N. 20 - L'economia della SardegnaRapporto annuale

Il quadro macroeconomico

Nel 2022 l'economia della Sardegna ha continuato a crescere: l'espansione è stata però più contenuta rispetto a quella osservata l'anno precedente. Le stime basate sull'indicatore trimestrale dell'economia regionale della Banca d'Italia (ITER) evidenziano un incremento marcato del PIL fino a giugno (5,3 per cento), poi proseguito in misura minore dai mesi estivi sino alla fine dell'anno (3,5 per cento nella media annua). Il prodotto perso in regione durante la crisi pandemica non sarebbe stato ancora del tutto recuperato, mentre nel complesso del Paese l'attività economica avrebbe superato di poco i livelli del 2019.

Tra le componenti della domanda, i consumi delle famiglie si sono mantenuti sul sentiero di espansione dell'anno precedente. Anche gli investimenti delle imprese sono aumentati, ma in misura minore che nel 2021; il contributo delle esportazioni è rimasto positivo.

Dalla metà del 2021 si è registrato un forte incremento dei prezzi al consumo, sospinto dal rincaro delle materie prime, soprattutto di quelle energetiche, e dei beni alimentari, oltre che dall'emergere di strozzature dal lato dell'offerta a livello mondiale, che si sono riflesse in maggiori costi per le imprese e per le famiglie. Nonostante gli interventi governativi volti a mitigare i rincari, nel 2022 l'inflazione è ulteriormente cresciuta risentendo degli effetti dell'invasione russa in Ucraina e risultando in Sardegna superiore alla media italiana. Nei primi mesi di quest'anno l'inflazione nell'isola si è ridotta (al 9,0 per cento a marzo), pur rimanendo su livelli molto elevati nel confronto storico; il calo rispetto ai valori di fine 2022 è riconducibile soprattutto alla riduzione dei prezzi dei beni energetici.

I settori produttivi

Nel 2022 il quadro congiunturale del settore produttivo è lievemente migliorato, con intensità diverse, in tutti i comparti.

Nei servizi è proseguita la ripresa registrata nell'anno precedente, recuperando i livelli antecedenti l'emergenza sanitaria; il valore aggiunto è cresciuto del 3,7 per cento a prezzi costanti. L'indagine condotta dalla Banca d'Italia presso le imprese del settore privato non finanziario conferma un quadro positivo, con la maggior parte delle imprese che ha indicato fatturati e investimenti in aumento a prezzi costanti.

Ha continuato a espandersi l'attività nel comparto turistico: secondo i dati preliminari della Regione Sardegna, nel 2022 le presenze sono cresciute di oltre un terzo rispetto all'anno precedente. La dinamica ha riflesso un incremento marcato sia per la componente nazionale sia, più intensamente, per quella estera su cui aveva inciso maggiormente la crisi pandemica. Il recupero del turismo internazionale risulta ancora parziale, mentre le presenze di italiani hanno superato i livelli pre- Covid dell'8 per cento circa. Si è espansa anche l'attività dei trasporti, i flussi di passeggeri sono tornati sui livelli antecedenti la pandemia.

L'attività nell'edilizia si è confermata ancora in crescita, continuando a beneficiare delle misure fiscali a sostegno della spesa dei privati nelle opere di riqualificazione degli immobili di proprietà, soprattutto per quanto riguarda l'efficientamento energetico. In base alle informazioni rilasciate dalla CNA Costruzioni Sardegna il valore della produzione è cresciuto a prezzi costanti di oltre il 10 per cento; all'espansione dell'edilizia privata si è contrapposto un indebolimento dei lavori pubblici.

Anche nel settore industriale si è registrato nel complesso un incremento dell'attività produttiva, sebbene con eterogeneità tra i comparti. Le produzioni della chimica e dell'alimentare si sono rafforzate, beneficiando della crescita della domanda proveniente rispettivamente dalle costruzioni e dal turismo; la domanda estera ha sostenuto in maggior misura il settore petrolifero, in cui le esportazioni sono aumentate intensamente anche a prezzi costanti. Sono migliorati gli indicatori relativi a ordini e produzione: secondo i dati dell'Indagine della Banca d'Italia prevalgono le aziende del settore industriale che ne indicano un incremento. Ancorché in diminuzione rispetto all'anno precedente, la quota di imprese del campione che ha registrato un aumento del fatturato in termini reali risulta maggioritaria; a valori correnti le vendite sono cresciute per una porzione più ampia di operatori, riflettendo l'andamento dei prezzi di vendita dei propri prodotti. La dinamica della spesa per investimenti è migliorata in termini reali.

I rincari energetici e delle altre materie prime hanno inciso sui costi di produzione delle imprese manifatturiere, in particolar modo nei primi tre trimestri del 2022; vi si è associata un'intensa crescita dei prezzi di vendita che ha permesso di mantenere sostanzialmente inalterati i margini operativi delle imprese.

Nel complesso dei settori produttivi la redditività è rimasta positiva per circa i quattro quinti delle imprese. La liquidità è ulteriormente cresciuta, ai livelli più elevati degli ultimi anni, riflettendo in particolare un aumento dei depositi.

I prestiti bancari alle società non finanziarie hanno rallentato nel 2022, a dicembre la crescita è risultata pari all'1,7 per cento. Sulla dinamica hanno inciso anche i rimborsi effettuati nel corso dell'anno in connessione con la scadenza di alcune misure governative di sostegno al credito. Il rallentamento è stato diffuso tra le differenti classi dimensionali, e ha riguardato in particolare le aziende dei servizi. A partire dal secondo semestre si è indebolita la domanda di prestiti del settore produttivo, per le minori richieste finalizzate a finanziare gli investimenti.

È lievemente diminuita la natalità netta delle imprese, pur mantenendosi su valori elevati nel confronto storico. L'indicatore ha riflesso sia un lieve aumento del tasso di mortalità, comune alle differenti forme societarie, sia una diminuzione di quello di natalità che ha riguardato esclusivamente le ditte individuali.

Il mercato del lavoro e le famiglie

Nel 2022 l'occupazione in regione ha continuato a crescere, sebbene in misura meno intensa rispetto all'anno prima, che era stato caratterizzato da un forte recupero a seguito della crisi pandemica. Nella media dell'anno il numero degli occupati è aumentato dello 0,5 per cento rispetto al 2021, un valore sensibilmente più contenuto rispetto a quello osservato per l'Italia (2,5 per cento) e non sufficiente a riportare l'occupazione ai livelli del 2019, che invece sono stati superati nella media delle regioni italiane.

Nel confronto con il resto del Paese, la Sardegna ha visto ampliarsi, nel corso dell'ultimo decennio (tra il 2012 e il 2021), il divario in termini di retribuzioni annue, che nel 2021 erano inferiori di circa un quarto rispetto alla media delle altre regioni. Al divario contribuiscono sia il minor numero di ore lavorate per addetto sia i minori compensi orari, a loro volta dovuti alla maggiore specializzazione dell'economia sarda nei settori dei servizi per il turismo e del commercio, e alla prevalenza di aziende di piccole dimensioni.

Per il 2022, i dati delle comunicazioni obbligatorie del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali sui contratti nel settore privato non agricolo evidenziano un indebolimento nella crescita delle posizioni di lavoro alle dipendenze, in particolare nella seconda parte dell'anno. Dopo essere rimasto su valori superiori a quelli del 2021 fino ad agosto, il numero dei contratti attivati, al netto delle cessazioni, si è attestato su livelli inferiori all'anno precedente nel corso dell'ultimo trimestre, con circa 6.500 posizioni nette nel complesso dei dodici mesi. Le minori attivazioni nette sono da ricondursi unicamente alle maggiori cessazioni, anche a causa del superamento del blocco dei licenziamenti, mentre sono aumentate le nuove assunzioni (10,6 per cento in più rispetto al 2021).

La crescita della domanda di lavoro è stata guidata esclusivamente dalle posizioni a tempo indeterminato, sostenute sia dalle nuove attivazioni sia dalle trasformazioni di contratti a termine, mentre le attivazioni nette riferite a questi ultimi sono diminuite dopo la forte crescita registrata nel 2021.

Coerentemente con la prevalenza delle posizioni a tempo indeterminato, tra i settori si è registrato un indebolimento nella creazione di posti di lavoro nei servizi, in particolare nel turismo e in misura più limitata nel commercio, e nelle costruzioni, a fronte di un rafforzamento nell'industria in senso stretto caratterizzata dalla maggiore presenza di contratti permanenti. Le attivazioni nette di contratti a tempo determinato hanno ripreso ad aumentare durante i primi quattro mesi del 2023, in misura maggiore rispetto al periodo corrispondente dell'anno precedente.

È inoltre prevedibile che l'espansione dell'occupazione prosegua nei prossimi anni, in particolare nel settore delle costruzioni, a seguito della mobilizzazione dei fondi del PNRR. In particolare, si stima che la crescita dell'attività nel settore edilizio dovuta ai progetti attivati dal PNRR in Sardegna favorirà la creazione di circa 2.500 posti di lavoro aggiuntivi nel 2025, anno di picco.

Dopo essere aumentato nel 2021, il tasso di attività è rimasto stabile al 62,2 per cento, mentre è diminuito il tasso di disoccupazione, dal 13,5 all'11,5 per cento. Il calo è quasi interamente ascrivibile alla componente maschile (di 3,1 punti percentuali) a fronte di un miglioramento più limitato per la componente femminile (il cui tasso di disoccupazione è sceso di soli 0,4 punti percentuali).

Nel 2022 in base alle stime di Prometeia il reddito disponibile delle famiglie sarde è cresciuto del 5,6 per cento a valori correnti. Il potere d'acquisto è stato però eroso dall'incremento dei prezzi: in termini reali il reddito familiare si è contratto dell'1,2 per cento, una diminuzione lievemente superiore alla media nazionale.

I consumi hanno continuato ad aumentare (del 5,0 per cento) con un'intensità simile a quella osservata l'anno prima. Il recupero rispetto ai valori pre-pandemia risulta ancora incompleto, con un divario residuo nel confronto con i livelli del 2019 che in regione si attesta a circa il 2 per cento. Sui consumi delle famiglie sarde la componente dei beni alimentari pesa per circa un quarto, seguita dalle voci connesse con l'abitazione e le utenze e da quelle relative ai trasporti. Queste categorie, più difficilmente comprimibili perché legate a bisogni primari, assumono una quota maggiore per le famiglie con più bassi livelli di spesa complessiva. Poiché gli aumenti dei prezzi hanno riguardato soprattutto tali voci di spesa, le famiglie meno abbienti sono risultate le più esposte alle pressioni inflazionistiche. L'incremento dei prezzi potrebbe inoltre aver accresciuto la quota di nuclei familiari che non sono in grado di sostenere l'acquisto dei beni energetici essenziali, che era già più elevata in regione rispetto al complesso del Paese.

I prestiti alle famiglie hanno continuato ad aumentare, riflettendo l'espansione sia del credito al consumo sia dei mutui; questi ultimi hanno iniziato a rallentare sul finire dell'anno, risentendo della contrazione della domanda dovuta anche alla rapida salita dei tassi di interesse. La contenuta incidenza dei contratti a tasso variabile contribuisce tuttavia a ridurre l'esposizione al rischio di aumento della rata per le famiglie indebitate.

Il mercato del credito

È proseguita la tendenza alla digitalizzazione dei rapporti tra banche e clientela: a un numero di sportelli bancari ulteriormente in calo si è associata un'intensificazione delle interazioni con la clientela da remoto e un ampliamento dell'offerta di servizi tramite canali digitali; per i comuni in cui non è presente uno sportello bancario, la diffusione degli sportelli postali e la ridotta distanza con i comuni maggiormente serviti garantiscono una presenza ancora capillare di servizi finanziari sul territorio regionale.

La dinamica del credito bancario al settore privato non finanziario è stata positiva anche nel 2022. La rischiosità della clientela regionale è rimasta contenuta: il tasso di deterioramento dei finanziamenti ha continuato a mantenersi su livelli bassi nel confronto storico, sia per le famiglie sia per le imprese. Si è ridotta l'incidenza dei prestiti al settore produttivo per i quali si è rilevato un aumento del rischio di credito, pur rimanendo su livelli più elevati di quelli osservati prima della pandemia.

Ingenti operazioni di cessione e cartolarizzazione delle sofferenze hanno contribuito a ridurre ulteriormente l'incidenza dei finanziamenti deteriorati. Il tasso di copertura di questi ultimi, dato dal rapporto tra le rettifiche di valore e le esposizioni lorde, si è mantenuto elevato nel confronto storico.

Ha rallentato la crescita dei depositi bancari, in particolare per i conti correnti, dopo la forte espansione registrata nel 2021. Il valore complessivo dei titoli a custodia detenuti presso le banche è diminuito: le pressioni al ribasso sui corsi azionari, l'elevata volatilità dei mercati e l'aumento dei rendimenti sui titoli obbligazionari hanno contribuito a una riduzione delle quote dei fondi comuni di investimento e della componente azionaria, a cui si è associato un incremento dei titoli di Stato e delle obbligazioni bancarie.

La finanza pubblica locale

Nel 2022 si è interrotta la crescita della spesa primaria totale degli enti territoriali sardi, risultata in calo del 3,2 per cento. In termini pro capite è ammontata a 4.930 euro, un valore inferiore alla media delle Regioni a Statuto Speciale (RSS) ma superiore a quella nazionale.

La spesa corrente è diminuita dell'1,5 per cento, riflettendo un calo deciso di quella relativa al personale e, meno marcatamente, di quella per beni e servizi. All'interno di quest'ultima è aumentata di oltre un terzo la bolletta energetica degli enti territoriali sardi; la sua incidenza sulla spesa corrente rimane tuttavia contenuta, sia per la Regione e gli enti sanitari sia per i Comuni.

Anche la spesa in conto capitale si è ridotta nel corso dell'anno, riflettendo il calo dei contributi a famiglie e imprese. Gli investimenti sono risultati in diminuzione del 2 per cento, riflettendo la debolezza di quelli della Regione, mentre hanno continuato a crescere quelli dei Comuni.

Prosegue il processo di assegnazione dei fondi resi disponibili dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e dal Piano nazionale per gli investimenti complementari al PNRR (PNC). Al 20 aprile 2023, risultavano assegnati a soggetti attuatori pubblici 3,9 miliardi di euro, il 3,5 per cento del totale nazionale. I fondi finora assegnati, pari a 2.488 euro pro capite, sono sensibilmente superiori alla media italiana e delle altre regioni del Mezzogiorno. Circa un quarto degli interventi fa capo a enti pubblici e società partecipate nazionali, mentre tra le Amministrazioni locali il ruolo più rilevante è assegnato ai Comuni che sono competenti per circa il 28 per cento dei finanziamenti.

Sono aumentate ulteriormente le risorse assorbite dal sistema sanitario, seppur in misura più contenuta rispetto all'anno precedente. L'espansione è dipesa dalla dinamica della spesa in convenzione, legata all'attività di recupero delle liste d'attesa; si è ridotta quella per il personale, in particolare per il calo dell'organico dei comparti medico e infermieristico.

Sono aumentate le entrate correnti di tutti gli enti territoriali sardi. Quelle della Regione, in crescita del 6,2 per cento, si sono attestate a 5.064 euro pro capite, un valore inferiore a quello medio delle altre RSS. Gli incassi degli enti intermedi e dei Comuni sono risultati anch'essi in crescita, collocandosi su valori pro capite superiori rispetto alle aree di confronto. Gli enti territoriali sardi utilizzano la leva fiscale in misura inferiore rispetto alla media nazionale; le aliquote delle addizionali comunali e regionale all'Irpef, e dell'IMU risultano inferiori rispetto alla media italiana.

Alla fine del 2022 il debito consolidato delle Amministrazioni pubbliche sarde era pari a 1.255 euro pro capite, un valore inferiore rispetto alle medie delle RSS e dell'Italia, e in leggero calo rispetto all'anno precedente.

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