N. 16 - L'economia della CampaniaRapporto annuale

Nel 2010 la ripresa dell'attività economica internazionale ha continuato a manifestarsi con intensità diverse tra le aree geografiche. In Italia la dinamica del prodotto si è confermata inferiore a quella dell'area dell'euro.

Il PIL della Campania, dopo l'intenso calo rilevato dall'Istat nel 2009 (-5,2 per cento a prezzi costanti), è diminuito lo scorso anno dello 0,6 per cento, secondo le stime della Svimez, a fronte della crescita rilevata nella media nazionale (1,3 per cento).

Lo squilibrio tra domanda e offerta nel mercato del lavoro si è ulteriormente aggravato. Il numero di occupati è diminuito per il quarto anno consecutivo; il tasso di occupazione delle persone in età da lavoro è sceso per la prima volta al di sotto del 40 per cento, per la componente giovanile della popolazione esso è pari a poco più di un quarto.

Quando la mancanza di lavoro non è associata a periodi di studio o formazione è elevato il rischio di un rapido impoverimento del capitale umano: in Campania le persone tra 15 e 34 anni che si trovano in questa condizione erano oltre 615 mila alla fine del 2010. L'incidenza di tale fenomeno sulla popolazione giovanile sfiora il 40 per cento, il livello più elevato tra le regioni italiane.
Il deterioramento della situazione occupazionale si è esteso a interi nuclei familiari in maggiore misura rispetto al resto del paese: nel 2010, la quota di famiglie campane senza alcun componente occupato è stata superiore al 27 per cento, oltre 3 punti percentuali in più rispetto al 2008.

Il clima di fiducia delle imprese industriali è migliorato nel corso del 2010, ma meno che nella media del paese; è tornato a peggiorare nel primo trimestre del 2011. L'incremento del fatturato industriale, rilevato dall'indagine della Banca d'Italia su un campione di aziende campane con almeno 20 addetti, è stato di lieve entità ed ha interessato poco più della metà delle imprese intervistate. Gli investimenti sono sensibilmente diminuiti per il terzo anno consecutivo.

L'attuale debolezza dell'industria campana è riconducibile anche a una minore capacità di reazione delle imprese alle difficoltà di mercato: l'adozione di nuove strategie e, soprattutto, la propensione all'innovazione nei prodotti, nei processi o nell'organizzazione dei fattori produttivi sono meno diffusi che nelle altre regioni. Anche la produzione di brevetti è, in Campania, decisamente inferiore alla già bassa media nazionale. La regione dispone di un'ampia rete di strutture di ricerca pubbliche; una più intensa trasformazione della conoscenza scientifica in tecnologie utilizzabili dalle imprese potrebbe ridurne il ritardo di innovazione.

Lo scorso anno il valore a prezzi correnti dei prodotti manifatturieri esportati, dopo il calo del 16,1 per cento rilevato nel 2009, è aumentato del 12,8 per cento, meno della media italiana. Come già avvenuto in passato, la ripresa dell'export ha interessato un limitato sottoinsieme di imprese dinamiche. A differenza del resto del paese, a tale ripresa non ha contribuito il comparto degli autoveicoli, nel quale sono in atto processi di ristrutturazione dei principali stabilimenti regionali; sono, invece, fortemente aumentate le esportazioni del polo aeronautico.

Nel settore delle costruzioni l'attività è calata, sia nella componente collegata alla realizzazione di opere pubbliche sia nel comparto dell'edilizia privata. Nel mercato immobiliare residenziale il numero di compravendite è rimasto stazionario dopo quattro anni di riduzioni; i prezzi sono diminuiti, confermando la tendenza emersa nella seconda metà del 2009.

Il commercio ha risentito della debole dinamica dei consumi e delle presenze turistiche. Sui consumi delle famiglie incide il contenimento del reddito disponibile determinato principalmente dall'aggravarsi della situazione occupazionale. Anche il tasso di inflazione, da oltre un quinquennio superiore alla media italiana, e il progressivo incremento di talune aliquote d'imposta connesse a tributi decentrati hanno contribuito alla riduzione della capacità di spesa.
Il settore turistico, che per la rilevante dotazione di risorse ambientali e culturali dovrebbe rappresentare un punto di forza dell'economia regionale, contribuisce in misura limitata allo sviluppo locale. In rapporto alla popolazione, il valore aggiunto prodotto in questo comparto tra il 2000 e il 2007 è stato in regione più basso del 40 per cento rispetto alla media italiana. La quota del mercato turistico internazionale detenuta dalla Campania era inferiore allo 0,2 per cento nel 2009, meno di un quarto delle quote della Lombardia o del Lazio.

L'impatto della crisi sui traffici commerciali si è attenuato nel corso del 2010. Le potenzialità del settore dei trasporti per l'economia regionale restano elevate: il comparto ha beneficiato nello scorso decennio di investimenti pubblici e privati che hanno migliorato la dotazione infrastrutturale della regione. Gli indicatori di interconnessione stradale coi mercati di sbocco nazionali, che misurano la velocità di trasporto delle merci verso i mercati di riferimento, si situano in alcune province su livelli prossimi alla media italiana. Il potenziamento delle strutture intermodali, in particolare nell'area nolana, sta accrescendo la competitività della regione nel settore della logistica.

Nel 2010 il credito bancario ai settori produttivi ha accelerato, sospinto anche dall'accresciuto fabbisogno finanziario delle imprese. La crescita dei prestiti si è concentrata verso le imprese meno rischiose. Nell'ultima parte dell'anno la domanda di credito si è però indebolita e l'intonazione delle politiche di offerta ha mostrato nuovi segnali di restrizione.
Il rischio di insolvenza è aumentato: la quota di impieghi entrati in sofferenza ha raggiunto il 5,2 per cento a fine 2010, dal 3,5 di un anno prima, situandosi su livelli all'incirca doppi rispetto alla media nazionale. Tra il 2007 e il 2010 il numero di imprese che ha manifestato difficoltà di rimborso dei prestiti è passato dal 19,0 al 24,4 per cento del totale censito dalla Centrale dei rischi.
Il grado di incertezza delle banche sulla solvibilità delle imprese debitrici è cresciuto nel periodo della crisi. Nell'ultimo biennio esso è stato contrastato anche aumentando la quota di prestiti assistiti da garanzie reali.
Il differenziale tra il costo del credito a breve termine alle imprese in Campania e quello nazionale, calcolato ipotizzando la medesima composizione settoriale e dimensionale della struttura produttiva, è rimasto nel 2010 su livelli simili a quelli del precedente biennio (1,2 punti percentuali). Il divario è determinato anche dai più elevati tempi di recupero dei prestiti in sofferenza.

Per le famiglie, l'accelerazione dei finanziamenti destinati all'acquisto di abitazioni è stata in parte compensata dalla riduzione, la prima dopo anni di espansione, del credito al consumo erogato dalle banche e dalle società finanziarie. Le difficoltà di rimborso e le sofferenze si sono mantenute sugli stessi livelli del 2009.
Il TAEG applicato ai prestiti alle famiglie per l'acquisto di abitazioni è tornato a crescere nel primo trimestre del 2011. A fine 2010, la quota di mutui immobiliari a tasso fisso era pari in Campania al 45 per cento del totale, circa 14 punti in più della media nazionale.

Nel triennio 2007-09, la spesa delle Amministrazioni pubbliche locali campane è aumentata, al netto degli interessi, del 5,1 per cento in media all'anno, oltre il doppio rispetto al complesso delle Regioni a statuto ordinario. Anche la componente primaria della spesa corrente è cresciuta più della media delle regioni di confronto; vi ha contribuito il maggior incremento della spesa per il personale degli enti territoriali.
Sulla base di dati provvisori, nel 2010, alcune delle principali componenti di spesa, tra cui quella sanitaria, avrebbero mostrato una tendenziale stazionarietà. Tra il 2010 e il 2011, provvedimenti di contenimento della spesa corrente sono stati addottati dall'ente Regione, dopo lo sforamento del Patto di stabilità interno, avvenuto nel 2009.
Alla fine del 2010 il debito delle Amministrazioni locali campane, pari a 12,8 miliardi, ha mostrato il primo calo (-2,7 per cento rispetto al 2009) dopo cinque anni di espansione. In rapporto al PIL, il livello complessivo dell'indebitamento resta comunque il più elevato in Italia.

Testo della pubblicazione