N. 17 - L'economia della CampaniaRapporto annuale

A partire dalla metà del 2011 l'economia mondiale ha rallentato. Il PIL dell'area dell'euro si è contratto nel quarto trimestre; nella media dell'anno è cresciuto dell'1,5 per cento. In Italia è aumentato a ritmi inferiori (0,4 per cento); le stime disponibili sulla Campania indicano che il prodotto sarebbe rimasto invariato.

Negli ultimi nove anni il PIL regionale si è ridotto per cinque volte e per quattro volte è aumentato a ritmi prossimi o inferiori all'uno per cento. L'alternarsi di fasi di crescita stentata e di recessione anche profonda ha severamente indebolito le condizioni economiche delle famiglie, le prospettive occupazionali dei giovani, la fiducia delle imprese.

In un contesto di forti difficoltà competitive, una parte minoritaria, ma non esigua del sistema produttivo ha comunque mostrato capacità di reazione, recuperando e in qualche caso superando i livelli di attività precedenti l'avvio della crisi economico-finanziaria. La ricerca di nuovi prodotti o di nuovi mercati si è rivelata una strategia di efficace contrasto al calo delle vendite: nel settore industriale, ad esempio, le aziende che durante i primi anni della crisi avevano investito in strategie di innovazione o di internazionalizzazione hanno evidenziato, sia nel 2010 sia nel 2011, una crescita del fatturato significativamente maggiore della media.

Negli anni recenti il forte calo delle esportazioni rilevato in alcuni comparti, principalmente quello automobilistico, è stato compensato dall'espansione dell'export di altri settori (agroalimentare, farmaceutico e aerospaziale), segnale anche questo dell'esistenza di potenzialità industriali ancora in grado di esprimersi.

Le imprese con scarsa apertura all'estero restano tuttavia prevalenti nel tessuto manifatturiero regionale. Il contributo della domanda estera alla formazione del prodotto, una variabile decisiva per le prospettive dell'economia campana, è molto basso, anche in confronto alla media delle altre regioni europee in ritardo di sviluppo.

I risultati dell'indagine della Banca d'Italia su un campione di imprese industriali con almeno 20 addetti, indicano per il 2011 un incremento delle vendite di lieve entità e un ulteriore calo degli investimenti. Le previsioni per il 2012 sono negative.

La perdurante debolezza della domanda interna ha determinato, lo scorso anno, ulteriori cali di attività nei comparti dell'edilizia e del commercio.

I consumi delle famiglie sono rimasti stazionari; il loro livello è sensibilmente inferiore a quello del 2007. Il fenomeno si associa alla debolezza del reddito disponibile e riflette il grave impatto della crisi sul mercato del lavoro. Dal 2007 è aumentata l'incidenza della povertà tra le famiglie campane.

Il calo dell'occupazione prosegue quasi ininterrottamente da otto anni. Nel 2011 ha continuato a concentrarsi nelle componenti giovanili della popolazione; in esse è aumentata l'incidenza delle persone che non svolgono attività lavorative, di studio o di formazione. Il sottoutilizzo del capitale umano è meno diffuso tra i laureati in discipline scientifiche. Un miglioramento nella qualità dell'istruzione ricevuta, che resta inferiore alla media italiana, potrebbe accrescere la probabilità di impiego dei giovani.

Lo stock di ricchezza netta accumulato dalle famiglie campane ha rallentato negli anni recenti, ma in rapporto al reddito disponibile rimane su un livello analogo a quello del resto del Paese, a sua volta elevato nel confronto internazionale. Alla fine del 2011 alcune componenti del risparmio finanziario delle famiglie, tra le quali i depositi bancari, sono lievemente diminuite.

Le difficoltà di raccolta da parte delle banche e in particolare le peggiori condizioni di accesso al mercato all'ingrosso nel quarto trimestre del 2011, hanno generato, come nelle altre regioni, un inasprimento dei criteri di erogazione del credito.

I prestiti bancari alle imprese non finanziarie, che erano cresciuti a un ritmo annuo di circa il 4 per cento fino all'autunno, hanno successivamente subito una brusca decelerazione: la variazione sui dodici mesi, divenuta negativa nel febbraio del 2012, si collocava a marzo al -1,7 per cento.

È aumentato il fabbisogno finanziario a breve termine delle imprese, anche in seguito alle difficoltà di incasso dei crediti commerciali, soprattutto nei confronti della Pubblica amministrazione. Ciononostante, la domanda di credito complessiva è rimasta debole, risentendo del contenuto livello degli investimenti.

Il calo dei prestiti ha riflesso anche la maggiore selettività delle banche. Esso ha interessato in misura più accentuata le piccole imprese e quelle caratterizzate da una più fragile condizione economico-finanziaria. La concentrazione dell'offerta di credito verso le categorie di clientela meno rischiose ha contribuito a frenare la crescita delle insolvenze, il cui livello rimane però superiore a quello delle altre regioni.

I prestiti alle famiglie hanno rallentato, risentendo sia dell'atteggiamento di prudenza degli intermediari sia della debole dinamica dei mutui per l'acquisto di abitazioni. Secondo le risposte fornite dagli intermediari partecipanti all'indagine della Banca d'Italia sul credito bancario, l'irrigidimento nelle condizioni dell'offerta di prestiti dovrebbe allentarsi nel corso del 2012. Per le piccole imprese, le condizioni di accesso al credito potrebbero beneficiare di una riconfigurazione del sistema regionale dei confidi verso assetti strutturali simili a quelli del resto del Paese.

Le Amministrazioni locali della Campania sono impegnate in politiche di contenimento della dinamica della spesa e di riduzione del debito accumulato negli anni passati. Il ricorso alla leva fiscale resta elevato rispetto alla media del Paese.

L'accelerazione nell'utilizzo dei fondi strutturali dell'Unione Europea, prevista per il corrente anno, potrà contrastare il calo degli investimenti pubblici. Più che la quantità di risorse utilizzate, la qualità della spesa e la sua concentrazione in progetti di effettiva rilevanza strategica, potrà favorire, in prospettiva, la competitività dell'economia regionale.

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