N. 51 - L'economia dell'Emilia-RomagnaRapporto annuale

Nel 2009 gli effetti della crisi mondiale si sono ampiamente dispiegati sull'economia dell'Emilia-Romagna. Secondo le stime di Prometeia, il PIL è diminuito del 5 per cento, in linea con la media nazionale. La regione, particolarmente aperta agli scambi con l'estero e specializzata nella produzione di beni strumentali, ha risentito pesantemente del crollo del commercio mondiale e degli investimenti che hanno caratterizzato la recessione. La caduta dei consumi delle famiglie è stata, invece, meno accentuata rispetto alla media nazionale.

La produzione industriale, secondo Unioncamere, è calata del 14 per cento. La flessione ha interessato tutti i principali settori e le classi dimensionali di impresa. Si è accentuato il calo degli investimenti industriali (-20 per cento), condizionati anche dall'elevata incertezza sull'evoluzione del ciclo economico e dal basso grado di utilizzo degli impianti. Le esportazioni sono diminuite di quasi il 25 per cento in termini nominali, un dato lievemente peggiore di quello medio dell'Italia. Dopo il punto di minimo del ciclo toccato nella primavera del 2009, gli indicatori disponibili segnalano un progressivo miglioramento, sebbene rimangano ancora nettamente negativi. I livelli di attività nel settore delle costruzioni sono ulteriormente diminuiti, sia nel comparto residenziale sia in quello delle opere pubbliche.

Nei servizi l'impatto della crisi è stato più contenuto. Le vendite al dettaglio, secondo Unioncamere, si sono ridotte di quasi il 3 per cento; la flessione è stata più accentuata per i beni durevoli e per la piccola e media distribuzione. Il turismo ha registrato una sostanziale tenuta grazie ai flussi provenienti dall'Italia che hanno compensato la brusca caduta di quelli dall'estero.
Sul mercato del lavoro, la contrazione nei livelli produttivi si è riflessa in un forte calo delle ore lavorate (-4,6 per cento), mentre l'occupazione si è ridotta meno ( 1,2), per effetto del massiccio ricorso alla Cassa integrazione guadagni e ad altre forme di riduzione dell'orario di lavoro. Il deterioramento si è progressivamente accentuato in corso d'anno. Alla fine del 2009 il tasso di disoccupazione è stato pari al 5,7 per cento (3,4 un anno prima); includendo i lavoratori in Cassa integrazione, l'incidenza della forza lavoro inutilizzata è stata pari al 7,4 per cento, circa 3 punti e mezzo in più rispetto all'anno precedente.

La caduta dell'occupazione si è concentrata sui lavoratori temporanei che, più frequentemente, sono giovani e convivono con i genitori. L'appartenenza di questi lavoratori al nucleo familiare originario ha permesso di ammortizzare gli effetti della caduta dei redditi conseguente alla perdita del posto di lavoro.

Dopo anni di crescita sostenuta, il credito bancario ha registrato, dalla seconda metà del 2008, un brusco rallentamento. Alla fine del 2009 i prestiti alla clientela residente in regione sono diminuiti sui dodici mesi dell'1,1 per cento. Quelli alle imprese si sono ridotti in misura più accentuata, soprattutto nell'industria manifatturiera. Dal lato della domanda, la diminuzione dei fabbisogni finanziari legati alla caduta degli investimenti è stata solo in parte compensata dalle maggiori richieste di credito connesse con la ristrutturazione del debito. Le politiche di offerta delle banche hanno mantenuto un accento restrittivo motivato, soprattutto, con l'aumentata rischiosità della clientela. La tendenza all'irrigidimento delle grandi banche si è progressivamente attenuata mentre è proseguita per le piccole. I finanziamenti alle famiglie, sebbene in rallentamento, hanno registrato un incremento, soprattutto nella componente dei mutui. La rischiosità dei prestiti alle imprese ha continuato a crescere collocandosi ai massimi del decennio; quella dei prestiti alle famiglie, sebbene in aumento, si è mantenuta su valori storicamente contenuti.
La crisi economica e la flessione dei tassi hanno determinato una ricomposizione dei depositi delle famiglie e delle imprese verso le componenti più liquide.

Le prospettive restano incerte. Nel comparto industriale e dei servizi le indagini congiunturali segnalano per i primi mesi del 2010 una maggiore vivacità rispetto alla fine dell'anno passato; sul comparto manifatturiero grava tuttavia l'incertezza sui tempi di ripresa delle esportazioni. Dal lato della domanda interna, l'andamento dei consumi potrebbe essere negativamente influenzato da un'ulteriore caduta dell'occupazione, prevista dalle imprese per l'anno in corso. Nelle attese delle banche, la tendenza all'irrigidimento dell'offerta dovrebbe arrestarsi nel primo semestre del 2010. Tuttavia, il progressivo deterioramento della qualità del credito e il peggioramento dei rating conseguente a quello dei dati di bilancio del 2009 potrebbero riflettersi negativamente sulle condizioni di offerta.

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