N. 25 - L'economia del VenetoRapporto annuale

Tra i principali paesi dell'area dell'euro l'economia italiana è stata l'unica a registrare una riduzione del PIL già nella media del 2008. Dal quarto trimestre dello scorso anno, con l'aggravarsi della crisi finanziaria, l'economia internazionale ha sperimentato la più profonda recessione dal dopoguerra; l'attività economica ha continuato a contrarsi a ritmi elevatissimi nel primo trimestre del 2009.

In Italia, la brusca caduta degli ordinativi dell'inverno 2008 ha dapprima colpito l'industria, che ha repentinamente contratto la domanda di ore lavorate e bloccato i piani di investimento. Più gradualmente, hanno iniziato a ridursi anche i consumi delle famiglie, nonostante il ripiegamento dell'inflazione al consumo. L'occupazione ha iniziato a flettere, dopo un lungo ciclo espansivo; è balzato su livelli storicamente elevati il ricorso alla Cassa integrazione guadagni.

L'economia del Veneto, come il resto del Centro Nord, all'inizio della fase acuta della crisi si trovava in condizioni produttive strutturalmente più solide, ma pur sempre esposte all'incertezza e alla caduta della domanda estera. Ne ha risentito specialmente l'industria manifatturiera, in particolare i comparti produttori di beni intermedi e d'investimento. La situazione delle imprese che lavorano in subfornitura, in particolare per l'industria internazionale dei mezzi di trasporto, è apparsa particolarmente grave. Nei settori tradizionali del made in Italy il rallentamento dell'attività produttiva era già in atto dall'inizio del 2008 e il calo degli ordini ha colto meno di sorpresa.

Le imprese industriali, che da alcuni anni avevano intrapreso un processo di ristrutturazione finalizzato a innalzarne la competitività internazionale, hanno reagito principalmente attraverso il contenimento dei costi di produzione. Il drastico peggioramento della situazione economica internazionale registrato dopo il fallimento della banca d'affari Lehman Brothers non ha intaccato gli investimenti previsti per il 2008, pur in calo rispetto al 2007, ma ha determinato un sensibile ridimensionamento dei piani per il 2009.

Un capitolo monografico approfondisce alcuni problemi strutturali dell'industria regionale. Dopo aver mostrato come la specializzazione merceologica dell'esportazioni regionali, ancora sbilanciata verso i beni tradizionali a minor valore aggiunto, abbia influito sulla riduzione della quota di mercato internazionale, il capitolo illustra alcune prime evidenze statistiche degli effetti della ristrutturazione delle imprese che ha determinato una tenuta, in alcuni casi un aumento, dell'occupazione nelle imprese di maggiori dimensioni. Il cambiamento strategico diretto a potenziare i processi innovativi e ad affermarne il marchio sui mercati internazionali, anche attraverso la costituzione di stabili reti di distribuzione, ha infatti richiesto dimensioni d'impresa maggiori, tali da consentire l'ammortamento dei relativi investimenti. La crisi internazionale non sembra avere intaccato gli investimenti finalizzati al perseguimento di queste strategie.

La diminuzione dei livelli produttivi e l'obiettivo di mantenere inalterata, almeno temporaneamente, l'occupazione ha determinato una rapida accelerazione del ricorso agli ammortizzatori sociali. Nel 2008 l'impatto occupazionale è stato limitato, ma la netta crescita dei casi di crisi aziendale registrata nei primi mesi del 2009 e la possibilità che la ripresa economica possa tardare a manifestarsi potrebbero determinare un ulteriore peggioramento della situazione del mercato del lavoro con riflessi negativi sul livello della domanda delle famiglie.

L'impatto della crisi internazionale sul settore terziario è stato finora complessivamente più contenuto. Ha interessato solo i comparti maggiormente connessi al sistema industriale, come i trasporti, e quelli in cui il peso della domanda dall'estero è più rilevante, come il turismo. Il commercio ha risentito del deterioramento del clima di fiducia delle famiglie con un calo delle vendite di beni non alimentari nella parte finale del 2008.

L'incertezza sulle prospettive occupazionali e l'aumento del costo del debito registrato, in media, nel 2008 hanno influito negativamente sulla condizioni del mercato immobiliare residenziale. La crescita del settore delle costruzioni è stata ostacolata, oltre che della riduzione degli investimenti in abitazioni, del calo delle opere pubbliche, in particolare di quelle commissionate dagli Enti locali.

La situazione economica e finanziaria delle imprese è peggiorata, specialmente nel settore industriale; con la diminuzione del fatturato e della redditività è calato anche l'autofinanziamento e i tempi di incasso dei pagamenti tra imprese si sono allungati. La domanda di credito delle imprese si è progressivamente smorzata, nella parte finale dell'anno si è indirizzata quasi esclusivamente verso le fonti a breve termine necessarie ad attenuare le tensioni sulla liquidità.

La crisi finanziaria e la recessione, oltre a indebolire la domanda di credito, hanno reso più selettivi i finanziamenti degli intermediari. Le prospettive di una maggiore rischiosità della clientela, i maggiori costi della provvista e le tensioni sulla liquidità hanno indotto le banche ad ampliare il differenziale sui tassi d'interesse alle imprese, specialmente verso quelle più rischiose, e innalzare i rating minimi per accedere ai finanziamenti. I prestiti bancari hanno progressivamente rallentato la crescita, specialmente quelli erogati dalle banche di maggiori dimensioni. La rischiosità del credito è moderatamente aumentata.

Un capitolo del rapporto è stato dedicato all'evoluzione della struttura del mercato regionale del credito. Esso mostra come il processo di concentrazione tra intermediari e la diffusione delle reti di vendita abbia favorito un'attenuazione del fenomeno del multiaffidamento e una diminuzione della distanza geografica tra banche e imprese. Nell'ultimo decennio la quota del mercato regionale dei prestiti detenuta dalle banche locali è significativamente aumentata, anche in seguito alla acquisizione di nuova clientela.

Nella sezione dedicata alla finanza pubblica decentrata un capitolo di approfondimento mostra come i Comuni abbiano risentito dei vincoli finanziari imposti dalla politica di bilancio nazionale, anche attraverso il Patto di stabilità interno; ne è seguito un ulteriore calo degli investimenti, la cui spesa è in flessione dal 2004. Dal lato delle entrate, l'abolizione dell'ICI sull'abitazione principale e la nuova sospensione della facoltà di variare l'aliquota dell'addizionale all'Irpef appaiono in contrasto con l'obiettivo di diffondere una disciplina di bilancio basata sul principio di correlazione tra entrate e spese, secondo la logica propria del decentramento fiscale.

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