Nei mesi di gennaio e febbraio 1984 sono state condotte le interviste per la diciannovesima indagine campionaria sui bilanci delle famiglie italiane.
Sintesi dei risultati
Nel 1983 il reddito familiare medio annuo è stato di 20.222.000 lire: questa stima campionaria è prossima al valore calcolato sui dati di contabilità nazionale, che è risultato di 22.364.000 lire.
La distribuzione delle famiglie italiane per classi di reddito e per decili, la struttura del reddito familiare, la distribuzione del reddito per regioni di residenza e per condizione professionale del capofamiglia non sono variate in misura significativa rispetto all'anno precedente.
Il reddito individuale medio annuo è stato di 11.067.000 lire. Come per il reddito familiare, anche a livello individuale la distribuzione dei percettori per classi di reddito e per decili, la distribuzione del reddito per regione di residenza e per condizione professionale non hanno subito modifiche rilevanti rispetto a quanto emerso dalle indagini precedenti.
La suddivisione degli occupati tra i diversi settori di attività e i redditi medi da lavoro dipendente sono stati confrontati con i dati di contabilità nazionale, allo scopo di esaminare la rappresentatività del campione.
Come in passato, gli occupati nell'Amministrazione pubblica sono sovrarappresentati mentre si verifica il risultato opposto per i lavoratori dell'agricoltura e industria; inoltre, a differenza che nelle indagini precedenti, la quota di lavoratori occupati negli altri settori (commercio, trasporti, credito e assicurazioni) è risultata superiore a quella di contabilità nazionale. Questi fenomeni possono essere spiegati, oltre che dalla variabilità campionaria e dalla difficoltà per gli intervistati di individuare correttamente il proprio settore di appartenenza, da una diversa disponibilità a rispondere dei vari gruppi di famiglie; inoltre, alcuni nuclei familiari, a causa delle caratteristiche dell'attività svolta, sono più difficili da contattare dagli intervistatori.
Per quanto riguarda i redditi medi dei lavoratori dipendenti, l'accostamento dei risultati dell'indagine ai dati di contabilità nazionale appare soddisfacente sia a livello globale che di settore, con l'eccezione del reddito medio nel settore agricolo riferito al totale degli occupati (che comprende anche i lavoratori stagionali). La natura delle elaborazioni necessarie a rendere confrontabili i redditi rilevati dall'indagine con quelli di contabilità nazionale concorre a spiegare gli scostamenti esistenti; infatti, operando sui redditi medi al lordo d'imposta ottenuti dai dati di contabilità nazionale non si è potuto tenere conto delle detrazioni fiscali di natura variabile (carichi di famiglia, interessi passivi sui mutui, ecc.) e della progressività delle aliquote fiscali.
I risultati relativi al risparmio familiare risentono anche per il 1983 dell'elevata reticenza delle famiglie a fornire informazioni su questa variabile: il 42,1 per cento delle famiglie intervistate ha dichiarato di non avere risparmiato nulla nel corso dell'anno e la propensione media al risparmio è risultata del 9,6 per cento. Le tendenze individuate in passato continuano, comunque, a trovare conferma nei risultati dell'indagine: ad esempio la notevole quota di risparmio investita in immobili, la più elevata propensione al risparmio dei lavoratori autonomi, il decrescere della propensione media al risparmio con l'età del capofamiglia dopo aver raggiunto il massimo nella classe di età tra 31 e 40 anni. I dati a livello regionale mostrano la tendenza delle famiglie residenti nelle regioni settentrionali ad una maggiore propensione media al risparmio rispetto al resto del paese, fenomeno coerente con i più alti redditi medi che caratterizzano queste regioni; tuttavia l'elevata variabilità di tale propensione all'interno delle diverse aree geografiche impone cautela nell'interpretare questi risultati.
Anche per quanto riguarda la ricchezza finanziaria, nonostante rimanga elevata la percentuale di famiglie che dichiarano di non possedere attività finanziarie (61,4 per cento), le indicazioni fornite dalle indagini precedenti appaiono confermate: la maggiore diffusione del possesso di attività finanziarie liquide (conti correnti e depositi a risparmio bancari) tra i lavoratori autonomi, di depositi e buoni fruttiferi postali presso gli anziani e nei centri abitati più piccoli, di BOT ed altri titoli tra i percettori di redditi più elevati.
La spesa media annua familiare per consumi è stata di 13.767.000 lire, pari al 90,4 per cento di quella rilevata dall'ISTAT. Il confronto con i dati di contabilità nazionale non è altrettanto soddisfacente: la spesa media rilevata dall'indagine campionaria rappresenta solo il 79,6 per cento di tale aggregato. La propensione media al consumo è stata del 68,1 per cento, mentre quella calcolata sui dati di contabilità nazionale è risultata del 77,3 per cento. Concorrono a giustificare queste differenze sia la diversa definizione della variabile in questione (che, in contabilità nazionale, comprende anche le spese per servizi sanitari a carico di enti previdenziali e assistenziali e le spese per l'acquisto di oggetti di valore) sia la tecnica di rilevazione seguita dall'indagine, in cui la spesa familiare per consumi viene richiesta in modo estremamente sintetico, a chiusura di bilancio. Questo risultato non è incongruente con il basso valore della propensione media al risparmio: infatti il risparmio e il consumo sono rilevati autonomamente e la loro somma non risulta necessariamente uguale al reddito percepito.
Per quanto riguarda la ricchezza reale delle famiglie, il 72,3 per cento di queste ha dichiarato di possedere qualche forma di ricchezza reale; questa è risultata composta, per circa il 90 per cento, di immobili. In particolare, la percentuale di famiglie proprietarie dell'abitazione in cui vivono è stata del 58,8 per cento, mentre le famiglie che possiedono almeno un immobile diverso dall'abitazione usata come domicilio sono risultate il 26,7 per cento del totale.