L'economia del PiemonteRapporto annuale

Dopo la crescita relativamente sostenuta del 2006 (1,6 per cento), nel 2007 il PIL del Piemonte ha rallentato (1,4 per cento, secondo le stime di Prometeia). Nell'industria la produzione ha continuato ad aumentare, anche se a ritmi inferiori a quelli dell'anno precedente (2,6 e 3,1 per cento, rispettivamente). L'espansione ha riguardato gran parte dei settori di specializzazione della regione e soprattutto quelli dei beni di investimento e dell'auto. Le esportazioni, pur continuando a fornire un impulso positivo, hanno perso vigore, soprattutto nell'area dell'euro e negli Stati Uniti. L'accumulazione di capitale sarebbe continuata a ritmi abbastanza sostenuti.

Nonostante l'emergere di segnali di rallentamento nel corso dell'anno, il clima di fiducia degli imprenditori industriali piemontesi si è mantenuto positivo sino al tardo autunno. A partire dallo scorso dicembre, tuttavia, le aspettative hanno subito un deterioramento, segnalando per la prima parte del 2008 una significativa decelerazione degli ordini e della produzione.

Nell'edilizia la congiuntura ha continuato a deteriorarsi, soprattutto per la debolezza della domanda pubblica. Sono tornate a diminuire, dopo tre anni consecutivi di espansione, le transazioni nel mercato immobiliare, risentendo anche dell'inasprimento delle condizioni del credito; ciò nonostante è proseguita la crescita delle quotazioni. Nei servizi l'occupazione ha continuato a svilupparsi a ritmi elevati, in particolare nel commercio. Nel complesso, però, la crescita degli occupati si è dimezzata rispetto al 2006, risentendo in particolare della brusca contrazione nel secondo semestre nell'industria in senso stretto.

Tra il 2000 e il 2006 l'economia piemontese è cresciuta meno della metà della media nazionale, soprattutto a causa della recessione che ha interessato nel primo quinquennio pressoché tutti i principali settori manifatturieri; in ciascuno di questi i risultati sono stati peggiori rispetto alle altre aree del Paese a maggiore vocazione industriale. Nei comparti dei mezzi di trasporto, del tessile, della meccanica e della carta al negativo andamento congiunturale si sono associati cambiamenti strutturali, con un significativo processo di ristrutturazione, che avrebbe consentito sul finire del periodo un recupero almeno parziale di produttività; vi si sono accompagnate una notevole selezione delle aziende e, con la sola eccezione del tessile, una riduzione della dimensione d'impresa. Nel comparto alimentare, pure interessato da un calo del valore aggiunto, è proseguita invece l'accumulazione di fattori della produzione, riflettendo la natura congiunturale della crisi. In questo contesto di difficoltà, le indagini della Banca d'Italia indicano che le imprese piemontesi, particolarmente esposte alla concorrenza internazionale e con una capacità competitiva dipendente soprattutto dalla qualità del prodotto e dal suo contenuto tecnologico, hanno attuato rilevanti cambiamenti nelle strategie aziendali, soprattutto intervenendo sulla gamma dei prodotti. In un certo numero di casi ciò ha comportato il passaggio a un settore produttivo confinante con quello precedente. Nostre elaborazioni mostrano che la quota di imprese con risultati migliori della media nel periodo 2000-06 è più alta tra quelle che sono passate a un comparto con contenuto tecnologico più elevato. Nel complesso, le aziende che in tale periodo hanno ottenuto risultati relativamente positivi sono circa un quarto del totale e sono concentrate, oltre che nel comparto della lavorazione dei minerali non metalliferi, in alcuni settori a media e alta tecnologia di tradizionale specializzazione della regione.

La capacità di un territorio di competere dipende anche dall'intensità dell'attività innovativa, dalla qualità dei servizi erogati a livello locale, dall'efficienza e dal grado di sviluppo del sistema finanziario. Il Rapporto di quest'anno si concentra in particolare sulla spesa in ricerca e sviluppo delle imprese, sull'efficienza e la qualità del trasporto pubblico urbano e sul mercato del private equity e del venture capital.

Secondo i dati Istat, la spesa in ricerca e sviluppo delle imprese piemontesi è la più elevata tra le regioni italiane. Un'analisi condotta sul campione di aziende manifatturiere della Banca d'Italia nel periodo 1999-2006 indica che la maggiore intensità di ricerca è dovuta principalmente alla dimensione media superiore e alla maggiore propensione alla spesa delle imprese che svolgono ricerca; per contro, rispetto al Nord Est l'attività innovativa risulta complessivamente meno diffusa. Peraltro, il Piemonte continua a mostrare un forte ritardo nel confronto con le regioni europee con strutture economiche e livello tecnologico simili.

Nel comparto del trasporto pubblico urbano il grado di attuazione della riforma avviata a livello nazionale nel 1997 risulta relativamente basso in Piemonte nel confronto con le altre regioni italiane e a questo si associano controlli sull'efficienza e sulla qualità del servizio relativamente meno intensi. Negli anni successivi all'entrata in vigore della nuova disciplina il numero di utilizzatori frequenti del servizio è rimasto invariato e il livello di soddisfazione degli utenti si è ridotto in quasi tutte le componenti qualitative rilevate; tra il 1996 e il 2005 il grado di copertura dei costi con i ricavi tariffari è lievemente diminuito, in controtendenza con la media del Paese.

Nel settore del venture capital e del private equity, in base ai dati dell'Aifi, il rapporto tra ammontare investito e PIL nella media del periodo 2003-07 è stato pari in Piemonte allo 0,5 per cento, il valore più elevato tra le regioni italiane. L'ammontare medio dei deal è stato significativamente superiore al valore nazionale in tutte le principali tipologie di operazioni e soprattutto in quelle di buy out, nelle quali l'importo medio è stato pari a circa 3 volte il dato nazionale.

Nel 2007 il credito bancario erogato alle imprese manifatturiere e delle costruzioni ha accelerato, a fronte di un rallentamento nel terziario. Anche la crescita dei prestiti alle famiglie si è ridotta sia nella componente dei mutui sia in quella del credito al consumo, risentendo dell'innalzamento dei tassi di interesse; tra i nuovi contratti di mutuo, è notevolmente aumentata la quota a tasso fisso, che ha raggiunto il 68,4 per cento del totale (32,4 nel 2006). La qualità del credito è rimasta sostanzialmente invariata. Riflettendo il rispettivo andamento ciclico, essa è migliorata nel comparto industriale ed è peggiorata in quello edile. Il flusso di nuove sofferenze è pure lievemente aumentato in rapporto ai prestiti alle famiglie consumatrici, segnalando l'insorgere di situazioni di difficoltà di rimborso causate dall'aumento dei tassi. I risparmiatori piemontesi nel 2007 hanno continuato a orientarsi verso strumenti finanziari con livelli di rischio e rendimento complessivamente contenuti.

La spesa primaria delle Amministrazioni locali piemontesi, nella media del triennio 2004-06, è risultata superiore alla media delle Regioni a statuto ordinario (RSO); è inoltre cresciuta a ritmi più elevati. L'incremento è stato più forte per la componente corrente e per la quota riconducibile alla Regione e alle ASL, per il ruolo svolto dalla spesa sanitaria. Le entrate tributarie sono aumentate nella media del triennio in misura lievemente inferiore alla media delle RSO. Alla fine del 2006 il debito delle Amministrazioni locali piemontesi era pari al 9,2 per cento del PIL, valore di quasi due punti percentuali più elevato della media delle RSO; pur decelerando, l'ammontare del debito è ulteriormente cresciuto nel 2007.

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