N. 49 - L'economia del Friuli-Venezia GiuliaRapporto annuale

Sommario

Gli effetti della crisi internazionale sull'economia del Friuli Venezia Giulia sono stati significativi. Nel 2009 la domanda rivolta alle imprese industriali si è contratta in termini reali del 20 per cento rispetto al picco ciclico registrato alla fine del 2007, annullando la crescita del decennio precedente. Sono emersi deboli segnali di ripresa nella seconda metà dell'anno, rafforzatisi nel primo trimestre del 2010. Le esportazioni si sono ridotte in misura marcata in tutti i principali comparti industriali della regione con l'eccezione della cantieristica, nella quale sono stati ultimati mezzi navali commissionati prima della crisi. La produzione industriale ha seguito un andamento corrispondente a quello delle vendite, arrestando la caduta nel quarto trimestre del 2009.

Secondo le indagini della Banca d'Italia, le conseguenze della crisi sulle vendite della manifattura regionale sono state comunque meno sfavorevoli rispetto alla media nazionale. I piani di investimento per il 2009, che scontavano una riduzione del 20 per cento sul consuntivo dell'anno precedente, sono stati sostanzialmente rispettati; le previsioni per il 2010 indicano un ulteriore calo dell'accumulazione di capitale fisso.

Nei trasporti i traffici movimentati attraverso il porto di Trieste sono diminuiti, soprattutto nei container, dove lo scalo giuliano mostra ampi margini di capacità inutilizzata e un divario crescente dai concorrenti dell'Alto Adriatico. Il settore turistico ha visto arrestarsi la crescita di arrivi e presenze.

Nel 2009 il calo dell'occupazione, pari a 2,5 punti percentuali, è stato più intenso rispetto al Nord Est e all'Italia. Il numero di occupati si è ridotto maggiormente tra gli autonomi e i settori delle costruzioni e dei servizi, mentre tra quelli dipendenti e dell'industria massiccio è stato l'utilizzo degli ammortizzatori sociali. Il tasso di disoccupazione si è portato, nella media del 2009, al 5,3 per cento. Tra il 2008 e il 2009 il ricorso alla Cassa integrazione guadagni ordinaria, legata alla congiuntura industriale, è decuplicato, interessando circa 5.500 occupati equivalenti; gli interventi di CIG straordinaria, indicatori di situazioni di crisi aziendale, sono più che raddoppiati coinvolgendo, sempre in termini di occupati equivalenti, quasi 4.000 persone. Agli usuali ammortizzatori si sono aggiunti quelli cosiddetti in deroga che, a fronte di una ricorrenza trascurabile negli anni precedenti, nel 2009 hanno interessato in regione oltre 600 imprese.

Nei dodici mesi terminanti a dicembre del 2009 il credito a residenti in Friuli Venezia Giulia ha ristagnato: al calo dei prestiti alle imprese, proseguito anche nel primo trimestre del 2010, si è contrapposta la crescita di quelli alle famiglie.

Nel corso dell'anno il fabbisogno finanziario delle imprese si è stabilizzato: vi hanno influito in senso espansivo le necessità di ristrutturazione per scadenza e forma tecnica delle posizioni debitorie e di finanziamento del capitale circolante e in senso restrittivo la minore spesa per investimenti fissi. Alla stagnazione della domanda di credito delle imprese si è accompagnato un irrigidimento dei criteri di concessione da parte delle banche, consistente in maggiori richieste in termini di spread e garanzie e più accentuato per le aziende edili.

Per l'evoluzione dei prestiti ai comparti produttivi sono state determinanti le caratteristiche di rischio dei debitori. Il costo dell'indebitamento bancario, espresso in termini di scarto dal tasso ufficiale, ha registrato alla fine del 2008 un netto rialzo per tutte le categorie di rischio, ritornando dopo alcuni mesi ai livelli precedenti la crisi per le aziende classificate come solide; lo spread applicato alle imprese più rischiose si è invece ridotto solo lievemente rispetto ai massimi di inizio 2009. Le garanzie prestate dai confidi operanti in regione hanno concorso a mitigare i vincoli per i richiedenti credito, permettendo in media una maggiore dinamica dei prestiti e un'onerosità più contenuta.

La qualità del credito concesso alle imprese, misurata dagli ingressi in sofferenza, è sensibilmente peggiorata per effetto della crescita delle nuove sofferenze nell'industria manifatturiera e nei servizi; anche gli ingressi relativi alle famiglie consumatrici si sono innalzati. La raccolta delle banche ha beneficiato del livello storicamente basso raggiunto dai tassi di mercato, che ha indotto una ricomposizione del portafoglio delle famiglie verso strumenti liquidi quali i conti correnti; la ricerca di un rendimento ritenuto soddisfacente ha inoltre favorito, tra i titoli di debito, quelli di emanazione bancaria ed esteri, che hanno superato il 50 per cento del totale dei titoli detenuti dalle famiglie.

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