N. 11 - L'economia della ToscanaRapporto annuale

Nel primo semestre del 2011 è proseguita la fase di debole crescita dell'economia toscana avviatasi nell'anno precedente. In connessione con le turbolenze che hanno interessato i mercati finanziari, dall'autunno il quadro congiunturale si è deteriorato; i livelli di attività sono rimasti contenuti anche nei primi mesi dell'anno in corso. Secondo le stime di Prometeia, il prodotto regionale è salito nel 2011 dello 0,6 per cento in termini reali, un valore leggermente superiore a quello dell'intero paese.

L'attività manifatturiera è cresciuta a tassi contenuti nei primi due trimestri, ha rallentato nel terzo ed è scesa nel quarto. Un andamento migliore ha interessato le imprese di maggiori dimensioni, quelle del comparto della moda e, in generale, quelle in grado di intercettare la domanda proveniente dai mercati esteri. Nell'anno sono cresciute le esportazioni, in particolare nei paesi extra UE, anche grazie al recupero del tradizionale mercato statunitense. Le imprese che negli anni precedenti avevano attuato strategie di internazionalizzazione sono state caratterizzate nel 2011 da un andamento più favorevole del fatturato. La spesa per investimenti è leggermente salita, pur rimanendo su livelli storicamente contenuti; un nuovo calo è atteso per l'anno in corso.

È proseguita la contrazione dell'attività nel settore edile, con significativi riflessi occupazionali. La domanda di immobili a uso abitativo si è ulteriormente indebolita, condizionata dal peggioramento del quadro economico. Nel comparto pubblico difficoltà per le imprese provengono dai lunghi tempi di pagamento delle opere; il valore dei nuovi bandi è in crescita, concentrato in alcuni interventi di significativo ammontare.

Nei servizi il peggioramento intervenuto nello scorcio dell'anno si è riflesso nei trasporti e nelle vendite al dettaglio, che hanno mostrato una flessione di intensità paragonabile a quella della prima fase della crisi finanziaria. Dal turismo sono emerse indicazioni più favorevoli, con uno sviluppo dei flussi e della spesa dei visitatori stranieri.

In linea con l'evoluzione congiunturale, nel mercato del lavoro il numero degli occupati è cresciuto nel primo semestre e si è contratto nel secondo, con una sostanziale invarianza nella media dell'anno. Il tasso di occupazione è aumentato per gli ultra cinquantacinquenni mentre è diminuito per i giovani fra i 15 e i 34 anni. Analisi riferite all'ultimo triennio mostrano come al calo dell'occupazione giovanile non sia associato un aumento della scolarità; sono significativamente cresciuti coloro che non lavorano né svolgono attività di studio o di formazione. Tra i laureati occupati sono diffusi gli impieghi in posizioni non qualificate (overeducation) o per competenze differenti da quelle possedute (mismatch).

Alla fine del 2010 lo stock di ricchezza netta pro capite nelle famiglie toscane era pari a circa 170 mila euro, un livello elevato rispetto al dato nazionale. Tale stock, che contribuisce a mantenere stabile il livello dei consumi in periodi di andamento avverso del reddito, è costituito da attività reali e dal saldo tra attività e passività finanziarie. Le prime sono in prevalenza costituite da abitazioni, il cui valore è cresciuto in misura sostenuta tra il 2002 e il 2006 e più lentamente in seguito. La crisi si è riflessa in una riduzione del valore delle attività finanziarie.

I prestiti bancari concessi in Toscana hanno progressivamente decelerato per poi quasi arrestarsi nello scorcio dell'anno e flettere nei primi mesi del 2012. Analogamente a quanto accaduto nella prima fase della crisi, una dinamica meno favorevole ha interessato i principali gruppi bancari. I tassi di interesse sono aumentati in modo generalizzato, riflettendo l'incremento nel costo della raccolta e il peggioramento della qualità del credito.

La domanda di finanziamento delle imprese è rimasta contenuta e limitata al fabbisogno connesso con il capitale circolante e alla ristrutturazione del debito. Una restrizione nell'offerta è intervenuta nel primo e, in misura maggiore, nel secondo semestre; ha riguardato il rating minimo richiesto per l'accesso al credito, lo spread applicato e, come nella prima fase della crisi, le quantità erogate.

I prestiti alle famiglie hanno rallentato, principalmente per effetto del calo dei nuovi mutui per l'acquisto di abitazioni; anche in questo caso alla debolezza della domanda si è associato un peggioramento delle condizioni di offerta. Analisi di medio termine mostrano come la concessione di finanziamenti si sia parzialmente spostata verso fasce di clientela meno rischiose: è scesa la quota di mutui concessi a famiglie giovani o straniere.

La qualità del credito è ulteriormente peggiorata, in un quadro di incremento delle procedure fallimentari. Sul flusso di nuove sofferenze del 2011 hanno inciso, in particolare, i default di alcune imprese edili. Non hanno invece mostrato segni di deterioramento gli indicatori relativi alle famiglie; ciò appare riconducibile anche al sostegno fornito dagli intermediari, in primo luogo attraverso la sospensione temporanea dei pagamenti, e alla presenza di una quota ancora limitata, ancorché in aumento, di famiglie finanziariamente vulnerabili.

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