L'economia delle regioni italiane nel 2004Rapporto annuale

Nonostante la forte espansione dell’economia mondiale, nel 2004 il prodotto interno lordo è aumentato, nell’intera economia del Paese, a un ritmo modesto (1,2 per cento; 0,3 nel 2003); si è riaperto il divario rispetto alla dinamica degli altri paesi dell’area dell’euro. La crescita è risultata superiore al Centro (2,6 per cento); nelle restanti aree si è collocata tra lo 0,6 per cento del Mezzogiorno e l’1,1 per cento del Nord Ovest (0,8 per cento nel Nord Est). L’occupazione, misurata in termini di unità standard di lavoro, è cresciuta in Italia dello 0,8 per cento (0,4 nel 2003); si è ridotta per il secondo anno consecutivo nel Mezzogiorno, scoraggiando le persone dall’intraprendere azioni di ricerca del lavoro.

I settori dei servizi e dell’agricoltura hanno contribuito alla crescita del valore aggiunto, rispettivamente, per 0,8 e 0,3 punti percentuali; l’industria vi ha contribuito per appena 0,2 punti, grazie soprattutto alle costruzioni. L’espansione del terziario si è concentrata nel comparto della sanità e degli altri servizi pubblici sociali e personali; è stata più accentuata al Centro rispetto alle restanti ripartizioni. Il valore aggiunto dell’agricoltura è fortemente aumentato, soprattutto al Centro (20 per cento); nel Nord Est e nel Mezzogiorno la crescita ha superato il 10 per cento; nel Nord Ovest è stata pari al 5 per cento.

Nell’industria in senso stretto il valore aggiunto è aumentato dello 0,3 per cento, grazie soprattutto alla crescita del comparto energetico; nel manifatturiero è rimasto sostanzialmente stazionario. Nelle costruzioni l’incremento è risultato pari al 2,7 per cento. Per il complesso dell’industria il valore aggiunto è aumentato del 2,3 per cento nel Nord Ovest, grazie alla sostenuta crescita nei settori delle costruzioni e dell’energia e al positivo andamento del comparto dei prodotti in metallo, a fronte di un calo produttivo in quello dei mezzi di trasporto. Il Nord Est (-0,5 per cento) ha risentito in misura maggiore delle difficoltà dei comparti manifatturieri tradizionali e di un andamento del settore delle costruzioni più debole della media nazionale. Al Centro (1,6 per cento) la crescita dei settori delle costruzioni e dell’energia è stata in parte bilanciata dalla flessione dell’attività nei comparti tradizionali dell’industria manifatturiera, in particolare in quello della moda. Nel Mezzogiorno (-1,5 per cento) la crescita del settore delle costruzioni non ha compensato la flessione dell’industria in senso stretto; le regioni meridionali, caratterizzate da una minore incidenza delle esportazioni sul prodotto rispetto al resto del Paese, hanno tratto minore beneficio dalla ripresa della domanda estera.

I consumi finali sono aumentati in termini reali dello 0,5 per cento nel Mezzogiorno e dell’1,3 al Centro Nord. Secondo le stime della Svimez, gli investimenti fissi lordi sono tornati a crescere in entrambe le ripartizioni a un ritmo prossimo al 2 per cento. Il prodotto per abitante nel Mezzogiorno è risultato pari al 60 per cento circa di quello del Centro Nord, contro il 56 per cento del 1995. La riduzione del divario ha risentito dei flussi migratori dalle regioni meridionali verso quelle del Centro Nord.

Tra il 1995 e il 2000 i residenti nelle regioni meridionali che si sono trasferiti al Centro Nord sono aumentati da circa 100 mila a circa 150 mila all’anno; si sono ridotti a circa 130 mila unità nel biennio successivo.

Pur in un contesto di forte espansione del commercio mondiale, il ritmo di crescita delle esportazioni italiane è stato modesto, di poco superiore alla metà di quello dell’area dell’euro. L’aumento delle vendite all’estero, espresse a prezzi correnti, è risultato superiore nel Mezzogiorno e nel Nord Est rispetto al Centro e al Nord Ovest. In tutte le ripartizioni un contributo rilevante alla crescita è venuto dalle esportazioni di metalli e di prodotti in metallo, grazie alla sostenuta domanda mondiale di acciaio e al conseguente rialzo dei prezzi; il contributo è stato maggiore nel Mezzogiorno e nel Nord Ovest, inferiore al Centro. Nel Mezzogiorno vi hanno concorso anche i prodotti petroliferi raffinati, che hanno risentito del rialzo dei prezzi del petrolio, e i mezzi di trasporto, grazie soprattutto all’attività delle imprese multinazionali operanti nell’area e della cantieristica. Nel Nord Est le esportazioni sono state sospinte, oltre che dalla cantieristica, anche dalle vendite di macchine e di apparecchi meccanici; quelle del Nord Ovest sono cresciute meno della media nazionale in quasi tutti i settori e hanno risentito soprattutto del ristagno delle vendite all’estero di mezzi di trasporto. Le esportazioni di prodotti dell’industria tessile e dell’abbigliamento, del cuoio e dei prodotti in cuoio hanno registrato flessioni in gran parte delle regioni italiane. Ne ha risentito soprattutto il Centro, che ha beneficiato invece della crescita delle vendite all’estero di macchine e apparecchi meccanici e di prodotti chimici.

Tra il 1996 e il 2004 le quote di mercato sul commercio mondiale, valutate a prezzi correnti, sono calate in misura più accentuata nel Nord Ovest rispetto al Nord Est e al Centro; sono rimaste invariate nel Mezzogiorno. L’Italia risulta specializzata in produzioni tradizionali (in particolare, tessile, abbigliamento, cuoio e calzature) che risentono della crescente concorrenza dei paesi di più recente industrializzazione. Nei settori a tecnologia medio-alta (macchine e apparecchi meccanici, elettrici e ottici e mezzi di trasporto), il cui peso è pari a circa un quarto del valore aggiunto dell’industria manifatturiera italiana, la crescita della produttività è stata inferiore a quella dei principali paesi europei e degli Stati Uniti. Nel confronto con i principali paesi industriali, la struttura delle esportazioni italiane mostra inoltre una minore presenza nei settori a più alta tecnologia, che hanno registrato la più elevata crescita della domanda all’area dell’euro, che ha contribuito in misura minore alla crescita delle importazioni mondiali.

Tra il 1996 e il 2002, che è l’anno più recente per il quale sono disponibili informazioni disaggregate per settori e paesi, la perdita della quota di esportazioni di prodotti manifatturieri sui mercati dei principali paesi dell’OCSE è stata più accentuata per le regioni del Nord Ovest; perdite più contenute si sono registrate nel Nord Est e al Centro; le quote del Mezzogiorno sono lievemente aumentate.

I peggiori risultati del Nord Ovest, area relativamente specializzata nelle produzioni a tecnologia medio-alta, sono imputabili a una perdita di competitività significativamente superiore a quella media nazionale; tra il 1996 e il 2002 il valore aggiunto nei settori della fabbricazione di macchine e apparecchi meccanici, elettrici e ottici e mezzi di trasporto è rimasto sostanzialmente invariato (0,5 per cento, contro il 9,1 della media italiana) e la crescita della produttività è stata pressoché nulla (a fronte di valori lievemente positivi, negli stessi settori, per il resto del Paese).

Anche nel settore della moda i risultati del Nord Ovest sono stati peggiori della media nazionale in termini di variazioni sia del valore aggiunto sia della produttività.

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