L'economia della CampaniaRapporto annuale

Nel 2007 il PIL della Campania a prezzi costanti è cresciuto a un ritmo debole, compreso tra lo 0,5 per cento, secondo le valutazioni della Svimez e l'1,1 per cento, secondo le stime di Prometeia. In entrambi i casi, proseguendo una tendenza in atto dal 2003, la crescita è stata inferiore sia rispetto al Centro-Nord sia rispetto alle altre regioni meridionali.

A metà decennio gli indicatori economici regionali mostravano un consuntivo deludente anche nel confronto con altre aree europee in ritardo di sviluppo. Nella graduatoria riferita al PIL pro capite nominale, valutato dall'Eurostat alle parità dei poteri d'acquisto, tra il 1995 e il 2005 la Campania è scesa dal 38° al 52° posto sul totale delle 60 aree che a metà degli anni novanta risultavano beneficiarie dei Fondi strutturali destinati alle regioni dell'obiettivo 1.

Lo scorso anno, l'indebolimento del ciclo economico in Campania ha riguardato la maggior parte dei settori produttivi. I consumi delle famiglie hanno continuato a crescere a ritmi assai contenuti; gli investimenti hanno rallentato. Le esportazioni hanno confermato il buon andamento del 2006, ma, valutate a prezzi costanti, restano ancora inferiori al livello raggiunto nel 2002.

Il valore aggiunto nel settore industriale ha rallentato allo 0,5 per cento a prezzi costanti, in base alle stime di Prometeia; nel corso dell'anno e nei primi mesi del 2008 gli indicatori congiunturali hanno mostrato un progressivo peggioramento. L'incremento del fatturato rilevato in un campione di aziende con sede in regione è stato del 2,1 per cento in termini reali, la metà di quanto realizzato nel 2006. Tra il 1995 e il 2005 la crescita del valore aggiunto per occupato nell'industria campana, a prezzi correnti e alle parità dei poteri d'acquisto, è stata meno di un quinto di quella delle altre regioni europee in ritardo di sviluppo. Gli investimenti realizzati dalle imprese industriali hanno sensibilmente rallentato nel 2007. Nella prima metà del decennio il volume di investimenti per addetto è stato inferiore rispetto alle altre regioni meridionali; le agevolazioni pubbliche agli investimenti sono state invece di entità simile al resto del Mezzogiorno.

Lo scorso anno l'attività del comparto edilizio è cresciuta, per la prima volta nel decennio, meno della media degli altri settori. Il valore aggiunto ha rallentato allo 0,2 per cento a prezzi costanti, secondo le stime di Prometeia. Le potenzialità del settore continuano ad essere frenate dai ritardi negli interventi di bonifica e di riqualificazione di importanti aree urbane e periferiche. Nel segmento delle opere pubbliche si conferma trainante l'attività di investimento relativa alle infrastrutture di trasporto. Nel mercato immobiliare i volumi di compravendita sono diminuiti.

Gli andamenti rilevati nel comparto dei servizi non hanno mostrato significative novità rispetto agli anni recenti. In un contesto di perdurante debolezza dei consumi, prosegue nel settore commerciale la riallocazione delle quote di mercato in favore della grande distribuzione, la cui diffusione è peraltro ancora lontana dalla media delle altre regioni meridionali. I flussi turistici, secondo le stime provvisorie delle Amministrazioni provinciali, avrebbero mostrato una ripresa; il dato non modifica la situazione di marginalità che la Campania manifesta nel confronto con le principali regioni turistiche del Mediterraneo. L'attività portuale ha confermato i buoni ritmi di incremento degli anni precedenti; in prospettiva la posizione competitiva dei porti campani resta però debole nel confronto con i concorrenti europei, principalmente a causa della limitata dotazione infrastrutturale degli scali e dell'ancora insufficiente sviluppo dei collegamenti intermodali di lunga percorrenza.

La scarsa crescita dell'economia campana ha accentuato gli squilibri nel mercato del lavoro. Il numero di occupati nel 2007 è calato dello 0,7 per cento; negli ultimi quattro anni è diminuito del 2,4 per cento contro una crescita del 2,7 nelle altre regioni meridionali e del 4,6 nelle aree centro-settentrionali. Il rapporto tra occupati e popolazione, calcolato con riferimento alle fasce di età comprese tra i 15 e i 64 anni, è sceso nel 2007 al 43,7 per cento: negli ultimi quattro anni il divario rispetto alla media nazionale si è ampliato da 12 a 15 punti percentuali circa. Il divario appare altrettanto grave anche nel confronto con le altre regioni europee in ritardo di sviluppo.

La qualità del capitale umano, valutata in base al livello di istruzione, situa la Campania su livelli significativamente inferiori rispetto alla media delle regioni economicamente arretrate d'Europa.

Nel 2007, per la prima volta nel decennio in corso, i crediti bancari verso clientela residente hanno rallentato; la crescita è stata del 7,7 per cento, contro il 15,6 per cento del 2006. La decelerazione, proseguita nei primi mesi del 2008, ha riguardato tutti i comparti di clientela ed è stata determinata sia da politiche di offerta meno espansive sia da una minore propensione all'indebitamento da parte di imprese e famiglie. Il costo del danaro sui prestiti a breve termine è cresciuto dal 7,5 all'8,3 per cento tra dicembre 2006 e dicembre 2007. Il differenziale nei tassi di interesse rispetto alla media nazionale si è mantenuto costante e pari a 1,1 punti, per i crediti a breve termine, e più contenuto (inferiore al mezzo punto percentuale) per quelli a media e a lunga scadenza. Negli anni recenti, il fabbisogno finanziario delle imprese campane, valutato in base ai dati di bilancio, è stato soddisfatto per circa il 60 per cento attraverso il ricorso al credito bancario. Rispetto agli inizi del decennio il debito delle famiglie è raddoppiato in valore assoluto. In rapporto al reddito disponibile esso resta tuttavia inferiore alla media nazionale, principalmente a causa della minore quota di famiglie indebitate. Il tasso di insolvenza, misurato dalla dinamica delle sofferenze bancarie, si è mantenuto basso nel confronto storico ma in aumento nel corso dell'anno. Segnali di incremento del rischio provengono anche dalla crescita delle posizioni non insolventi, ma che presentano difficoltà nei pagamenti.

Al netto degli interessi e delle partite di natura finanziaria, la spesa delle Amministrazioni pubbliche centrali e locali sul territorio regionale era pari nel 2006 a poco più di 8.600 euro pro capite, circa duemila euro in meno rispetto alla media italiana. Tra il 2003 e il 2006 la spesa pubblica corrente in Campania è cresciuta a un tasso medio annuo pari al 4,4 per cento, mentre le spese in conto capitale sono diminuite del 3,2 per cento l'anno. Lo scorso anno il debito delle Amministrazioni locali campane è stato pari a 11,5 miliardi di euro, in crescita di 2,4 miliardi rispetto alla fine del 2006. La sua incidenza è aumentata dal 9,7 a circa il 12 per cento in rapporto al PIL e dall'8,5 al 10,3 per cento sul debito delle Amministrazioni locali italiane.

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