L'economia delle MarcheRapporto annuale

Nel 2007 l'economia marchigiana ha rallentato. Le stime della Svimez indicano che il PIL regionale in termini reali è salito dell'1,8 per cento, un ritmo più elevato nel confronto con l'Italia ma in decelerazione di circa mezzo punto rispetto all'anno precedente. In base alle opinioni delle imprese sugli sviluppi a breve termine, rilevate dai più recenti sondaggi, la fase di debolezza ciclica dovrebbe protrarsi nel 2008.

Il rallentamento dell'attività è stato diffuso tra i settori. Secondo un'indagine della Banca d'Italia, nel 2007 il fatturato dell'industria è cresciuto in larga parte per l'aumento dei prezzi di vendita, a loro volta sospinti dai costi dell'energia e delle materie prime. Tra i principali comparti industriali, hanno conseguito una crescita della produzione superiore alla media quelli dei mobili e della meccanica, soprattutto per i prodotti diversi dagli elettrodomestici, mentre la dinamica dell'industria calzaturiera è risultata inferiore. Alcuni indicatori suggeriscono ulteriori progressi da parte di settori di più recente sviluppo in regione, come la nautica e l'energia. Il processo di accumulazione del capitale fisso si è attenuato. Nell'edilizia, il valore della produzione è sceso, dopo un lungo periodo di espansione; i prezzi delle abitazioni sono risultati quasi ovunque stabili. Nel settore dei servizi, infine, si è osservata una crescita, sebbene modesta nel confronto con l'anno precedente.

L'aumento del numero di occupati (1,0 per cento) è in larga parte dovuto alle assunzioni di dipendenti a tempo parziale nei servizi. Il tasso di disoccupazione è leggermente sceso, al 4,2 per cento.

In base a elaborazioni su dati Eurostat, nel più lungo periodo 1996-2005 il prodotto pro capite nelle Marche, in termini nominali ed espresso a parità di potere di acquisto, è salito a un ritmo inferiore alla media europea, come per l'intera Italia. Il differenziale negativo delle Marche rispetto all'Europa è attribuibile alla debole dinamica della produttività del lavoro, che ha riguardato la generalità dei settori. All'interno dell'industria, seppure in un contesto di lenti miglioramenti di produttività, si è avviato un processo di trasformazione qualitativa: in base alle indagini condotte nell'ultimo biennio dalla Banca d'Italia, le imprese hanno intensificato il rinnovo dei prodotti e gli investimenti nel marchio, hanno dedicato maggiori risorse allo sviluppo della rete commerciale e delle attività di assistenza post-vendita, hanno rafforzato la presenza sui mercati internazionali. In parallelo con questa trasformazione, anche per le notevoli economie di scala che caratterizzano gli investimenti nelle attività immateriali, lo sviluppo delle imprese si è differenziato in funzione della loro dimensione, più ancora che per la loro appartenenza settoriale, favorendo quelle maggiori.

La competitività delle imprese è influenzata, in misura crescente, anche dalla qualità delle risorse messe a disposizione dalla collettività nel suo insieme. Nell'ultimo triennio si sono intensificati i rapporti tra le imprese e le università, nonostante queste ultime costituiscano ancora raramente una fonte informativa per l'attività di innovazione delle aziende. Si sono accresciuti anche gli investimenti pubblici per infrastrutture, avvicinatisi alla media nazionale, sebbene il ritardo rispetto all'Italia non sia stato ancora colmato.

Nel 2007 i prestiti bancari hanno decelerato (all'8,1 per cento, dal 9,5 del 2006). Il rallentamento è stato più accentuato per la componente destinata alle famiglie, in connessione con la moderazione degli scambi immobiliari. Il credito alle imprese è tornato a crescere a un ritmo più elevato di quello alle famiglie, seppure anch'esso in lieve decelerazione, influenzato dall'evoluzione congiunturale e dalla modesta dinamica degli investimenti. I tassi sui prestiti si sono gradualmente adeguati agli aumenti dei rendimenti del mercato monetario.

Il tasso di ingresso in sofferenza è salito dall'1,0 per cento del 2006 all'1,4 del 2007, riflettendo un peggioramento della rischiosità delle imprese, che permane comunque su livelli contenuti. La qualità del credito alle famiglie è invece rimasta stabile; di fronte a eventuali difficoltà di rimborso, le banche hanno sovente rinegoziato i mutui, intervenendo sul livello del tasso e sulla durata.

La raccolta bancaria presso le famiglie marchigiane ha accelerato (dal 6,3 per cento del 2006 al 6,8 del 2007), sostenuta dalla ripresa delle obbligazioni, che ha più che compensato la scarsa crescita dei conti correnti. Alla minore preferenza per la liquidità, riconducibile all'incremento dei rendimenti del mercato monetario, si è associato un minor favore per le componenti del risparmio gestito. Sono così aumentati i titoli di Stato e le obbligazioni non bancarie, intercettando i flussi in uscita dalle gestioni patrimoniali, dai fondi comuni e dalle polizze vita. Nel confronto con l'Italia, nel portafoglio delle famiglie marchigiane è maggiore l'incidenza dei depositi bancari e postali e delle obbligazioni, minore quella delle azioni e dei fondi comuni di investimento.

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