N. 62 - Banche, governo societario e funzioni di vigilanza

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di Renzo Costi e Francesco Vellasettembre 2008

"Per l'Autorità di controllo ciò che rileva non è, e non può essere, la scelta delle banche di modulare il proprio sistema di governo utilizzando le diverse opzioni consentite dall'autonomia statutaria, ma il fatto che tali opzioni siano coerenti con una articolazione delle funzioni di governo e controllo che garantiscano gestioni sane e prudenti [...]". Con questa frase colta direttamente da uno dei contributi che compongono questo Quaderno si sintetizza con estrema efficacia il tema portante delle analisi che il lettore troverà nelle pagine che seguono.

Con l'adozione delle Disposizioni di vigilanza in materia di organizzazione e governo societario delle banche del 4 marzo 2008 l'Autorità di vigilanza ha utilizzato le proprie competenze muovendosi su un sentiero collocato su una linea di equilibrio fra diritto comune e disciplina speciale dell'impresa bancaria.
La riforma del diritto societario apre un ventaglio di possibilità agli operatori che si accingono a disegnare le strutture di governo della società bancaria, la loro libertà di scelta deve essere guidata da una precisa valutazione del modello che appare più idoneo e confacente a realizzare i disegni imprenditoriali, nell'ambito del principio della equivalenza di tutti i modelli.

In un contesto normativo da poco definito, in fase di assestamento interpretativo e con riferimenti giurisprudenziali ancora scarsi, la doverosa preoccupazione dell'Autorità di vigilanza si è focalizzata sulla necessità di assicurare l'effettiva indifferenza della struttura adottata ai fini di garantire la sana e prudente gestione dell'impresa bancaria.

Nell'emanare le disposizioni sono state disegnate regole che indubbiamente si discostano dai principi del diritto comune societario ed impongono limiti e diversità, talvolta importanti e significative, rispetto ai modelli codicistici. In altre parole ci possiamo trovare talvolta di fronte a deroghe allo statuto legale delle società per azioni. Ciò è ammissibile se l'intervento non entra nell'area delle norme inderogabili, che presidiano gli snodi essenziali dei modelli societari, un'area che, se pur ridotta a seguito della riforma, definisce un confine non superabile.

Ed è inoltre intervento legittimo se le previsioni del Testo Unico Bancario che assegnano alla Banca d'Italia i poteri di normazione secondaria vengono utilizzate per assicurare effettivamente la gestione sana e prudente dell'azienda bancaria.

Gli argomenti del Quaderno svolgono una prima esegesi dei passaggi più significativi delle recenti Disposizioni di vigilanza in materia di organizzazione e governo societario delle banche, mostrando come si sia realizzato l'equilibrio fra diritto comune e regole speciali nell'intervento sulle forme di governo societario ed in particolare sul modello dualistico.

La lettura dei contributi suggerisce inoltre due ulteriori spunti per la riflessione.

Seguendo la traccia già segnata dai principi di Basilea II, la Banca d'Italia, nell'adottare le Disposizioni ha indicato l'importanza della governance societaria per la gestione sana e prudente dell'impresa bancaria. Nel disciplinare certi aspetti della struttura di comando e gestione, con divergenze rispetto ai modelli legali (come si è visto), l'Autorità di vigilanza ha mostrato di credere nella relazione fra corretta ed efficace gestione e performance positiva dell'azienda.

Un passo significativo che potrà condurre ad interessanti sviluppi.

Inoltre, in un contesto normativo di recente adozione e non ancora sedimentato, la disciplina di dettaglio delle Disposizioni può forse suggerire linee interpretative valide anche al di fuori del mondo dell'impresa bancaria, nello statuto della società per azioni di diritto comune, oppure, come sottolinea uno degli autori, rappresentare un parametro con cui si potranno confrontare altre forme di regolamentazione o autoregolamentazione proprie di altri settori vigilati.

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