N. 12 - L'economia del LazioRapporto annuale

Nel corso del 2014 la caduta dei livelli di attività, che ha caratterizzato il biennio precedente, si è arrestata. I segnali di una ripresa congiunturale sono tuttavia ancora deboli. Nel complesso permangono profonde eterogeneità tra i comparti produttivi e le tipologie di imprese; la fase congiunturale appare meno favorevole per le aziende di minori dimensioni. In prospettiva, l’economia della regione potrebbe beneficiare dell’aumento della capacità produttiva programmato, soprattutto da grandi imprese, in alcuni comparti.

Nell’industria la debolezza della domanda interna è stata solo in parte compensata dalla maggiore vivacità di quella estera, che ha interessato soprattutto le imprese di maggiori dimensioni e quelle dei settori a più elevata tecnologia. Il livello della produzione è lievemente calato e l’attività di accumulazione è rimasta contenuta.

È proseguita la fase ciclica negativa del settore delle costruzioni, nonostante il tenue recupero delle compravendite nel mercato immobiliare.

L’attività del comparto dei servizi è moderatamente cresciuta, grazie alla contenuta ripresa dei consumi, all’andamento del commercio e all’espansione del settore turistico.

Nella media del 2014 secondo la Rilevazione sulle forze di lavoro dell’Istat il numero di occupati è cresciuto, soprattutto nel settore dei servizi; larga parte dell’aumento ha interessato gli ultracinquantenni. L’espansione del numero di occupati ha riflesso anche le modifiche normative sui requisiti previdenziali. Le condizioni del mercato del lavoro rimangono critiche. Dopo il calo dello scorso anno, il tasso di occupazione è aumentato tornando al livello di tre anni prima, ben al di sotto di quello registrato prima della crisi. Le ore autorizzate di Cassa integrazione guadagni e il tasso di disoccupazione sono ulteriormente cresciuti. Oltre un giovane su quattro tra i 18 e i 29 anni in regione non studia, non lavora e non svolge alcuna attività formativa.

Durante la crisi è aumentata la propensione dei residenti a trasferirsi in altre regioni italiane o all’estero, in particolare per i giovani tra i 25 e i 34 anni e quelli più istruiti. Ciò nonostante, soprattutto grazie al contributo degli stranieri, il saldo migratorio è stato positivo. Nello stesso periodo il peggioramento delle condizioni economiche delle famiglie residenti in regione ha penalizzato in misura maggiore quelle meno abbienti; la disuguaglianza dei redditi è aumentata più che nella media nazionale.

La debolezza dell’attività economica ha continuato a influenzare l’andamento dei finanziamenti bancari alla clientela regionale che erano ancora in calo nei mesi autunnali. Dalla fine del 2014 i finanziamenti alle imprese hanno tuttavia ripreso a crescere, sospinti anche da operazioni straordinarie di alcune aziende di medio grandi dimensioni.

Nelle valutazioni delle banche la domanda di credito, pur rimanendo debole, ha interrotto la sua riduzione per la prima volta dall’inizio della crisi economica e finanziaria. Le richieste di finanziamenti delle imprese sono risultate connesse principalmente con il sostegno del circolante; quelle destinate al finanziamento degli investimenti, dopo una lunga serie di contrazioni, si sono stabilizzate. L’irrigidimento delle condizioni di offerta praticate alle imprese dagli intermediari si è arrestato. I risultati delle nostre indagini presso le imprese confermano tali indicazioni.

Nel corso della crisi è cresciuta l’incidenza delle garanzie pubbliche sui prestiti alle imprese che rimane tuttavia più contenuta rispetto alla media nazionale; si è ampliato il ricorso al Fondo centrale di garanzia per le piccole imprese.

 Il credito alle famiglie ha ristagnato ma, in connessione con la moderata ripresa delle transazioni immobiliari, le concessioni di nuovi mutui sono tornate ad aumentare; l’ulteriore calo dei tassi sui mutui alle famiglie ha favorito anche le rinegoziazioni.

Dopo il forte peggioramento del 2013, la qualità del credito alle imprese ha mostrato un miglioramento. Il flusso di nuove sofferenze sui prestiti si è ridotto in misura consistente sebbene rimanga ancora superiore a quello del 2008. È rimasta stabile la rischiosità dei prestiti alle famiglie, su livelli contenuti e prossimi a quelli precedenti la crisi.

Nell’ultimo biennio per le imprese, soprattutto di maggiori dimensioni, è tornata ad aumentare la quota di debito bancario che viene riallocata tra i diversi intermediari. È proseguita la razionalizzazione della rete degli sportelli, che ha interessato prevalentemente le banche maggiori e indotto l’aumento dei volumi intermediati per dipendenza.

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