Nella prima metà del 2023 in Friuli Venezia Giulia è proseguito il rallentamento della crescita economica, avviatosi nel corso del 2022; l'indicatore trimestrale dell'economia regionale (ITER), elaborato dalla Banca d'Italia, è salito dello 0,9 per cento rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente, in linea con l'andamento del PIL italiano. La crescita si è concentrata nel primo trimestre per poi annullarsi nel secondo; i servizi e le costruzioni hanno continuato a fornire un contributo positivo a cui si è contrapposto l'andamento negativo dell'industria in senso stretto.
La produzione industriale si è contratta e le vendite sono diminuite, in misura più accentuata nel mercato interno rispetto a quello estero. L'andamento negativo è stato guidato dal comparto del legno e arredo e dalla metallurgia, parzialmente compensato dalla crescita della meccanica. Gli investimenti hanno ristagnato, frenati anche dall'aumento del costo del credito. Le attese di breve termine formulate dalle imprese industriali all'inizio dell'autunno prefigurano una sostanziale stabilità dell'attività economica; i piani di investimento per il 2024 restano improntati alla cautela.
Nel primo semestre del 2023 la crescita delle costruzioni ha sensibilmente rallentato e gli scambi sul mercato immobiliare sono diminuiti. I servizi privati non finanziari hanno continuato a beneficiare del buon andamento delle presenze turistiche mentre si è ridotta la movimentazione di merci nel porto di Trieste.
Il calo dei costi energetici ha contribuito a sostenere la redditività delle imprese; ne hanno beneficiato le riserve di liquidità che sono rimaste elevate. Il credito bancario alle imprese si è ridotto, risentendo di un inasprimento delle condizioni di finanziamento e di una riduzione della domanda.
L'occupazione complessiva è lievemente diminuita; la componente alle dipendenze ha mostrato un andamento più favorevole nei servizi, in particolare turistici, e in quella a tempo determinato. Il ricorso agli strumenti di integrazione salariale è tornato a crescere, dopo la forte riduzione nel biennio precedente.
Nel 2023 l'espansione dei consumi delle famiglie è stimata in marcato rallentamento a seguito della dinamica inflattiva e della conseguente erosione del potere di acquisto dei redditi. Nel primo semestre del 2023 i prestiti alle famiglie hanno fortemente decelerato in relazione al maggiore costo dei mutui per l'acquisto di abitazioni e all'indebolimento della domanda.
Nel primo semestre del 2023 i prestiti al settore privato non finanziario si sono ridotti, in particolare quelli alle imprese. La qualità del credito è rimasta pressoché stabile. I depositi bancari di famiglie e imprese sono leggermente diminuiti, con una contrazione dei conti correnti solo parzialmente bilanciata dall'espansione della componente a risparmio. I titoli a custodia presso le banche di famiglie e imprese sono aumentati, anche in virtù dei maggiori rendimenti nominali offerti.