centro intercettano gran parte dei flussi internazionali; nelle prime si concentra la quota maggiore di turisti italiani. Il settore è invece meno sviluppato nel Mezzogiorno, dove è ancora limitata la presenza di turisti, soprattutto stranieri.

La domanda turistica si sta caratterizzando per una crescente complessità e articolazione. Rimangono tuttavia centrali le motivazioni culturali, che rafforzano il vantaggio competitivo di cui gode il nostro paese in virtù della ricchezza del suo patrimonio artistico e storico. Dalla capacità di valorizzare tale risorsa dipenderà larga parte delle possibilità di ulteriore crescita del settore.

L'offerta ricettiva, più frammentata che in altri paesi, si sta trasformando, anche per l'affermarsi dei canali di prenotazione online, che favoriscono l'aumento dei posti letto in strutture diverse dagli alberghi e accelerano il processo di riqualificazione di questi ultimi.

Il pieno sfruttamento delle potenzialità turistiche richiede il superamento dei ritardi registrati dal nostro paese, concentrati nella qualificazione degli addetti e nelle infrastrutture di trasporto; a ciò si aggiunge il basso livello di priorità assegnato al settore nelle politiche nazionali.

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Capitolo monografico - Gli investimenti pubblici

[16] Secondo le stime disponibili un aumento della spesa per investimenti pubblici può avere un impatto macroeconomico significativo, la cui entità dipende dal grado di efficienza nell'impiego delle risorse; l'impatto è più elevato in presenza di condizioni monetarie favorevoli e in assenza di ripercussioni negative sul premio per il rischio sovrano.

La spesa per investimenti pubblici in Italia si è fortemente ridotta dall'avvio della crisi, portandosi su valori inferiori, in rapporto al PIL, a quelli registrati nei principali paesi europei. Vi hanno contribuito non solo la contrazione degli stanziamenti, ma anche le difficoltà operative di spesa. Gli indicatori disponibili suggeriscono un ritardo nella dotazione infrastrutturale del nostro paese che risente, specie nel Mezzogiorno, di sprechi e di inefficienze nella realizzazione delle opere. Tale situazione riflette sia un quadro di regole non adeguato, sia deboli competenze tecniche delle Amministrazioni nella programmazione e nella realizzazione degli interventi.

Negli ultimi anni è stata promossa una vasta azione di riforma volta a migliorare l'efficienza della spesa per investimenti. Molte misure (come quelle riguardanti la qualificazione degli enti committenti, la programmazione tecnico-finanziaria e la qualità della progettazione degli interventi) risultano tuttavia ancora inattuate o non pienamente operative. Interventi mirati ad accelerare la realizzazione delle opere, se non accompagnati da una maggiore trasparenza dell'attività amministrativa e da adeguati livelli di professionalità nelle Amministrazioni committenti, possono accentuare i rischi di corruzione e di allocazione inefficiente delle risorse.

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