N. 12 - L'economia del LazioRapporto annuale

Nel 2013 è proseguita la caduta dell'attività economica del Lazio, legata alla riduzione dei consumi delle famiglie e all'ulteriore calo degli investimenti delle imprese; anche il contributo delle esportazioni è risultato lievemente negativo. Secondo le stime regionali di Prometeia, il PIL del Lazio si è ridotto di oltre un punto e mezzo per cento, sostanzialmente in linea con la media nazionale.

Le tendenze recessive si sono però progressivamente affievolite nell'ultima parte del 2013. Le indagini condotte in marzo-aprile del 2014 dalla Banca d'Italia evidenziano una stabilizzazione della produzione e della domanda interna; migliorano lievemente i programmi di investimento delle imprese per l'anno in corso.

Nel 2013 nell'industria del Lazio si sono ancora lievemente ridotti la produzione, il fatturato e gli investimenti. Si è anche ridotto l'effetto di traino della domanda estera, che rimane limitato ad alcune grandi imprese, settorialmente molto concentrate.

Nel 2013 si è arrestata la crescita delle esportazioni di beni, dopo i notevoli aumenti registrati nel triennio precedente. La sostanziale tenuta è quasi interamente dovuta all'ulteriore incremento del settore farmaceutico e a quello più lieve della chimica, mentre si sono ridotte le vendite all'estero negli altri principali comparti.

Nelle costruzioni l'attività economica ha continuato a ridursi, con tendenze particolarmente negative nel comparto non residenziale. Nel 2013 sono ulteriormente diminuite sia le compravendite di abitazioni, sia le quotazioni di mercato. È lievemente migliorata l'accessibilità per le famiglie all'abitazione. La redditività delle imprese edili si è ulteriormente ridotta.

Il settore dei servizi privati ha risentito della riduzione dei consumi delle famiglie. Nel 2013 in regione ne hanno sofferto maggiormente il commercio di beni di consumo durevoli e i punti vendita di più piccole dimensioni. È invece proseguita la crescita del numero dei turisti, in particolare di quelli stranieri, che hanno anche accresciuto sensibilmente le proprie spese.

Nel 2013 l'occupazione in regione è scesa quasi del 2 per cento; il calo particolarmente rilevante nelle costruzioni, è stato ampio anche nei servizi. Il ricorso alla Cassa integrazione è rimasto su livelli molto elevati, pur risentendo dei carenti finanziamenti per la componente in deroga. Il tasso di disoccupazione è cresciuto, superando il 12 per cento, per l'aumento sia di chi ha perso il lavoro, sia dei giovani in cerca di primo impiego.

Nel triennio 2011-13 la quota di giovani laziali tra 18 e 29 anni che non lavora, non studia né è coinvolta in attività formative (i cosiddetti Neet) ha toccato il 28 per cento. La qualità dell'occupazione è peggiorata maggiormente per i giovani meno istruiti. Anche tra i laureati è però salita la quota di coloro che svolgono attività legate a competenze meno qualificate di quelle acquisite col titolo di studio.

Nel corso del 2013 l'andamento del credito alla clientela regionale ha continuato a risentire della riduzione dell'attività economica. La flessione dei prestiti alle imprese, in atto dalla seconda metà del 2012, è divenuta più intensa mentre il credito alle famiglie, stazionario per gran parte dell'anno, ha iniziato a ridursi. Da prime indicazioni queste tendenze sarebbero proseguite nel primo trimestre di quest'anno.

Come per il 2012 la riduzione dei prestiti alle imprese, oltre a riguardare aziende finanziariamente fragili, ha interessato anche società più solide, in particolare di grandi dimensioni. Queste ultime hanno diversificato le fonti di finanziamento, ricorrendo a emissioni obbligazionarie, collocate prevalentemente sui mercati esteri.

Nelle valutazioni delle banche l'andamento dei prestiti alle imprese nel 2013 ha continuato a risentire della debolezza della domanda di finanziamenti per la riduzione della spesa per investimenti e anche per la stabilità delle richieste di fondi per capitale circolante. Nel corso dell'anno, le politiche di offerta delle banche sono rimaste improntate a cautela a causa della rischiosità percepita delle imprese; il permanere di tensioni nell'accesso al credito si è tradotto principalmente in un aumento del costo dei finanziamenti praticato sulle posizioni più rischiose.

Anche le indagini condotte presso le imprese segnalano la sostanziale stazionarietà della domanda di prestiti; rimane elevata, anche se in calo, la quota di aziende che rilevano difficoltà di accesso al credito.

La riduzione dei finanziamenti alle famiglie ha riflesso il proseguimento del calo delle compravendite sul mercato immobiliare e il peggioramento delle condizioni reddituali e occupazionali delle famiglie.

Le nuove erogazioni di mutui sono ulteriormente diminuite, dopo la forte contrazione del 2012, e il ricorso al credito al consumo, ancora in moderata crescita nella prima parte dell'anno, si è ridotto, soprattutto per il calo dei finanziamenti finalizzati all'acquisto di beni durevoli.

Con il protrarsi della contrazione dell'attività economica è ulteriormente peggiorata la qualità del credito alle imprese. Il flusso di nuove sofferenze sui prestiti ha raggiunto i livelli più alti dal 2008, aumentando in misura consistente per il comparto delle costruzioni e per i servizi. Prime indicazioni relative al trimestre iniziale di quest'anno segnalano il permanere delle difficoltà di rimborso dei prestiti per le imprese. È rimasta invece su livelli stabili e nel complesso contenuti la rischiosità del credito alle famiglie.

Nel corso del 2013 la crescita dei depositi bancari delle famiglie, nonostante la modesta ripresa dei conti correnti, ha perso intensità per il consistente rallentamento dei depositi a risparmio. La composizione della ricchezza finanziaria delle famiglie laziali rimane caratterizzata da una quota significativa di attività finanziarie a rischio contenuto.

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